La sentenza a commento è sul tema di responsabilità datoriale per infortunio sul lavoro, con particolare attenzione al comportamento dell’operaio al momento dell’incidente.
La Corte d’appello di Milano ha confermato la sentenza di primo grado che aveva ritenuto C.N.V.G. colpevole e lo aveva condannato alla pena di mesi uno e giorni dieci di reclusione con la sostituzione della pena detentiva nella pena pecuniaria della multa pari ad Euro 4000.
L’addebito colposo mosso all’imputato quale datore di lavoro, era quello di aver cagionato al lavoratore, dipendente della società con mansioni di assemblatore e fattorino ed inquadramento di operaio di I livello, lesioni personali consistite in “trauma da schiacciamento, frattura scomposta esposta del V metacarpo destro con lussazione base lesione “apparato estensore EPI EEDC per V; anteriormente ferita 1/3 distale avambraccio con esposizione peduncolo VN trinare” dalle quali derivava l’incapacità di attendere alle ordinarie occupazioni per un tempo pari a 60 giorni, per colpa consistita in negligenza, imprudenza, imperizia ed inosservanza delle norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro.
Dinamica dell’infortunio e intervento degli operatori
Nello specifico:
in data 26 maggio 2020 alle ore 15 e 47 personale del Commissariato di Rho Pero si recava presso la ditta su richiesta della Polizia locale essendo stato segnalato un infortunio sul lavoro.
Giunti sul posto, gli agenti prendevano contatti con il titolare della ditta, il quale riferiva di aver sentito delle urla di un operaio provenire dal magazzino e dalle telecamere aveva notato un altro dipendente, tale V.A., che correva verso la macchina di lavoro AISA PTH40, adibita allo stampo di materiale plastico, nello specifico di bottigliette di cosmetici. Questi si era accorto che l’infortunato era rimasto con un braccio nell’ingranaggio rotante della macchina e, premuto il pulsante di arresto, aveva provveduto a disincastrarlo e quindi a chiamare il 118 notando che il polso era schiacciato e sanguinante. Veniva trasportato all’Ospedale San Gerardo di Monza dove veniva sottoposto ad intervento chirurgico per schiacciamento della mano sinistra e dimesso il 28 maggio 2020. Veniva poi abilitato a riprendere l’attività lavorativa il 25/1/2021.
Formazione e dispositivi di sicurezza del lavoratore
Il macchinario veniva sequestrato e al suo interno veniva riscontrata la presenza di sangue e faldoni relativi all’utilizzo del tornio e il documento di DVR.
L’infortunato aveva svolto il corso operatore, manutentore meccanico ed elettronico sul macchinario AISA PTH40 dal 1 aprile 2015 al 30 giugno 2015 e il corso era stato svolto dal collega P.L., tecnico abilitato dalla ditta AISA (come da certificazione in atti). Risultava altresì che la vittima aveva ricevuto i dispositivi di protezione e che era a conoscenza dell’obbligo del loro utilizzo nello svolgimento delle attività.
Il lavoratore in questione, confermava anche di aver ricevuto la formazione sia dal P. che dai tecnici svizzeri della AISA e riferiva di aver eseguito l’intervento sulla base dell’esperienza ma di non aver visionato specifiche procedure scritte.
Circostanze dell’intervento e uso improprio del macchinario
È stato accertato che la vittima si accertava nello specifico che il giorno del sinistro, il S. si era accorto che nel macchinario si era formata una perdita di acqua da un tubicino interno e, dopo averlo fermato ed aver aperto le protezioni in plexiglas, con il joystick lungo circa 2,5 m, si era introdotto all’interno.
Poiché azionando il joystick con il movimento ad impulsi non riusciva a vedere dove fosse la perdita d’acqua, con la mano sinistra aveva schiacciato il tasto verde di avvio rimettendo gli ingranaggi in movimento lento.
Lo stesso, al momento dell’infortunio, indossava non già gli abiti da lavoro ma una felpa con manica larga per evitare le piccole bruciature all’interno della macchina, trattandosi di una consuetudine implicitamente accettata e non contestata, dato che detto abbigliamento veniva adottato in modo abituale e nessuno gli aveva mai mosso alcun rilievo.
DVR carente e responsabilità delegata
Emergeva altresì che per la redazione del DVR, il datore di lavoro si era rivolto ad una società esterna. In detto documento non vi era la valutazione dei rischi specifici in merito alla manutenzione del macchinario in esame nell’ipotesi in cui si fosse verificata un’anomalia del tipo di quella che si era in concreto manifestata.
Sulla scorta degli atti di indagine, utilizzabili in virtù del rito prescelto, il primo grado riteneva provata la responsabilità del datore di lavoro in relazione al reato a lui ascritto, non attribuendo al comportamento dell’operaio efficacia interruttiva del nesso causale dal momento che il predetto stava compiendo un’operazione che rientrava nel lavoro affidatogli e, se anche posta in essere in modo imprudente, certamente non era consistita in una condotta radicalmente ed ontologicamente lontana dalle pur ipotizzabili ed imprudenti scelte del lavoratore nell’esecuzione del lavoro.
Conferma della decisione e mancata segnaletica
Il giudice d’appello ha confermato la pronuncia di primo grado condividendone le ragioni, pur con alcune puntualizzazioni nel tessuto logico argomentativo.
Il lavoratore si era introdotto all’interno del macchinario dopo averlo fermato e che il riavvio da parte sua è avvenuto solo in un secondo momento. Inoltre nessun cartello di divieto di introduzione all’interno del macchinario era stato apposto vicino allo stesso e neppure in altri locali dell’azienda, come dimostrato dal materiale fotografico in atti da cui si desume solo la presenza di cartellonistica anti-Covid e come confermato dallo stesso imputato che in sede di interrogatorio reso durante le indagini ha dichiarato di aver affisso il divieto in questione solo in epoca successiva all’infortunio per cui è a processo.
Abbigliamento del lavoratore e pregressa consuetudine
In ultimo ha precisato che l’abbigliamento della vittima, che si sarebbe impigliata negli ingranaggi della macchina, non costituiva una imprevedibile violazione da parte sua del regolamento aziendale, ma anzi proprio l’imputato ha dichiarato di essere stato presente in azienda il giorno del sinistro avendo quindi così potuto accorgersi sia dell’abbigliamento sia del fatto che questi non stesse utilizzando i guanti ricevuti in dotazione.
Si assume che entrambi i Giudici di merito sono incorsi nel medesimo travisamento delle risultanze istruttorie acquisite in forma di tale macroscopica o manifesta evidenza da imporre in termini inequivocabili il riscontro della non corrispondenza delle motivazioni di entrambe le sentenze rispetto al compendio probatorio.
Formazione e documentazione tecnica del macchinario
In particolare sono contrari ai dati probatori di causa le affermazioni secondo cui l’evento dannoso si sarebbe verificato in quanto il lavoratore era stato adibito a mansioni contrastanti con quelle per le quali era stato assunto e per di più non sarebbe stato formato per lavorare con il macchinario AISA PTH40.
La Corte d’appello è pervenuta a tale conclusione sulla base del rilievo che vi fosse solo un manuale in inglese, ma in realtà dagli atti emerge che nei pressi del macchinario si trovavano ben tre faldoni contenenti le istruzioni sul funzionamento del macchinario mentre nella porta interna del macchinario si trovava il manuale in lingua italiana (come dichiarato dallo stesso S.).
Rischio prevedibile e comportamento dell’operaio
Con riguardo alla circostanza che il DVR non conterrebbe indicazioni specifiche sul funzionamento del macchinario, si rileva che il datore aveva affidato ad una società esterna, la redazione del documento, con la conseguenza che deve ritenersi perfetta la delega di funzioni al controllo della sicurezza da parte del datore che ha attribuito ad un soggetto terzo tale funzione.
Concludendo, la causazione dell’evento dannoso è addebitabile unicamente al comportamento dell’operaio colpevole e del tutto imprevedibile che non ha spento il macchinario prima di procedere all’ispezione ed ha indossato una felpa contravvenendo al regolamento interno, inoltre si è sporto allungando il braccio nella macchina nonostante il divieto di sporgersi, risolvendosi pertanto il suo comportamento in una condotta abnorme.
Giurisprudenza sulla condotta abnorme e conclusione
La decisione impugnata non ha posto in discussione che il lavoratore infortunato sia stato assunto a tempo indeterminato con mansioni di assemblatore e fattorino; ciò che assume rilievo nel ragionamento di entrambi i Giudici di merito è che il sinistro si sia verificato non già quando il lavoratore stava eseguendo le sue mansioni di assemblatore di tubetti di plastica ma invece, allorché lo stesso, accortosi di una perdita di acqua nel macchinario, abbia cercato di intervenire quale manutentore, mansioni alle quali non era adibito.
A prescindere da ciò, la vittima non aveva comunque ricevuto una formazione idonea atteso che, pur avendo partecipato a corsi in materia di sicurezza ed essendo stato istruito dal collega più esperto, P.L., non aveva avuto modo di consultare un manuale d’uso del macchinario in italiano dato che quello a disposizione era solo in inglese mentre quello in italiano era stato messo a disposizione solo in un secondo tempo dal datore di lavoro.
Carenze strutturali e DVR inadeguato
Inoltre, al momento del sinistro il macchinario era carente dei presidi protettivi in quanto non erano presenti le paratie in lamiera forata gialla all’altezza della zona di caricamento, verosimilmente rimosse perché la macchina era in fase di settaggio, ed il cavo del joystick era più lungo del dovuto così consentendo all’operatore di entrare nella macchina.
Infine, il DVR non prevedeva alcuna specifica previsione dei rischi connessi alla manutenzione del macchinario né alle procedure da adottare per eseguirla in sicurezza.
È stato anche escluso che i giudizi di merito abbiano escluso che si versi in un’ipotesi di comportamento dell’operaio abnorme in linea con la giurisprudenza di legittimità secondo cui “in tema di prevenzione antinfortunistica, perché la condotta colposa del lavoratore possa ritenersi abnorme e idonea ad escludere il nesso di causalità tra la condotta del datore di lavoro e l’evento lesivo, è necessario non tanto che essa sia imprevedibile, quanto, piuttosto, che sia tale da attivare un rischio eccentrico o esorbitante dalla sfera di rischio governata dal soggetto titolare della posizione di garanzia…” (Sez. 4 n. 7012 del 23/11/2022 dep. 2023, Rv. 84237).
Responsabilità datoriale e rigetto del ricorso
Non può esservi alcun esonero di responsabilità all’interno dell’area di rischio, nella quale si colloca l’obbligo datoriale di assicurare condizioni di sicurezza appropriate anche in rapporto a possibili comportamenti trascurati del lavoratore.
Concludendo, il ricorso è inammissibile (Corte di Cassazione, IV penale, sentenza 23 aprile 2025, n. 15778).
Avv. Emanuela Foligno