Infortunio sul lavoro e ripartizione della responsabilità

0
Infortunio sul lavoro e ripartizione interna della responsabilità

Infortunio sul lavoro e ripartizione della responsabilità (Cassazione civile, sez. lav., 18/10/2023, n.28961).

Ripartizione interna della responsabilità nell’infortunio sul lavoro.

La Corte d’appello di Firenze respingeva l’appello della società committente, confermando la decisione di primo grado che aveva condannato in solido datrice di lavoro e appaltatrice, presidente del CdA e stivatore e la società committente,  al risarcimento dei danni subiti da due dipendenti a causa di infortunio sul lavoro.

La Corte territoriale, ha premesso che:

– i lavoratori infortunati erano addetti all’attività di sbarco di container trasportati da una nave ormeggiata alla banchina del canale industriale del porto;

– la datrice operava direttamente con personale proprio, che manovrava le gru per movimentare i container, mentre aveva appaltato ad altra società i lavori di derizzaggio dei container a terra e a bordo della nave;

– il capo turno della appaltatrice aveva chiesto ai due lavoratori di svolgere in quota, anziché a terra, il compito di sganciare i sistemi di ancoraggio di cui i container erano forniti (per essere tenuti allineati con gli altri durante le operazioni di trasporto in mare);

– per salire in quota i due lavoratori avrebbero dovuto usare la cella porta persone agganciata alla gru tramite il bilancino, attrezzi tutti di proprietà della datrice;

– i due lavoratori inizialmente si erano dichiarati contrari all’uso della cella porta persone, a causa della pioggia che rendeva il pavimento della stessa scivoloso e della dotazione di una sola cintura di sicurezza;

– per convincere i due lavoratori, il capoturno della appaltatrice aveva fatto intervenire lo stivatore , che aveva eseguito insieme a loro i primi due viaggi con la cella porta persona, mentre il terzo viaggio era stato eseguito solo dai due dipendenti;

– la procedura di sicurezza per scongiurare il rischio di caduta della cella nelle operazioni di sollevamento prevedeva due sistemi di blocco al bilancino della gru: un sistema di tipo elettrico che comandava il blocco automatico della cella allo spreader; un sistema di tipo meccanico interno alla cella che ne realizzava il blocco allo spreader con quattro attacchi supplementari, muniti di “schiavi” o “golfari” in ferro da fissare ai fori dello spreader tramite un perno a vite anch’esso in ferro (questo sistema manuale aveva la funzione di assicurare ulteriormente la cella in caso di cattivo funzionamento del sistema elettrico);

– in nessuno dei tre viaggi in quota la cella veniva assicurata manualmente allo spreader, e quindi la sicurezza della manovra era rimessa esclusivamente al sistema elettrico;

– nel corso del terzo viaggio in quota, una volta che i due lavoratori erano arrivati all’altezza dei container su cui operare, i twist-lock dello spreader comandati elettricamente si sganciavano e la cella (non trattenuta dal sistema manuale non utilizzato) precipitava da un’altezza di 6 metri, cadendo sopra il portellone di coperta della nave;

– entrambi i lavoratori subivano lesioni gravi a causa del violento urto dovuto alla loro caduta all’interno della cella;

– in sede penale capoturno e stivatore venivano condannati per il reato di lesioni colpose in danno dei due lavoratori, mentre veniva assolto, ai sensi dell’art. 530 c.p.c., comma 2, il gruista;

– le due sentenze penali del Tribunale di Livorno, accertavano che lo sgancio del twist-lock dello spreader, che aveva causato la caduta della cella porta persone, era stato provocato da un problema all’impianto elettrico (un difetto di isolamento di un cavo di alimentazione dello spreader, dovuto alla forte umidità, aveva alterato il funzionamento del sistema comportando un passaggio di corrente fra circuiti);

– se fosse stata rispettata la procedura di sicurezza manuale, l’infortunio non si sarebbe verificato.

La Corte di Appello  ha escluso qualsiasi concorso di colpa dei lavoratori infortunati, sul rilievo che la mancata adozione della procedura di sicurezza manuale costituisse  una prassi osservata da tempo dalle due società e, nella specie, oggetto di una precisa direttiva del superiore gerarchico.

Ha rilevato come sulla responsabilità della datrice non potesse in alcun modo incidere l’assoluzione, in sede penale, del suo dipendente gruista, data la condotta della società, di costante e abituale violazione delle norme di sicurezza, resa ancora più grave in ragione dell’analogo incidente che si era verificato pochi giorni prima dell’infortunio per cui è causa.

Secondo i giudici di appello, la responsabilità per l’infortunio della società committente sussisteva perchè si era ingerita ed era coinvolta a vario livello, specie quale proprietaria dei macchinari utilizzati, e per omessa adozione del sistema manuale di sicurezza della cella porta persone e dal malfunzionamento del sistema elettrico di sicurezza, privo della necessaria manutenzione. Ergo, la gravità della violazione degli obblighi di sicurezza giustificava, secondo la Corte di merito, l’attribuzione alla stessa, nella ripartizione interna, di una responsabilità pari al 40%. Nella quantificazione del danno biologico, la Corte d’appello ha fatto propria la valutazione compiuta dal c.t.u. medico legale, che aveva tenuto conto dei pregressi infortuni subiti dai lavoratori; ha confermato la personalizzazione del danno non patrimoniale operata dal tribunale nella misura del 20% in ragione delle conseguenze, in termini di maggior fatica, nello svolgimento dell’attività lavorativa nel periodo successivo alla guarigione dopo l’infortunio.

La committente in Cassazione si duole di avere eccepito la propria completa estraneità ai fatti invocando il giudicato di cui alla sentenza penale del tribunale di Livorno n. 705/201; sostiene che il giudicato penale confermava la corresponsabilità della datrice e degli stessi lavoratori nell’infortunio e la propria completa estraneità ai fatti di causa.

La censura viene considerata infondata.

I profili di corresponsabilità della datrice rispetto all’infortunio sul lavoro dei due dipendenti, non risiedono nella condotta tenuta dal gruista  il giorno del fatto, bensì in circostanze molto più significative che riguardano prassi consolidate nel tempo di utilizzo della cella porta persone in costante violazione delle norme di sicurezza”, oltre che nella fattiva collaborazione, e ingerenza, della stessa nel lavoro appaltato che veniva svolto usando macchinari forniti dalla stessa committente e non sottoposti alla doverosa manutenzione.

Sotto il secondo profilo, con cui si censura la sentenza d’appello per avere disatteso l’accertamento vincolante che si assume eseguito dal giudice penale in ordine al concorso di colpa dei lavoratori infortunati costituiti parte civile, viene ribadito che “l’obbligo del giudice penale di determinare percentualmente l’efficienza causale delle singole condotte colpose sussiste solo allorché vi sia stato un concorso di colpa tra coimputati; laddove, invece, sia ravvisabile un concorso di colpa del danneggiato, spetta al giudice civile determinare l’incidenza causale dell’imprudenza di quest’ultimo”.

L’eventuale concorso di colpa di soggetti diversi dall’imputato rileva ai fini dell’art. 1227 c.c., al fine di stabilire le quote risarcitorie a carico di ciascuno, ma di per sé non è in conflitto con l’accertamento di sufficienza causale e di responsabilità in sede penale.

Conseguentemente, il giudicato di condanna generica del debitore (come nel caso in esame) non preclude, nel successivo giudizio di liquidazione, l’eccezione di concorso di colpa del creditore e il relativo accertamento e, parimenti, non preclude l’esclusione, nel giudizio civile di danno, del concorso di colpa incidentalmente affermato dal giudice penale.

Infine , gli Ermellini evidenziano che sul tema della responsabilità del committente in caso di infortunio occorso ai dipendenti dell’appaltatore, la Corte di Appello si è attenuta ai principi secondo cui “In tema di infortuni sul lavoro, a seguito dell’entrata in vigore del D.Lgs. n. 494 del 1996, il dovere di sicurezza gravante sul datore di lavoro opera anche in relazione al committente, dal quale non può tuttavia esigersi un controllo pressante, continuo e capillare sull’organizzazione e sull’andamento dei lavori, di modo che, ai fini della configurazione della sua responsabilità, occorre verificare in concreto l’incidenza della relativa condotta nell’eziologia dell’evento, a fronte delle capacità organizzative della ditta scelta per l’esecuzione dei lavori”.

Per le ragioni esposte il ricorso viene respinto.

Avv. Emanuela Foligno

Leggi anche:

Menomazione del 16% e componenti della rendita INAIL

- Annuncio pubblicitario -

LASCIA UN COMMENTO O RACCONTACI LA TUA STORIA

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui