Respinto il ricorso di un automobilista accusato di omicidio colposo per l’investimento e l’uccisione due pedoni in prossimità di un incrocio semaforico

Il conducente del veicolo può andare esente da responsabilità, in caso di investimento del pedone, non per il solo fatto che risulti accertato un comportamento colposo (imprudente o in violazione di una specifica regola comportamentale) del pedone (una tale condotta risulta, invero, concausa dell’evento lesivo, inidonea ad escludere la responsabilità del conducente, ai sensi dell’art. 41, comma l, cod. pen.), ma occorre che la condotta del pedone configuri, per i suoi caratteri, una vera e propria causa eccezionale, atipica, non prevista né prevedibile, che sia stata da sola sufficiente a produrre l’evento. Ciò che può ritenersi solo allorquando il conducente del veicolo investitore – nella cui condotta non sia ravvisabile alcun profilo di colpa, né generica né specifica – si sia trovato, per motivi estranei ad ogni suo obbligo di diligenza, nella oggettiva impossibilità di avvistare il pedone e di osservarne, comunque, tempestivamente i movimenti, attuati in modo rapido, inatteso, imprevedibile. Solo in tal caso, infatti, l’incidente può ricondursi eziologicamente esclusivamente alla condotta del pedone, avulsa totalmente dalla condotta del conducente ed operante in assoluta autonomia rispetto a quest’ultima.

Lo ha ribadito la Cassazione nella sentenza n. 29946/2020 pronunciandosi sul ricorso di un automobilista condannato in sede di merito per omicidio colposo aggravato dalla violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale.

Secondo la Corte di appello doveva essere condivisa l’affermazione di responsabilità del prevenuto, rispetto al sinistro in questione, atteso che risultava accertato che l’uomo, mentre percorreva, alla guida della propria vettura una via comunale, giunto in prossimità di un incrocio regolato da semaforo che in quel momento proiettava luce verde per l’automobilista, investiva i due pedoni mentre stavano attraversando sulla strisce pedonali la carreggiata da sinistra a destra; in conseguenza del violento urto i corpi erano stati sollevati di due metri da terra e sbalzati in avanti ed erano finiti addosso al marciapiede, riportando lesioni gravissime per le quali decedevano.

Il Collegio distrettuale evidenziava, conformemente alla ricostruzione del primo Giudice, che a carico dell’imputato erano stati individuati i seguenti elementi di colpa: essersi posto alla guida in stato di ebbrezza, con tasso alcolemico accertato di 1,49 gl e 1,42g1; non aver regolato la velocità in modo da evitare pericoli alle persone in centro abitato, nei pressi di un incrocio e attraversamento pedonale; aver tenuto una velocità eccessiva rispetto alle condizioni di tempo e luogo (condizioni di traffico sostenuto, pista ciclabile) e comunque superiore ai 50 km prescritti come limite massimo; aver omesso di dare la precedenza ai pedoni che stava attraversando sulle strisce pedonali, a causa del mancato funzionamento del semaforo dedicato ai pedoni e nonostante le buone condizioni di illuminazione della carreggiata, stante la presenza di tre lampioni e il cielo sereno, ne consentissero I ‘avvistamento.

Nel rivolgersi alla Suprema Corte, il ricorrente deduceva manifesta illogicità della motivazione e travisamento dei fatti con riferimento alla direzione di attraversamento dei pedoni da sinistra verso destra, avendo la Corte di appello omesso di motivare, in relazione alle doglianze contenute nell’atto di appello, volte a sostenere che la direzione di marcia fosse da destra verso sinistra e quindi l’investimento non fosse evitabile;  vizio di motivazione relativamente alla mancata individuazione quale causa interruttiva del nesso causale o in subordine di concausa, idonea a determinare l’ulteriore riduzione della pena, del mancato funzionamento del semaforo pedonale, posto sulla destra della carreggiata rispetto al senso di marcia dell’imputato; vizio motivazionale in considerazione del comportamento dei pedoni che avevano attraversato la carreggiata con il semaforo rosso e in modo obliquo e ciò in violazione dell’art. 190 CDS, ponendo in essere fatti imprevedibili per l’imputato idonei ad interrompere il nesso causale.

I Giudici Ermellini, tuttavia, hanno ritenuto inammissibili le argomentazioni proposte, respingendo il ricorso.

La Corte di Appello, così come il primo Giudice, nell’effettuare la ricostruzione della dinamica del sinistro, aveva infatti tenuto conto, con riferimento alla direzione di attraversamento dei pedoni da sinistra a destra, degli elementi offerti dal medico legale e in generale del tipo di lesioni riscontriate sul corpo delle vittime.

Il Giudice di secondo grado, inoltre, aveva affermato, coerentemente con le risultanze istruttorie che l’imputato, avendo la possibilità di vedere tempestivamente i pedoni, in considerazione delle condizioni di illuminazione della sede stradale e del cielo sereno, doveva procedere con le cautele necessarie, trattandosi di area cittadina in prossimità di incrocio, di un attraversamento pedonale, di una pista ciclabile e in condizioni di traffico sostenuto

Aveva inoltre valorizzato ai fini della qualificazione del comportamento colposo dell’imputato le sue condizioni di ebbrezza, che non gli avevano consentito una pronta reazione, in particolare di riuscire a fermarsi prima dell’investimento, e ciò sulla base non solo dal test alcolimetrico ma di quanto rilevato dai carabinieri intervenuti sul posto che notarono alito vinoso, occhi lucidi, linguaggio sconnesso, difficoltà a mantenersi in piedi.

La redazione giuridica

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