Intervento chirurgico d’urgenza per appendicectomia provocava una complicanza emorragica e il paziente cita a giudizio la Struttura e i sanitari deducendone la responsabilità.

Intervento chirurgico d’urgenza per appendicectomia conduce il danneggiato al giudizio nei confronti della Struttura e del Sanitario onde vederne accertata la responsabilità per le lesioni subite e stimate nel 25% di postumi permanenti (Tribunale Napoli, 30/11/2021).

Deduce il paziente di essere stato ricoverato in data 28.05.2008 presso l’U.O.C. di Chirurgia Generale di Urgenza con la diagnosi di “colica addominale” e sottoposto in data 29.05.2008 ad un intervento chirurgico d’urgenza per appendicectomia senza sottoscrizione di  un valido consenso, sia per il trattamento anestesiologico che chirurgico.

Eseguiti l’intervento chirurgico d’urgenza, il paziente manifestava una forte crisi lipotimica, svenendo per i forti dolori; eseguite ulteriori analisi risultava la presenza di un versamento ematico in addome che conduceva a un secondo intervento chirurgico eseguito il 29/05/2008.

Deduce, inoltre, che l’emorragia era stata determinata dalla lesione del mesenteriolo e del peritoneo determinata dall’intervento chirurgico d’urgenza.  A seguito degli eventi, il paziente lamenta continui dolori nella sede dell’intervento chirurgico, presenta stipsi cronica e turbe digestive, nonché disagio relazionale per le cicatrici.

Preliminarmente il Tribunale dà atto che il caso in esame è sottratto all’applicazione della Legge Gelli-Bianco (17/2017) , essendo risalente all’anno 2008, e pertanto, il titolo della responsabilità ascrivibile alla struttura sanitaria (nonché al medico operante) è di natura contrattuale, che si origina grazie al contatto che si instaura tra medico e paziente.

La CTU medico-legale ha accertato la responsabilità nella produzione dei danni lamentati: “Il paziente è stato operato di appendicectomia, l’intervento chirurgico d’urgenza  si è complicato con una emorragia post operatoria. Il primo segno clinico della complicanza emorragica è stata una lipotimia, messa in evidenza il giorno stesso dell’intervento, a meno di 12 ore di distanza da esso. Le manovre di emostasi chirurgica messe in atto al reintervento hanno prontamente e definitivamente risolto il problema emorragico ed il paziente è stato dimesso clinicamente guarito dopo una settimana. Gli esami di laboratorio e lo stesso decorso clinico di fatto hanno escluso una meiopragia coagulativa. Risulta pertanto evidente che, con più probabilità che non, la causa dell’evento emorragico, succeduto a breve distanza di tempo dall’intervento di appendicectomia, va ricercata nell’ambito delle manovre chirurgiche “.

Ancora: “Dalla lettura dei referti operatori dei due interventi chirurgici subiti si possono evincere tre dati di fatto: 1 – Intervento chirurgico d’urgenza di appendicectomia: “appendicite acuta flemmonosa”, “legatura del moncone appendicolare e sua cauterizzazione”, “controllo dell’emostasi”. Sono partitamente descritti gli atti chirurgici relativi al trattamento della appendice (Figg. E, F), non viene menzionata alcuna manovra di controllo o legatura della arteria appendicolare, ramo terminale della branca cecale posteriore dell’arteria ileocolica, che raggiunge la base della appendice attraverso il mesenteriolo appendicolare (fig. D).  Il reperto di “appendicite flemmonosa” sta ad indicare che il processo infiammatorio ha determinato una ostruzione e/o trombosi dei vasi venosi, mantenendosi ancora una certa pervietà dei vasi arteriosi, dal che deriva un intenso edema dei tessuti con formazione di pseudomembrane infiammatorie e di una massa edematosa, infiammatoria peri appendicolare che può rendere più difficile il reperimento dell’arteria appendicolare. Inoltre la presenza dell’edema può comprimere i vasi, necessariamente sezionati per effettuare l’appendicectomia, e momentaneamente bloccare la perdita di sangue, perdita che si può manifestare in secondo tempo quando le condizioni infiammatorie sono migliorate.  Il referto del reintervento recita: “sanguinamento a nappo che proviene dal mesenteriolo…. Si provvede all’emostasi dei punti sanguinanti”. Ciò indica che la perdita di sangue proviene dall’arteria appendicolare, che appunto decorre nel mesenteriolo, e quindi che tale arteria non è stata correttamente od affatto legata durante la appendicectomia (come già rilevato, nel referto operatorio questa manovra non è descritta), determinando quindi l’emoperitoneo. L’emostasi chirurgica, praticata al reintervento, ha bloccato definitivamente la perdita di sangue. La sequenza di avvenimenti sin qui descritta è quella che, con più probabilità che non, spiega la genesi della complicanza emorragica dell’intervento di appendicectomia. Da quanto sopra è possibile concludere che i sanitari che hanno avuto in cura il sig. (…) hanno agito con imperizia. E’ emerso che il Sig. (…) presenta, quali postumi del trattamento chirurgico effettuato per la complicanza insorta, esiti cicatriziali chirurgici addominali con moderata diastasi dei retti addominali della porzione sovraombelicale della cicatrice longitudinale mediana. I postumi residuati, in rapporto di causalità con gli errori accertati, hanno determinato un danno biologico permanente risarcibile nella misura di dieci punti percentuali, per esiti cicatriziali chirurgici addominali, longitudinali mediani, di circa 23 cm., con segni di indebolimento di parete e ripercussione estetica; tali esiti non si sarebbero generati affatto in assenza degli errori accertati. In conseguenza a ed a causa degli errori di trattamento sopra discussi si è generata una lieve maggior durata della malattia con valutazione equa di una maggior ITT di 5 (cinque) giorni ed una maggior ITP, mediamente al 50% di 10 gg.”.

Stante le conclusioni svolte dal Consulente, il Tribunale dichiara pacifica l’esistenza del nesso di causalità tra il trattamento sanitario ed il danno di cui viene chiesto il ristoro, derivante da complicanza emorragica.

Avv. Emanuela Foligno

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