Accolto il ricorso di una donna che chiedeva il risarcimento del danno patito per essere stata investita da un veicolo rimasto ignoto mentre era in bicicletta

Aveva convenuto in giudizio l’impresa assicuratrice designata quale esercente il Fondo di Garanzia per le Vittime della Strada, chiedendo di essere risarcita dei danni derivati da un sinistro. Nello specifico, la donna deduceva di essere stata investita da veicolo rimasto ignoto, mentre era in bicicletta, agganciata al cappotto e scaraventata al suolo dove era stata trovata in stato di incoscienza da alcuni passanti.

In sede di merito la domanda era stata rigettata sulla base dell’assenza di prove idonee a sostenere le tesi attrici, della mancanza di testimoni, dell’assenza di elementi atti a provare che il cappotto della vittima fosse stato tranciato dal veicolo che l’avrebbe fatta cadere. Per la Corte territoriale gli unici elementi probatori erano costituiti dalle dichiarazioni dei familiari riportanti reminiscenze della vittima in alcuni rari momenti di lucidità e che ciò non era sufficiente a ricondurre la responsabilità del fatto a soggetti terzi.

Nel rivolgersi alla Suprema Corte, la ricorrente eccepiva, tra gli altri motivi, la mancanza di un motivato dissenso da parte del Giudice di secondo grado dalle conclusioni dell’ausiliare. In particolare, la CTU aveva concluso nel senso dell’avvenuta verificazione del sinistro secondo le modalità descritte dall’attrice e dalla Polizia Giudiziaria in sede di indagini preliminari, con particolare riguardo alle condizioni della bicicletta e alla presenza di un foro sul cappotto indossato dalla danneggiata al momento del sinistro. Il CTU aveva in particolare sottolineato che tale foro era compatibile con l’altezza da terra del gancio della sponda del cassone di un motocarro Ape così come la dinamica dell’incidente come ricostruita dalle testimonianze era compatibile con i danni riportati dalla bicicletta.

Gli Ermellini, con l’ordinanza n. 7413/2021, hanno ritenuto la doglianza meritevole di accoglimento. La sentenza d’appello, in effetti, mancava di qualunque supporto motivazionale con riguardo agli elementi acquisiti al giudizio: in particolare taceva del tutto sul cappotto acquisito agli atti e sulla compatibilità del foro in esso presente con la dinamica dell’aggancio da parte di un rimorchio; nulla diceva, peraltro, sui danni riportati dalla bicicletta. In definitiva la motivazione era meramente apparente. Da lì la decisione di cassare la sentenza con rinvio per un nuovo esame del caso.

La redazione giuridica

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