Infarto da stress del lavoratore (Cass. civ, sez. III, 22 maggio 2023, n. 13919)

Medico durante il servizio decede per infarto da stress: ASL condannata a risarcire i familiari.

I familiari della vittima convenivano in giudizio, con distinti atti, la Regione Sicilia e la Gestione Liquidatoria della soppressa USSL e l’Assessorato alla sanità regionale per sentirne pronunciare la condanna al risarcimento dei danni subìti in conseguenza della morte del congiunto, il quale, in qualità di primo medico di sezione presso la ex Uls con l’incarico di coordinare i servizi di ambulatorio ed il personale, dopo avere riportato due infarti, veniva giudicato dalla Commissione idoneo a riprendere il servizio con prescrizioni, ovvero escludendo attività lavorativa che potesse comportare contatto con pubblico, potendo tale condizione causare situazione di stress con possibile recidiva della patologia.

Tuttavia la USSL non rispettava tale prescrizione e il Medico permaneva nello svolgimento della mansione originaria, finché decedeva per ipertensione, infarto del miocardio, collasso cardiocircolatorio.

Il Giudice di Caltanissetta, previo espletamento di CTU medico-legale, riteneva che “mentre, le cause naturali non hanno avuto efficacia autonoma nella produzione del danno, la condotta omissiva della ex Uls si è posta come causa autonoma nella produzione dell’evento morte”, con conseguente condanna a risarcire i danni stimati in Euro 395.000.000 in favore del coniuge e rispettivamente in Euro 502.400.000 e in Euro 522.000.000 per ciascuno dei figli.

Successivamente la Corte d’Appello di Caltanissetta rigettava il gravame interposto dall’Assessorato, che propone ricorso per Cassazione.

Con il primo motivo di ricorso deduce  violazione e falsa applicazione degli artt. 40 e 41 c.p., 1223, 1226, 1227, 2043, 2059, 2055, 2697 e 2909 c.c. nonché dei principi di giustizia retributiva. e di proporzionalità di cui alla Cost., art. 3; violazione e falsa applicazione dei principi iura novit curia di cui all’art. 113 c.p.c.  In sintesi, la ricorrente lamenta che, pur in presenza di due concause nella produzione del danno, naturale ed umana, la Corte di merito erroneamente non ha ridotto il risarcimento in ragione della presenza di cause naturali, non imputabili a fatto della convenuta, in contrasto con quanto affermato dalla giurisprudenza.

Le doglianze sono infondate.

In applicazione del criterio del più probabile che non la Corte di merito ha ritenuto che la condotta della USL, che ignorando le indicazioni mediche ha mantenuto il Medico nelle stesse mansioni svolte prima del verificarsi degli infarti, ha assunto il rilievo di causa autonoma sufficiente alla produzione dell’evento mortale.

La Suprema Corte ribadisce che un evento è da considerare causato da un altro se il primo non si sarebbe verificato in assenza del secondo.

Ergo, devono essere risarcite tutte le conseguenze dannose derivanti dall’evento di danno in base non solo ad un rapporto di regolarità giuridica, ma anche di causalità specifica.

Così ragionando, i Giudici di merito hanno escluso ogni rilevanza causale del pregresso stato morboso del Medico, quale antecedente, privo di interdipendenza funzionale con l’accertata condotta colposa della USL nella verificazione del sinistro; ed egualmente correttamente, hanno escluso la ricorrenza del concorso tra causa umana imputabile e concausa umana non imputabile.

Il ricorso viene rigettato.

OSSERVAZIONI

La Suprema Corte torna nuovamente ad affrontare la problematica del concorso tra causa umana imputabile e non, nell’ottica del principio della preponderanza dell’evidenza.

Regolarità giuridica e causalità specifica: in buona sostanza un evento è da considerarsi causato da un altro, se il primo non si sarebbe verificato in assenza del secondo.

La Corte di appello ha fatto corretta applicazione dei principi giurisprudenziali sia nella parte in cui ha valutato che la causa umana, costituita dalla condotta dell’azienda sanitaria, ha assunto un’autonoma efficacia causale nella produzione del danno evento, sia nella parte in cui ha escluso di potere valutare, sotto il profilo della riduzione equitativa del danno, la presenza di una concausa ai sensi dell’art. 1227 c.c.

Avv. Emanuela Foligno

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