Indennizzo Legge 210 /1922 e decadenza della domanda (Cass. civ., sez. lav., 6 novembre 2023, n. 30739).

Decadenza dalla domanda per l’indennizzo Legge 210 del 1992 per danni da complicanze irreversibili, causate da vaccinazioni obbligatorie e/o trasfusioni di sangue o di emoderivati.

La decisione qui a commento chiarisce che la domanda di indennizzo ex Legge 210  si propone, a pena di decadenza, entro tre anni dalla conoscenza del danno, da intendersi non soltanto quale consapevolezza della menomazione e della sua riferibilità causale all’azione sanitaria (vaccinazione o trasfusione), ma anche della sua rilevanza giuridica e, quindi, dell’azionabilità del diritto all’indennizzo.

Nel 2005 alla paziente veniva diagnosticata una cirrosi epatica che la stessa assumeva essere stata contratta a seguito di una trasfusione di sangue infetto, avvenuta nel 1969. Chiedeva copia della cartella sanitaria al presidio ospedaliero dove era stata eseguita la trasfusione; la otteneva, però, solo nel 2011 a seguito dell’intervento dei propri legali e, solo qui, si manifestava la consapevolezza della riferibilità del danno alla trasfusione e, quindi, della possibilità di indennizzo Legge 210, che prevede un assegno una tantum per coloro che hanno subito danni irreversibili a seguito di pratiche sanitarie, quali, vaccinazioni obbligatorie o trasfusioni di sangue o di emoderivati.

Secondo la Corte d’Appello di Genova, sulla domanda di indennizzo era ormai intervenuta decadenza con conseguente impossibilità di ricevere l’assegno una tantum.  L’art. 3, comma 1, l. 210/1992 prevede  che la domanda di indennizzo legge 210 vada proposta entro 3 anni dalla conoscenza del danno, senza tuttavia dare indicazione (precisa) sul dies a quo.  Quest’ultimoandrebbe individuato nel momento in cui si forma la conoscenza del nesso causale tra il danno alla salute e la trasfusione infetta, non essendo sufficiente la mera consapevolezza della patologia.

Nel caso di specie, la conoscenza del nesso causale tra la cirrosi epatica e la trasfusione infetta si sarebbe realizzata già nell’anno 2005 quando il ricorrente, insospettito della diagnosticata cirrosi, chiedeva all’ospedale la consegna della cartella clinica, per approntare ogni più opportuna verifica. Tale richiesta lasciava intendere come il ricorrente fosse soggettivamente consapevole della dipendenza causale dell’epatite dalle trasfusioni infette, già dal 2005, e non dal momento successivo dell’espletata consulenza tecnica (2010).

In altri termini, la Corte territoriale ha affermato che non è sufficiente la consapevolezza della patologia contratta al fine di individuare il momento iniziale del decorso della decadenza, essendo necessaria la conoscenza del nesso causale tra il danno alla salute e la trasfusione infetta; tale conoscenza, si realizzava nell’anno 2005, successivamente al ricovero nel cui ambito fu svolta una biopsia epatica e fu diagnosticata la cirrosi. Inoltre, la lettera datata 19.12.2011, inviata dal paziente ai medici dell’ospedale, al fine di sollecitare la trasmissione delle cartelle cliniche inerenti al ricovero del 1969, affermava che successivamente al ricovero il ricorrente aveva appreso di essere affetto da epatopatia verosimilmente ricollegabile al suddetto intervento ed aveva chiesto copia della cartella in data 31 maggio 2005. Tali elementi lasciavano intendere che il ricorrente fosse consapevole della dipendenza causale della epatite dalle trasfusioni infette già dal 2005.

L’interpretazione della Corte d’Appello non è corretta. il modello interpretativo in concreto utilizzato dalla sentenza impugnata non è conforme ai principi espressi da questa Corte di legittimità;

Difatti, secondo la Suprema Corte, alla luce della sentenza della Corte Costituzionale n. 35/2023, con cui è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 3, comma 1, l. 210/1992, nella parte in cui, dopo le parole “conoscenza del danno” non prevede quelle “e della sua indennizzabilità”, la conoscenza del danno, che segna il dies a quo del triennio per la presentazione della domanda di indennizzo, va interpretata come conoscenza dell’indennizzabilità del danno e non come conoscenza della patologia. Ciò, a maggior ragione, nell’ipotesi di malattia inizialmente silente, ove non si può trascurare di individuare, con precisione, il momento in cui la malattia sia divenuta a tutti gli effetti passibile di indennizzo ai sensi della l. n. 210/1992, con la conseguenza che, prima di tale momento, non può iniziare a decorrere alcuna decadenza.

Il ricorso viene accolto.

Avv. Emanuela Foligno

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