In caso di rischio elettivo la responsabilità esclusiva del lavoratore in materia di infortuni sul lavoro sussiste soltanto ove questi abbia posto in essere un contegno abnorme, inopinabile ed esorbitante rispetto al procedimento lavorativo ed alle direttive ricevute

In tema di infortuni sul lavoro è configurabile un concorso colposo della vittima solo nel caso di c.d. “rischio elettivo”. Il rischio elettivo non può dirsi sussistere sol perché un operaio sia stato imprudente. Il datore di lavoro, infatti, giusta la previsione di cui all’art. 2087 c.c., ha il dovere di prevenire anche le imprudenze dei suoi lavoratori: vuoi istruendoli adeguatamente, vuoi controllandone l’operato, vuoi dotandoli di strumenti e mezzi idonei e sicuri.

Lo ha ribadito la Cassazione con l’ordinanza n. 3763/2021 pronunciandosi sul ricorso di un’azienda contro la sentenza della Corte di appello che la condannava a rivalere l’Inail dell’importo indennizzato, con varie prestazioni, a un lavoratore con contratto di fornitura di lavoro temporaneo rimasto vittima di un infortunio sul lavoro, per un importo pari a € 373.787,14.

In primo grado il Tribunale aveva rigettato l’istanza dell’Istituto assicurativo ritenendo carente la prova del fatto che l’infortunio fosse stato causato da un difetto di manutenzione dei macchinari cui l’operaio era stato addetto.

Il Collegio distrettuale, invece, aveva ribaltato la pronuncia evidenziando come: nel caso di appalto di manodopera, sia invocabile nei confronti del committente la presunzione di cui all’articolo 2087 c.c.; il macchinario cui era stato addetto l’operaio infortunatosi fosse un macchinario pericoloso; fosse onere della ricorrente provare di aver impartito adeguate informazioni ed istruzioni all’operaio sulla pericolosità della macchina e sul corretto modo d’uso, prova che non era stata fornita.

Nel rivolgersi alla Suprema Corte la ditta contestava alla Corte di appello, tra gli altri motivi, di aver “incongruamente motivato l’interpretazione del materiale istruttorio”; di aver erroneamente privilegiato le dichiarazioni del capo officina, che sarebbero state “strumentalizzate”; di aver erroneamente sottovalutata la vera e unica causa del sinistro, e cioè una condotta imprudente del lavoratore. A detta della ricorrente il sinistro in realtà andava ascritto ad una scelta volontaria e deliberata del lavoratore, il quale aveva coscientemente deviato, per finalità personali, dalle normali modalità di lavorazione, provocando a se medesimo l’infortunio e il danno.

Gli Ermellini, tuttavia, hanno considerato la doglianza inammissibile, oltre che infondata nel merito.

In base alla giurisprudenza di legittimità, infatti, la responsabilità esclusiva del lavoratore per c.d. “rischio elettivo” sussiste soltanto ove questi abbia posto in essere un contegno abnorme, inopinabile ed esorbitante rispetto al procedimento lavorativo ed alle direttive ricevute, cosi da porsi come causa esclusiva dell’evento e creare condizoni di rischio estranee alle normali modalità del lavoro da svolgere. Pertanto è esclusa la configurabilità d’una colpa a carico di lavoratori che non si siano attenuti alle cautele imposte dalle norme antinfortunistiche od alle direttive dei datori di lavoro, perché proprio il vigilare sul rispetto di tali norme da parte del lavoratore è l’obbligo cui il datore è tenuto, in quanto “il datore di lavoro ha il dovere di proteggere l’incolumità del lavoratore nonostante la sua imprudena o negligenza”.

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