In caso di investimento stradale, anche in presenza di comportamenti irregolari da parte del pedone, il dovere di attenzione del conducente teso all’avvistamento dello stesso trova il suo parametro di riferimento nel principio generale di cautela

Era accusata di aver cagionato, per colpa consistita in imperizia, imprudenza, negligenza e inosservanza delle norme sulla circolazione stradale, la morte di un pedone. La donna, in particolare, alla guida della sua vettura avrebbe omesso di prestare particolare attenzione alla guida e di moderare la velocità nell’approssimarsi ad un attraversamento pedonale, nonché di mettere in atto le manovre necessarie ad evitare l’investimento della vittima, della quale nemmeno si avvedeva e che attraversava la strada sulle strisce pedonali o nelle loro immediate prossimità.

L’automobilista era stata condannata in sede di merito a 2 anni di reclusione, con pena sospesa e non menzione, per il reato di omicidio colposo.  

Nel ricorrere per cassazione l’imputata lamentava, tra gli altri motivi, vizio di motivazione in relazione alla mancanza di prova, al di là di ogni ragionevole dubbio, della sussistenza del nesso causale e dell’elemento soggettivo del reato. A suo giudizio la Corte territoriale non aveva assolutamente valutato l’incidenza della condotta del pedone quale concausa o causa sufficiente a determinare l’evento. Lo stesso consulente del Pubblico ministero, peraltro, dopo aver dato atto dell’inesistenza di dati relativi al comportamento del pedone aveva poi asserito che lo stesso avrebbe avuto andatura regolare, mentre in realtà dagli elementi acquisiti ve ne erano di tali da far presumere un’andatura più veloce di quella ipotizzata. L’uomo, nello specifico, si sarebbe precipitato ad attraversare la strada non avvedendosi del veicolo in arrivo, in quanto abbagliato dalla luce del sole.

La Suprema Corte, tuttavia, con la sentenza n 51147/2019 ha ritenuto infondata la doglianza dell’automobilista.

Secondo i Giudici Ermellini, infatti, la corte di appello, con motivazione logica e congrua, nonché corretta in punto di diritto aveva argomentatamente confutato la tesi difensiva secondo cui la conducente del veicolo investitore non avrebbe potuto in alcun modo evitare il sinistro, nonostante avesse prontamente frenato, in quanto la manovra del pedone sarebbe stata improvvisa, con tempo di esecuzione pari o inferiore al tempo di reazione.

Le prove acquisite, infatti, dimostravano esattamente il contrario, in quanto l’imputata, guidava l’autovettura in maniera distratta, a una velocità che, pur volendo prestar fede alla ricostruzione cinematica effettuata dal consulente tecnico della difesa, era prossima al limite massimo imposto dalla segnaletica verticale presente sul posto. Tale velocità si era rivelata inadeguata rispetto alla obiettiva situazione di pericolo visivamente segnalata anche dalle strisce orizzontali di attraversamento pedonale e razionalmente desumibile dalla presenza dei marciapiedi costeggianti la sede viaria.

Pertanto l’imputata aveva apertamente violato l’obbligo di ispezionare costantemente la strada, di mantenere sempre il controllo del veicolo e di prevedere tutte le situazioni di pericolo che la comune esperienza comprende.

A carico del conducente – spiegano dal Palazzaccio – è posto un particolare obbligo di attenzione nell’avvistamento del pedone, da calibrare in base alla situazione concreta, in modo da poter porre in essere efficacemente tutti i necessari accorgimenti atti a prevenire il rischio di un investimento.

Anche in presenza di comportamenti irregolari da parte del pedone, il dovere di attenzione del conducente teso all’avvistamento dello stesso, trova il suo parametro di riferimento nel principio generale di cautela che informa la circolazione stradale e si sostanzia, essenzialmente, nel dover prospettarsi le condotte irregolari altrui.

La redazione giuridica

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