Infezione da stafilococco contratta post sutura chirurgica della ferita (Tribunale Reggio Calabria, Sentenza n. 1157/2022 pubbl. il 15/10/2022).
Infezione da stafilococco insorta dopo la sutura della ferita.
La paziente adisce il Tribunale di Reggio Calabria al fine di ottenere la condanna dell’Azienda Sanitaria al risarcimento dei pregiudizi patrimoniali e non patrimoniali patiti e quantificati complessivamente in euro 143.196,84 a seguito della errata condotta sanitaria.
In seguito a infortunio la paziente riportava una ferita lacero contusa al ginocchio destro che i Sanitari avevano provveduto a suturare chirurgicamente.
Secondo la tesi attorea, a causa delle suddette prestazioni sanitarie, emergeva una infezione da stafilococco aureus staaur e che, nel corso delle visite effettuate nella struttura, i sanitari di volta in volta intervenuti avevano proceduto esclusivamente al trattamento topico della ferita omettendo di eseguire gli accertamenti necessari a diagnosticare e curare l’infezione. In definitiva, viene contestato che l’assenza di una prognosi tempestiva e di cure adeguate avevano aggravato il quadro patologico dell’arto interessato, che, nonostante i numerosi interventi di pulizia e sutura, presentava ancora, a distanza di tempo, una ferita lacero contusa non rimarginata e dolorante.
Solo un anno dopo, il 23 giugno 2008, era stato eseguito, mediante tampone della ferita, un esame colturale che aveva consentito di riscontrare la presenza del batterio stafilococco. Alla diagnosi di infezione tuttavia, non aveva fatto seguito la somministrazione alla paziente di alcuna terapia antibiotica.
Il Tribunale premette che tra i pazienti e le strutture sanitarie viene in essere un rapporto giuridico che trova fondamento nel contratto atipico di spedalità, alla cui stipulazione si addiviene nel momento in cui i primi accedono ai servizi offerti dagli ospedali. Ogni istituto sanitario è obbligato a garantire al paziente un sufficiente grado di organizzazione ed è responsabile contrattualmente sia dell’inadempimento delle prestazioni (primarie e accessorie) poste a proprio carico che dell’opera svolta dal personale medico e paramedico di cui si avvale per attuare il contratto di assistenza.
Ciò posto, viene dato atto che il quadro probatorio del giudizio è privo di elementi che consentono di determinare sia il luogo e il giorno in cui sono stati rimossi i punti di sutura e sono state effettuate le operazioni di pulizia della ferita della paziente, sia la sintomatologia e le condizioni sanitarie della stessa nell’intervallo di tempo che va dal 20 giugno 2007 al 18 giugno 2008.
Parte attrice, infatti, nel dedurre di essersi recata numerose volte in ospedale prima del ricovero del 18 giugno 2008, si è limitata a riferire la reiterata deiscenza della lesione ma non ha allegato alcun certificato o atto idoneo a dimostrare: 1) gli accessi presso il nosocomio; 2) gli eventuali trattamenti extra ospedalieri relativi al periodo giugno 2007 giugno 2008; 3) i segni dell’infezione e la conseguente necessità di terapie farmacologiche nel medesimo lasso temporale; 4) gli episodi di deiscenza della ferita precedenti al 18 giugno 2008, dei quali non vi è alcuna traccia se non nei generici riferimenti contenuti nel quadro anamnestico delle cartelle cliniche del 18 giugno e del 25 giugno 2008.
In definitiva, non risulta provato quando ha avuto inizio la deiscenza della ferite; se, prima del 18 giugno 2008, la paziente abbia manifestato i sintomi dell’infezione e se gli stessi siano stati oggetto di accertamento sanitario all’interno della struttura convenuta.
Oltre a ciò, tra la data della sutura (20 giugno 2007) e la diagnosi di infezione (avvenuta durante il ricovero del giugno 2008) è intercorso un lasso temporale pari a un anno.
Ebbene, tale forbice temporale è di notevole rilievo ai fini dell’accertamento dell’origine nosocomiale di una infezione. Difatti consolidata giurisprudenza, tra cui quella più recente, ha chiarito che il termine “infezione ospedaliera o nosocomiale comprende varie entità nosologiche e segnatamente infezioni insorte nel corso di un ricovero ospedaliero, non manifeste clinicamente, né in incubazione al momento dell’ingresso e che si rendono evidenti 48 ore, o più, dal ricovero e le infezioni successive alla dimissione, ma causalmente riferibili, per tempo di incubazione, agente eziologico e modalità di trasmissione al ricovero medesimo”.
In altri termini, quanto alle infezioni insorte successivamente alle dimissioni occorre che, alla luce delle caratteristiche proprie di una determinata patologia, il periodo di incubazione e di manifestazione della stessa sia compatibile con l’intervallo di tempo intercorso tra le prestazioni ricevute dal paziente e la comparsa della malattia.
Ciò non è accaduto nel caso in esame.
Il Tribunale ritiene, quindi, di condividere i rilievi formulati dal CTU: “Ora, è vero che l’infezione, alla data del 23 giugno 2008,risulta essere stata diagnosticata, tuttavia, la radicale impossibilità di individuare le condizioni cliniche del paziente dopo il 20 giugno 2007 e fino al 18 giugno 2008 e di determinare le strutture e i soggetti che hanno avuto in cura la paziente nel medesimo arco temporale non consente di stabilire, anche in via presuntiva e secondo il criterio del più probabile che non:
- il momento in cui, prima del 18 giugno 2008, si è verificata la deiscenza della ferita lacero contusa;
- le cause della stessa e chi abbia provveduto alle relative cure;
- il momento e la causa del contagio da stafilococco;
- quando la paziente ha sviluppato i sintomi dell’infezione;
- l’esistenza di una correlazione tra l’infezione e l’intervento chirurgico di sutura del 20 giugno 2007 e tra l’infezione e la deiscenza della ferita;
- che il peggioramento delle condizioni dell’arto e la necessità di interventi chirurgici sia addebitabile all’inadempimento di un obbligo di diagnosi e cura dello stafilococco a carico dei sanitari della struttura convenuta”.
Per tali ragioni, il Tribunale rigetta integralmente la domanda attorea.
Avv. Emanuela Foligno
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