Inidoneo trattamento della frattura riportata durante la degenza (Corte Appello di Napoli Sentenza n. 2477/2022 pubbl. il 03/06/2022).

Inidoneo trattamento della frattura riportata durante la degenza e causata dalla caduta dal letto ospedaliero.

La danneggiata conveniva in giudizio, innanzi al Tribunale di Napoli, l’ASL Napoli 1 Centro , chiedendone la condanna, a titolo di responsabilità contrattuale ed extracontrattuale, al risarcimento dei danni che assumeva di avere sofferto per omessa e/o inadeguata sorveglianza della stessa e per l’inidoneo trattamento della frattura riportata durante la degenza ospedaliera.

In particolare deduceva: in data 13.10.2005, veniva ricoverata, in regime di T.S.O., presso il Servizio Psichiatrico del P.O. per scompenso psicotico di tipo paranoideo con eteroaggressività ; in data 23.10.2005, cadendo dal letto ospedaliero, riportava la frattura metafisi distale di radio e ulna a sinistra con modico spostamento dei monconi che veniva successivamente trattata, in data 3.11.2005, tramite la riduzione estemporanea in anestesia locale e confezionamento di un gesso brachio -metacarpale; a causa dell’inidoneo trattamento della frattura, le residuavano postumi permanenti consistenti in esiti di frattura scomposta di Colles di polso sx con residua deformità del polso e note di artrosi radio -carpica .

Previa CTU, il Tribunale affermava la responsabilità contrattuale della ASL condannandola al pagamento dell’importo di euro 17.466,00. In particolare la responsabilità veniva declarata sia per ciò che concerne la carente vigilanza della parte attrice, la quale era ricoverata in regime di T.S.O., sia per ciò che attiene all’inidoneo trattamento della frattura, in quanto la caduta dal letto non può giudicarsi un evento imprevedibile e l’Ortopedico che consigliò l’intervento chirurgico, procedeva, invece, ad una riduzione incruenta estemporanea della frattura scomposta.

Avverso la sentenza la ASL di Napoli propone appello.  

Con il primo motivo si lamenta il mancato accoglimento dell’eccezione di prescrizione ex art. 2947 c.c., in ragione del rilievo per cui, siccome la caduta della paziente dal letto ospedaliero doveva qualificarsi come ipotesi di responsabilità extracontrattuale riconducibile all’art. 2051 c.c., la domanda era soggetta al (più) breve termine di prescrizione quinquennale, già spirato al momento dell’invio della lettera interruttiva della prescrizione. 

Il motivo è infondato.

Il Tribunale ha correttamente qualificato come contrattuale la responsabilità della convenuta struttura sanitaria. Siffatta qualificazione giuridica deve essere riferita a tutte le prestazioni assunte nei confronti della paziente.

La responsabilità dell’azienda Ospedaliera deve essere qualificata come di natura contrattuale sia in relazione a propri fatti d’inadempimento, sia per quanto concerne il comportamento in particolare dei medici dipendenti, trovando nel caso applicazione la regola posta dall’art. 1228 c.c..

Non è sostenibile che l’evento dannoso in esame vada ricondotto all’ambito applicativo della responsabilità extracontrattuale da cose in custodia ex art. 2051 c.c., cui dovrebbe conseguire l’applicabilità del più breve termine di prescrizione quinquennale ex art. 2947 c.c..

Con il secondo motivo di appello, l’ASL censura l’adesione acritica alle conclusioni della CTU che  ha ritenuto sussistente la responsabilità della struttura sanitaria.

Secondo la tesi dell’Azienda Ospedaliera , la paziente non è mai stata lasciata sola in quanto il personale infermieristico è sempre presente in servizio in rapporto adeguato al numero di pazienti e che a seguito dell’infortunio la stessa è stata sottoposta a visita ortopedica a seguito della quale è stato disposto l’intervento chirurgico, di talchè non sussiste inidoneo trattamento della frattura, come lamentato dalla paziente.

Inoltre, aggiunge l’ASL,  nei giorni precedenti alla caduta, la paziente era lucida e collaborativa e tali condizioni non richiedevano particolari presidi di protezione.

Con specifico riferimento all’inidoneo trattamento della frattura del polso, l’ASL deduce che il trattamento incruento, cui fecero ricorso i sanitari, doveva ritenersi adeguato alle caratteristiche ed alla natura della lesione e finalizzato ad evitare i rischi dell’operazione tenuto conto delle complessive condizioni dell’attrice, che presentava un rischio anestesiologico elevato.

Il motivo è infondato.

La relazione del Responsabile dell’UOSP Servizio Psichiatria Diagnosi e Cura, citata dall’appellante, secondo cui la paziente non è mai stata lasciata sola tenuto conto che il personale infermieristico è sempre presente in servizio in rapporto adeguato al numero dei pazienti, non è in grado di provare che, al momento della caduta della paziente  il personale infermieristico avesse adottato tutte le cautele idonee a scongiurare l’evento.

Come rilevato dal CTU, alla data dell’evento dannoso la paziente era sottoposta ad una terapia farmacologica consistente nella somministrazione di sedativi, versando, quindi, in una condizione di profonda sedazione (tanto che si rese necessario modificare la terapia) per cui era concretamente esposta al rischio di caduta dal letto .

Non risulta, quindi, provato che la caduta dell’attrice dal letto di ospedale o, comunque, la frattura del polso possa qualificarsi alla stregua di un evento imprevedibile ed inevitabile.

Sulla gestione della frattura, consistita nel confezionamento di una doccia gessata e nel controllo radiografico, la ASL ne deduce la adeguatezza, in rapporto alla natura ed alle caratteristiche della lesione.

Anche sul punto la censura è infondata, essendo smentita dal rilievo del CTU secondo cui “in presenza di fratture scomposte e pluriframmentarie quale quella in oggetto si impone il ricorso a riduzione e sintesi chirurgica onde evitare una viziata consolidazione della frattura, come avvenne proprio nel caso di specie in cui residua un grave dismorfismo di polso con marcata limitazione funzionale .. Inoltre, la paziente era assolutamente candidabile ad intervento chirurgico , come dimostrato dal fatto che gli stessi sanitari le proposero l’intervento, e tenuto conto che il rischio ASA III non ne impediva affatto l’esecuzione “.

In sintesi, il CTU ha accertato l’imperizia dei sanitari e l’inidoneo trattamento nell’avere proceduto inspiegabilmente ad inopportuna ed intempestiva dimissione della paziente senza aver colpevolmente provveduto ad un corretto ed adeguato trattamento della frattura del polso.

Alla paziente viene liquidato il risarcimento dell’importo di euro 14.591,28.

Avv. Emanuela Foligno

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