La proprietaria dell’appartamento posto al IV piano del condominio impugna la delibera assembleare che respingeva la sua richiesta di installazione dell’ascensore, a propria cura e spese, per l’abbattimento delle barriere architettoniche (Tribunale di Roma, Sez. V, Sentenza n. 17319/2021 del 09/11/2021-Repert. n. 20883/2021 del 09/11/2021)

L’attrice chiede, in virtù del combinato disposto dell’articolo 2, comma 2, della legge n 13 del 1989 e dell’articolo 1102 cc, l’installazione dell’ascensore, a propria cura e spese, così come da progetto redatto dal proprio tecnico di fiducia.

L’attrice deduce che il marito era stato riconosciuto invalido civile nella misura del 67% e che in tale condizione di disabilità non gli è consentito di usufruire pienamente dell’appartamento coniugale riuscendo a salire quattro piani di scale solo con grande sforzo fisico ed estrema lentezza.

Ha al riguardo riferito che sin dall’anno 2012 aveva richiesto all’assemblea condominiale di deliberare in ordine all’installazione di un ascensore senza ottenere alcuna delibera favorevole.

Inoltre, l’uomo, essendo stato sottoposto ad un nuovo intervento chirurgico per un impianto di arto protesi totale, aveva chiesto nuovamente che fosse posto all’ordine del giorno dell’assemblea condominiale la richiesta di essere autorizzata ad installare a propria cura e spese un impianto elevatore.

Tale richiesta veniva respinta.

Il condominio, deduce, la piena disponibilità alla installazione alternativa di un impianto montascale ritenendo tale struttura meno invasiva rispetto all’assetto attuale dello stabile condominiale nonchè meno compressiva degli spazi comuni e pienamente in grado di supportare le esigenze di ridotta mobilità dell’interessato.

Il Tribunale osserva che l’installazione in un edificio in Condominio di un ascensore di cui esso sia sprovvisto – a cura e spese di uno dei condomini – va inquadrata nell’uso della cosa comune ex art. 1102 c.c., e quindi può essere consentita nella misura in cui non alteri la destinazione della cosa e non impedisca agli altri condomini di farne parimenti uso secondo il loro diritto.

La ratio della norma è quella di assicurare una qualificata maggioranza per l’approvazione di quelle innovazioni che necessariamente – per la impossibilità di utilizzazione separata -, devono gravare sulla totalità dei condomini, anche se dissenzienti.

E’ evidente, peraltro, che le modificazioni apportabili alla cosa comune in forza dell’art. 1102 c.c. possono costituire anche una innovazione (nell’accezione tecnico -giuridica usata nella richiamata norma dell’art. 1120 c.c.) ed in tal caso sono consentite anche al singolo condomino.

Il CTU ha concluso per la possibilità di installare un ascensore di taglia ridotta all’interno del vano scala dell’edificio, ciò all’esito di tutti gli accertamenti strumentali ritenuti opportuni (prospezioni nell’estradosso del solaio di calpestio del piano terra, sulla rampa e sul parapetto della scala, nel sottoscala, lungo le pareti del vano scala tra il piano terra e piano primo, lungo le pareti del corpo scala al piano terzo e nel pilastro in copertura accanto l’accesso al lavatoio condominiale, scansioni pacometriche per rilievo strutturale della geometria delle barre d’armatura; prelievo delle barre d’armatura per valutazione delle caratteristiche meccaniche; indagini endoscopiche; prove di resistenza del calcestruzzo e indagini termografiche).

Ha, in particolare, confermato “la fattibilità dell’installazione di un ascensore oleodinamico a misura ridotta quindi non di tipo normalizzato, per consentire l’accessibilità agli appartamenti del condominio anche a soggetti che hanno capacità motoria o sensoriale ridotta, con dimensioni massime pari a 650×1800 mm (così come definite nel progetto depositato), affinché sia garantita il mantenimento della larghezza minima della scala esistente pari a 80 cm. Tale dimensione , infatti, uguale a quelle delle porte d’ingresso delle singole unità immobiliari, consentirebbe di garantire un’idonea fruizione delle scale anche in caso di movimentazione in rotazione di barelle, casse da morto e mobilio ingombrante quali divani ecc, lungo tutta l’estensione delle scale……..il progettista strutturale dovrà valutare se è possibile realizzare un idoneo giunto strutturale mantenendo la struttura dell’ascensore in acciaio indipendente dall’edificio esistente (ovvero identificando l’intervento come “locale”) e che nel caso in cui non sia garantita tale possibilità, e la struttura di alloggiamento dell’ascensore venga collegata alle strutture esistenti per mezzo di piastre metalliche (quindi il castelletto venga staffato al fabbricato e le strutture non potranno considerarsi indipendenti) dovrà essere effettuata una verifica di stabilità globale, tenendo in considerazione l’intero edificio e verificandone la resistenza al sisma.”

Ed ancora “ la realizzazione dell’ascensore comporterà il taglio della scala esistente che è consigliabile eseguire su tutta la rampa, da pianerottolo a pianerottolo, mediante seghe a rotazione con dischi diamantati posizionate su guide metalliche fissate alle scale. In merito alla riduzione della larghezza delle rampe di scale da 106 a 80, non si applicano gli artt. 4.1.12 e 8.1.12 del D.M.236/89 nella parte in cui prevedono le dimensioni minime delle scale (almeno 1,20 m), né dell’ascensore e delle porte di piano (D.M. 236/89 avendo gli artt. 1 e 2 chiarito che tali disposizioni si applicano alle nuove costruzioni ed alle ristrutturazioni edilizie e non quindi nel caso di manutenzione straordinaria in edifici esistenti.”

Ciò posto, il Tribunale osserva che la collocazione dell’ascensore nel vano scala non compromette il decoro dell’edificio, né provoca un mutamento estetico tale da diminuirne i l valore economico e che secondo il principio di “solidarietà condominiale”, la Corte Costituzionale ha precisato che “la coesistenza di più unità immobiliari in un unico fabbricato implica di per sé il contemperamento, al fine dell’ordinato svolgersi di quella convivenza che è propria dei rapporti condominiali, di vari interessi, tra i quali deve includersi anche quello delle persone disabili all’eliminazione delle barriere architettoniche, oggetto, peraltro, di un diritto fondamentale che prescinde dall’effettiva utilizzazione, da parte di costoro, degli edifici interessati (Corte cost. sentenza 167 del 1999)”.

La realizzazione dell’impianto pretesa è pacifica in quanto la sua assenza comporta una barriera architettonica che incide in modo rilevante sulle facoltà di godimento del bene limitando prima ancora la possibilità di movimento e di vita dell’interessato.

Pertanto, l’attrice ha diritto di costruire nel vano scala a proprie spese l’impianto ascensore in conformità alle indicazioni tecniche fornite dal C.T.U.

Avv. Emanuela Foligno

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