La Corte di merito ha richiamato le risultanze peritali relativamente alle ragioni dello sbandamento del motoveicolo (spostamento d’aria o turbativa), evidenziando la loro irrilevanza nell’eziologia del decesso, individuando correttamente nella ridotta distanza laterale il fattore causale decisivo dell’incidente mortale (Cassazione penale, sez. IV, Sentenza n. 30788 pubblicata il 06/08/2021)

La Corte di Appello di Bologna, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Reggio Emilia del 20 luglio 2010, ha dichiarato non doversi procedere nei confronti dell’automobilista, in relazione al reato di cui all’art. 186 C.d.S., per intervenuta prescrizione e ha rideterminato in anni due e mesi dieci di reclusione la pena in ordine al reato di cui all’art. 589.2 c.p., 143 e 186 C.d.S., perché alla guida dell’autovettura Mercedes Classe A, per colpa consistita in imprudenza, negligenza, imperizia, violazione delle citate norme sulla circolazione stradale, e in particolare, per avere circolato in stato di elevata ebbrezza conseguente all’uso di sostanze alcoliche (tasso alcolemico riscontrato pari a 2,34 g/l) ed inoltre per non aver tenuto un’adeguata distanza laterale in fase di sorpasso di una bicicletta che veniva investita e cagionando il decesso immediato del ciclista. Il compendio probatorio descritto dal Tribunale riguardava le dichiarazioni testimoniali e i rilievi effettuati dalla pattuglia della Polizia Stradale. Gli Agenti riferivano di essere giunti il 4 agosto del 2007 sul luogo dell’incidente mortale, ove avevano riscontrato i veicoli in posizione di quiete: l’autovettura Mercedes Classe A si trovava parcheggiata sulla propria corsia di marcia ed in posizione parallela rispetto all’asse stradale, mentre il velocipede era nella scarpata di destra, con la ruota anteriore staccata, ad una altezza di circa sei metri dal piano viabile.

Il conducente dell’autovettura si trovava sul posto e presentava i sintomi di ebbrezza alcolica, descritti dai poliziotti quali “alito vinoso, occhi lucidi e pronunzia di frasi sconnesse”.

La ricostruzione della dinamica del sinistro effettuata dalle Forze dell’Ordine veniva recepita dal Giudice alla luce dell’esame della posizione dei veicoli e dei danni riportati dai veicoli stessi.

Ergo, i veicoli stavano procedendo nello stesso senso di marcia; mentre il ciclista percorreva il margine destro della carreggiata, da tergo sopraggiungeva l’autovettura che, probabilmente non avvedendosi della presenza del ciclista, lo urtava con la sua fiancata destra sulla parte sinistra della bicicletta.

Ed ancora, gli Agenti, hanno relazionato che: “Si notava la presenza di segni di urto della sella che era stata poi ruotata di circa 30 gradi verso destra e graffiata proprio in corrispondenza dell’altezza del punto dove si trovavano detti segni sul veicolo. Erano altresì visibili dei segni di vernice blu, sulla bicicletta e sulla carrozzeria del veicolo. Risultava il vetro sfondato, che probabilmente quando l’autovettura aveva caricato il ciclista aveva incrinato il parabrezza con la testa o con il corpo, e non c’erano tracce di frenate.L’urto era laterale fra il veicolo ed il velocipede. Il conducente dell’autovettura tentava il sorpasso del velocipede situato alla sua destra.”

Ebbene, secondo la Corte di Appello, la sentenza impugnata ha dato conto, in modo completo e dettagliato, della ricostruzione del fatto e delle risultanze processuali.

Per tali ragioni non coglie nel segno la ricostruzione dei fatti allegata dall’automobilista.

Anche se il ciclista avesse sbandato verso la vettura in fase di sorpasso, l’automobile comunque si trovava ad una distanza così prossima (almeno quella della traiettoria angolare della bicicletta) alla stessa, violando la prescrizione normativa, che presupponeva l’adeguatezza della distanza durante la fase di sorpasso ed il celere allontanamento dal mezzo antagonista.

L’automobilista ricorre per Cassazione per violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento all’art. 192 c.p.p.

Il ricorrente deduce che entrambi i Giudici di merito hanno dato atto della assenza di certezza nella ricostruzione della dinamica del sinistro, che era stata svolta in via del tutto deduttiva, non essendo stati presenti testimoni al tragico episodio.

Deduce, altresì, che non poteva escludersi che l’incidente fosse dovuto ad una oscillazione o ad uno sbandamento della bicicletta. Peraltro, in tale fase, trovandosi l’auto di fianco alla bicicletta, non poteva sostenersi che fosse stato violato l’art. 148 C.d.S., o altra disposizione del Codice della Strada.

Gli Ermellini considerano il ricorso manifestamente infondato.

Sostanzialmente, il ricorrente censura l’attribuzione di responsabilità nella causazione del sinistro.

Invero, la Corte territoriale, con motivazione lineare e coerente, ha sottolineato la sussistenza di evidenti profili di colpa in capo all’imputato conducente della Mercedes, che si pongono in intimo collegamento con la caduta e il decesso del ciclista.

In base agli elementi probatori riportati nella sentenza impugnata, la Mercedes operava il sorpasso della bicicletta, alla sua sinistra, colpendolo e causandone la caduta in una scarpata.

Ai sensi dell’art. 148 C.d.S., comma 3, il conducente che sorpassa un veicolo, o altro utente della strada che lo precede sulla stessa corsia, dopo avere fatto l’apposita segnalazione, deve portarsi alla sinistra dello stesso, superarlo rapidamente, tenendosi da questo ad una adeguata distanza laterale e riportandosi a destra appena possibile, senza creare pericolo o intralcio.

La Mercedes, invece, non si conformava a tali regole poichè avrebbe dovuto effettuare il sorpasso mantenendo un’adeguata distanza dalla bicicletta e, in caso di necessità, anche desistere da tale manovra ed attendere di effettuarla in un tratto stradale dove operare in piena sicurezza.

Al riguardo, la Suprema Corte ha affermato che “nel sorpassare velocipedi e motocicli, aventi un equilibrio particolarmente instabile, il conducente deve lasciare una distanza laterale di sicurezza che tenga conto delle oscillazioni e deviazioni che le accidentalità della strada o altre cause possano rendere più o meno ampie nel veicolo sorpassato. Tale obbligo di cautela risulta particolarmente intenso nei casi in cui il mezzo che precede nella marcia manifesti anomalie nella guida, da cui possa ragionevolmente prevedersi che la manovra di sorpasso comporti ragione di intralcio della circolazione e motivo di pericolo per gli altri utenti della strada, così che in tali evenienze il conducente è tenuto a rinunciare al sorpasso, attendendo che le condizioni di marcia e quelle ambientali consentano di procedere alla manovra senza mettere in pericolo la incolumità degli utenti della strada.”

Ed ancora, lo spazio libero sufficiente, previsto dall’art. 148 C.d.S., in tema di sorpasso, deve essere inteso non soltanto nel senso della distanza che separa il conducente da eventuali ostacoli che si trovino, o sopraggiungano, nell’opposta corsia di marcia, ma anche nel senso di un’adeguata distanza laterale alla sinistra del veicolo da sorpassare. Pertanto, qualora manchi, o sia insufficiente, un tale spazio per qualsiasi motivo, e quindi anche nel caso che il veicolo da sorpassare circoli fuori mano invadendo una parte della corsia sinistra della carreggiata, il conducente che si accinge al sorpasso deve desistere da tale manovra, finché non sia possibile effettuarla senza pericolo. Infatti, poiché, il sorpasso postula condizioni di assoluta sicurezza, il conducente non può esimersi dall’obbligo di rinunciarvi quando, per la mancanza di un congruo spazio libero, in una valutazione di comune prudenza, possa apparire che il sorpasso medesimo è malagevole e pericoloso”.

Pertanto, ogni qualvolta il conducente riscontri una situazione di potenziale pericolo quale conseguenza della operazione di sorpasso, deve desistere dal portarlo a compimento.

Il conducente di un veicolo, nell’accingersi ad un sorpasso – che costituisce manovra pericolosa e complessa – non solo deve attivare la propria attenzione, ma altresì constatare che vi sia spazio libero sufficiente perché detta manovra possa avvenire senza alcun pericolo, dovendo soprassedere laddove, in relazione alle circostanze contingenti, non abbia la certezza della sussistenza di spazio sufficiente ad escludere ogni possibilità di collisione.

Ebbene, tale dovere incombeva in capo al condecente della Mercedes, che poteva procedere agevolmente in considerazione della larghezza della strada e delle condizioni di ottima visibilità.

Ne deriva che la ricostruzione della dinamica del sinistro è stata effettuata dalla Corte territoriale in maniera completa e ineccepibile, alla luce delle risultanze probatorie.

Oltretutto, la paventata responsabilità concorrente del ciclista è stata prospettata dal ricorrente solo in cassazione, in violazione del principio di devoluzione.

Aggiungasi, in ogni caso, che la Corte di merito ha richiamato le risultanze peritali relativamente alle ragioni dello sbandamento del motoveicolo (spostamento d’aria o turbativa), evidenziando la loro irrilevanza nell’eziologia dell’evento morte, individuando correttamente nella ridotta distanza laterale il fattore causale decisivo.

Il ricorso viene dichiarato inammissibile e il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese di lite e all’ulteriore pagamento dell’importo di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.

Avv. Emanuela Foligno

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