In caso di infiltrazioni in casa il proprietario non ha diritto automatico a un indennizzo. Per ottenere il risarcimento del lucro cessante, ossia del mancato guadagno derivante dal ridotto godimento dell’immobile, è necessario allegare concretamente il danno subito e fornire elementi specifici che consentano di valutarlo. La semplice indicazione della ridotta utilizzabilità non basta. Riconosciuto solo l’equo indennizzo in assenza di specifiche allegazioni (Corte di Cassazione, II civile, sentenza 30 settembre 2025, n. 26450).
La vicenda
La vicenda riguarda la viziata esecuzione di lavori edili. Vengono citati a giudizio tutti i condomini dello stabile, oltre alla impresa, per la condanna all’esecuzione dei lavori necessari alla eliminazione delle cause delle infiltrazioni in casa di acqua piovana subite dai due appartamenti di proprietà attorea, ricollegabili alla cattiva manutenzione del manto di copertura del fabbricato, dei cornicioni, dei canali di gronda e dei pluviali. L’attrice domandò in subordine il risarcimento dei danni per equivalente, nonché di “condannare altresì i convenuti stessi ad equo indennizzo per il ridotto godimento dei n. 2 appartamenti in oggetto”.
Il Tribunale della Spezia condanna i convenuti all’esecuzione delle opere indicate nella CTU, rigettando la domanda di “equo indennizzo”. La Corte d’appello di Genova, invece, ha condannato i condomini convenuti altresì al risarcimento della somma di Euro 40.000,00, determinata equitativamente in base ai prezzi degli affitti degli immobili ad uso residenziale e stagionale nell’ambito del territorio a titolo di limitata utilizzabilità degli appartamenti destinati all’esercizio di attività di affittacamere, a causa delle denunciate infiltrazioni in casa.
La Cassazione sull’equo indennizzo
Secondo i ricorrenti, la Corte di appello avrebbe accolto la domanda di “equo indennizzo per il ridotto godimento dei due appartamenti” in totale assenza di specifiche allegazioni a sostegno della relativa pretesa. Questa doglianza è corretta.
Da oltre un decennio si è sostenuto che il proprietario ha pieno diritto di usare e godere della cosa propria secondo la naturale destinazione della stessa, per cui qualsiasi intervento di un terzo diretto a limitare detto uso o godimento costituisce turbativa del diritto di proprietà sul bene e legittima il proprietario a chiedere non solo la tutela in forma specifica, mediante cessazione di tale turbativa e ripristino della situazione antecedente al verificarsi dell’illecito, ma anche il risarcimento dei danni. Si è così arrivati all’approdoche il danno, in tale ipotesi, è in re ipsa, in quanto automatica conseguenza della limitazione del godimento e della diminuzione temporanea del valore della proprietà, senza neppure la necessità di una specifica attività probatoria, salva concreta determinazione del danno stesso in sede di liquidazione, cui eventualmente procedere anche in via equitativa.
Ebbene, la limitazione del diritto di proprietà di un immobile, che siano causate dall’altrui fatto dannoso, è suscettibile di valutazione economica non soltanto se ne derivi la necessità di una spesa per il ripristino (c.d. danno emergente) o di perdita dei frutti della cosa (c.d. lucro cessante), ma anche se la compressione e la limitazione del godimento siano sopportate dal titolare con suo personale disagio o sacrificio. In ordine alla sussistenza e quantificazione di tale danno, il Giudice può fare ricorso anche ai parametri del cosiddetto danno figurativo, trattandosi di casa di abitazione, come quello del valore locativo della parte dell’immobile del cui godimento il proprietario è stato privato (Cass. n. 33439 del 2019).
La prova del lucro cessante
Ciò è confermato anche dai recenti arresti delle Sezioni Unite (n. 33645 e n. 33659 del 2022): il proprietario è tenuto ad allegare la concreta possibilità di godimento andata perduta e lo specifico pregiudizio subito, di cui, a fronte della puntuale contestazione del convenuto, è chiamato a fornire la prova anche mediante presunzioni o richiamo alle nozioni di fatto rientranti nella comune esperienza. Se, comunque, il danno da perdita subita di cui il proprietario chiede il risarcimento non può essere provato nel suo preciso ammontare, esso è liquidato con valutazione equitativa, se del caso mediante il parametro del canone locativo di mercato (si veda anche Cass. n. 30791 del 2024).
Detto in altri termini, l’attore deve indicare nella domanda, o comunque entro il termine per precisare la stessa, quegli elementi di fatto noti che consentano di risalire, in via di presunzione, al fatto ignoto, e cioè alla lesione – conseguenza.
L’allegazione della parte danneggiata deve essere estesa alle lesioni prodotte da tale condotta, dovendo l’attore mettere il convenuto in condizione di conoscere quali pregiudizi vengono imputati al suo comportamento. Quindi deve riguardare fatti precisi e specifici del caso concreto, essere cioè circostanziata, non potendo risolversi in mere enunciazioni di carattere del tutto generico e astratto, eventuale ed ipotetico.
L’equo indennizzo per il ridotto godimento dei due appartamenti
La domanda proposta dal proprietario dei due appartamenti oggetto di infiltrazioni in casa risultava essere di condanna dei convenuti “ad equo indennizzo per ridotto godimento dei n. 2 appartamenti in oggetto”. Pur essendo stato utilizzato il sostantivo “indennizzo”, in senso proprio, una responsabilità patrimoniale per attività lecita, la domanda è stata intesa come indirizzata a un risarcimento danni da responsabilità per fatto illecito. Nella specie, si tratta dei danni cagionati ad una porzione di proprietà esclusiva dai condomini di un edificio, quali custodi dei beni e dei servizi comuni, perciò obbligati ad adottare tutte le misure necessarie affinché tali cose non rechino pregiudizio ad alcuno, ex art. 2051 c.c.
Per tale ragione la richiesta “ad equo indennizzo per il ridotto godimento dei n. 2 appartamenti” non poteva dirsi comprensiva del danno subito per lo svolgimento negli immobili dell’attività di affittacamere, trattandosi di elemento di fatto non espressamente allegato nell’atto introduttivo, o comunque entro il termine per la maturazione delle preclusioni assertive.
In definitiva, la S.C. ribadisce che la liquidazione equitativa del lucro cessante, nella specie per perdita di guadagno conseguente al precluso o ridotto svolgimento di un’attività commerciale nell’immobile danneggiato, sopperisce alla impossibilità o notevole difficoltà della dimostrazione del preciso ammontare del pregiudizio, ma non incide sul preventivo onere di esposizione, fra i fatti costituenti le ragioni della domanda, della effettiva destinazione economica del bene e della concreta possibilità di esercizio del diritto di godimento perduta.
Avv. Emanuela Foligno






