Intervento al ginocchio sx e infezione del sito chirurgico (Corte di Appello Napoli, Sentenza n. 3449/2022 pubbl. il 22/072022 ).
Intervento al ginocchio sx e correlata infezione.
Il paziente esponeva di avere riportato, nel 2001, la lesione al menisco mediale, a seguito di trauma distorsivo al ginocchio sinistro. Si era sottoposto a visita ortopedica che evidenziava gonartrosi bilaterale in evoluzione in ginocchio varo.
Veniva dunque prescritto un intervento al ginocchio di artroplastica mono – compartimentale. Alla dimissione dall’ospedale il paziente presentava ginocchio dolorante e febbre.
Nelle settimane successive il paziente si sottoponeva a varie visite e controlli persistendo dolore rotuleo e deficit di estensione.
Successivamente, il 28.4.2010, veniva sottoposto ad un secondo intervento per lavaggio articolare e sue possibili complicanze settiche e trombo -emboliche.
Tuttavia, le condizioni cliniche del paziente non miglioravano. Dunque, secondo parte attrice, la prestazione sanitaria si era immotivatamente discostata dalle direttive scientificamente collaudate, ed indicate dalle linee -guida. In particolare queste ultime prevedevano, in caso di protesizzazioni articolari, un’adeguata profilassi antibiotica.
Il Tribunale di Avellino, rigettava la domanda dell’attore e il paziente si rivolge alla Corte d’Appello.
Con la prima censura il paziente deduce come l’infezione nosocomiale, successiva all’intervento al ginocchio di artroplastica, sia di per sé indice di inadempimento contrattuale della struttura sanitaria, ai sensi degli artt. 1176 e 1218 cc..
Con il secondo motivo, si duole del fatto che il Tribunale, in modo immotivato, si sarebbe discostato dalle conclusioni espresse dal CTU di primo grado.
La Corte passa al vaglio la CTU svolta nel primo giudizio. Il Consulente d’Ufficio non concorda con la tesi del CTP, secondo cui non vi sarebbe prova che la complicanza infettiva post artroplastica sia dipesa da un’infezione nosocomiale, essendo stata correttamente effettuata la profilassi antibiotica pre – operatoria.
Ad ogni modo, secondo il CTU “trattasi di profilassi che riduce (ma non elimina) il rischio di infezione. “Non è inusuale che non si riesca ad identificare il germe nel corso dell’artroscopia, pur con un pre esistente e prolungato trattamento antibiotico…..(….)..L’intervento chirurgico è stato effettuato in maniera tecnicamente corretta.”
Altresì, sempre secondo il CTU, “è stata corretta anche la tempistica dei controlli clinici effettuati, e delle indagini proposte ed eseguite. Grazie a tali controlli, a circa 3 -4 mesi di distanza dall’ intervento chirurgico fu ipotizzata la presenza dell’infezione, e fu iniziato il trattamento farmacologico……(….)…. Correttamente, si è somministrato un trattamento antibiotico prima generico, e poi mirato, sulla base delle colture effettuate nel tempo…….Tuttavia, la guarigione non è avvenuta con una totale restitutio ad integrum. Infatti, sono residuati modesti esiti dolorosi a sinistra, sito dell’artroplastica, con limitazione dell’accosciamento, nonché esiti cicatriziali”.
A questo punto, osserva la Corte d’Appello come lo stesso appellante non abbia contestato le conclusioni del CTU. Atteso ciò il Collegio ritiene che il primo giudicante si sia correttamente uniformato alle inequivoche conclusioni del CTU .
Con particolare riferimento ad infezioni di natura esogena, cioè causate da germi di tipo ospedaliero, la Struttura sanitaria deve fornire la prova liberatoria, in ordine al corretto adempimento dei sanitari. Dalla espletata CTU emerge che la Struttura convenuta abbia assolto all’onere probatorio, circa l’adozione e l’adeguato rispetto dei necessari standard di igiene e prevenzione.
Conclusivamente, l’appello viene rigettato.
Avv. Emanuela Foligno
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