Il datore di lavoro non risponde per la mancata adozione di misure atte a prevenire il rischio di infortuni ove la condotta non sia esigibile per l’imprevedibilità della situazione di pericolo da evitare (Cassazione Penale, sez. IV, sentenza n. 36463 del 18 dicembre 2020)

La Corte d’Appello di Venezia, riformava parzialmente, concedendo le attenuanti generiche in regime di equivalenza, la sentenza, per il resto confermata, con la quale il Tribunale di Venezia condannava il datore di lavoro per lesioni personali colpose per l’infortunio del dipendente. Il lavoratore eseguiva il trasferimento da un pontone allo specchio acqueo adiacente di un palo in plastica lungo 5 mt. e avente diametro di 30 cm., che era imbracato con una fune a catena. Durante le manovre della gru idraulica il palo si sfilava e cadeva sulla cabina di guida colpendo violentemente il lavoratore.

Il Giudice di primo grado escludeva in capo al datore di lavoro profili di colpa specifica poiché veniva accertato che le procedure di sicurezza erano state redatte e portate a conoscenza dei dipendenti.

Escludeva, inoltre, la rilevanza causale della presenza di un imbrattamento d’olio sul palo.

Invece, riteneva decisivo il transito, in prossimità del pontone, di un natante di servizio della ditta facente capo all’imputato, che avrebbe costretto il gruista ad adottare una manovra non corretta per lo spostamento del palo, trovandosi ridotto lo spazio di manovra.

Sulla particolare situazione di ridotto spazio per le manovre della gru idraulica il dipendente non aveva ricevuto adeguata formazione, salvo quella di terminare i lavori nel minor tempo possibile, quindi, il contributo causale del lavoratore nell’infortunio veniva stimato nella misura del 50%.

La Corte d’Appello, invece, escludeva che la condotta del lavoratore integrasse comportamento abnorme, ed evidenziava che l’impianto idraulico del braccio di sollevamento era intriso di olio e confermava che il transito dell’imbarcazione di servizio ostacolava la manovra di sollevamento, costringendo il gruista a una manovra pericolosa, l’unica concretamente possibile.

Così facendo, il gruista/persona offesa assumeva un rischio che il datore di lavoro non prevedeva, dovuto alle condizioni di interferenza e di cattivo funzionamento del macchinario che determinavano l’incidente.

Rispetto a tali condizioni il gruista non poteva autonomamente sospendere il lavoro, senza una previa indicazione in tal senso da parte del datore di lavoro.

Egualmente, anche il difettoso funzionamento della gru, noto all’impresa, non poteva essere gestito dal lavoratore infortunato.

Il datore di lavoro impugna in Cassazione lamentando vizio di motivazione riguardo la rilevanza causale della presenza di olio e il passaggio dell’imbarcazione di servizio durante le manovre della gru.

Nello specifico si duole che la Corte di merito si limitava ad escludere l’abnormità del comportamento della persona offesa e a ripetere che il medesimo non era nelle condizioni di interrompere autonomamente l’attività lavorativa.

Gli Ermellini considerano tale doglianza fondata.

La motivazione della Corte territoriale colloca la responsabilità del datore di lavoro, da un lato alla perdita di olio dalla gru; dall’altro al fatto che le condizioni di pericolo determinate dal passaggio dell’imbarcazione di servizio non sarebbero state previste dall’imputato che ometteva di dare al lavoratore le necessarie informazioni e istruzioni; dall’altro ancora, al fatto che il lavoratore non sarebbe stato autorizzato a interrompere autonomamente l’attività lavorativa in presenza delle suddette condizioni di pericolo.

Ebbene, i Giudici territoriali non hanno fornito adeguata motivazione in ordine a nessuno dei tre punti.

Riguardo la presenza di olio derivante dalla perdita nell’impianto della gru, la Corte di merito richiama tale dato come pacifico, ma – pur a fronte del percorso argomentativo seguito dal Tribunale, che aveva escluso che tale aspetto avesse rilevanza causale -, omette di spiegare i motivi per i quali tale elemento concorreva a determinare l’infortunio, limitandosi a menzionarlo genericamente quale fattore concorrente nel prodursi dell’evento, unitamente alla presenza in loco dell’imbarcazione di servizio.

Inoltre, i Giudici territoriali, danno atto della manovra scorretta da parte del gruista nel sollevare il palo, ma ciònonostante affermano che le condizioni di pericolo collegate alla presenza del natante non venivano inquadrate dal datore nella procedura di sicurezza e quindi il lavoratore non era in condizioni di attuare alcunchè.

Nessun chiarimento veniva fornito riguardo le ragioni della presenza dell’imbarcazione e degli spostamenti della stessa e, soprattutto, di chi disponeva tali spostamenti.

Al riguardo viene rammentato che il datore di lavoro non risponde per la mancata adozione di misure atte a prevenire il rischio di infortuni ove la condotta non sia esigibile per l’imprevedibilità della situazione di pericolo da evitare.

Infine, i Giudici territoriali non hanno tenuto in considerazione la circostanza che il gruista ricopriva anche la funzione di preposto e quindi aveva il dovere di “astenersi, salvo eccezioni debitamente motivate, dal richiedere ai lavoratori di riprendere la loro attività in una situazione di lavoro in cui persiste un pericolo”.

Per tali ragioni la Suprema Corte ritiene fondato il richiamo del datore di lavoro al principio secondo cui è affetta da nullità per difetto di motivazione la sentenza di appello che, a fronte di motivi specifici di impugnazione con cui si propongono argomentate critiche alla ricostruzione del Giudice di primo grado, si limiti a “ripetere” la motivazione di condanna senza rispondere a ciascuna delle contestazioni adeguatamente mosse dalla difesa con l’atto di appello.

Ciò posto, la Corte annulla la sentenza impugnata senza rinvio perché il reato è estinto per prescrizione.

Avv. Emanuela Foligno

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