La Cassazione specifica che la consulenza tecnica d’ufficio costituisce l’elemento istruttorio da cui è possibile trarre il “fatto storico”, rilevato e/o accertato dal consulente

La consulenza tecnica d’ufficio è un atto processuale che svolge funzione di ausilio del giudice nella valutazione dei fatti e degli elementi acquisiti (consulenza c.d. deducente) ovvero, in determinati casi (come in ambito di responsabilità sanitaria), assurge a fonte di prova dell’accertamento dei fatti (consulenza c.d. percipiente). Lo ha chiarito la Corte di Cassazione nell’ordinanza n. 12387/2020 pronunciandosi su una controversia tra due aziende operanti nel settore energetico.

La ricorrente, nel caso esaminato, denunciava la nullità della sentenza di merito in quanto la Corte territoriale, erroneamente, non aveva tenuto conto degli accertamenti e delle affermazioni della c.t.u. espletata in primo grado, pur riconoscendone la validità del contenuto, oltre a discostarsi dalla stessa senza rendere adeguate ragioni del dissenso. Inoltre, a detta dell’impugnante, il Collegio distrettuale aveva valutato illogicamente e contraddittoriamente gli esiti della c.t.u., con ciò omettendo l’esame su “fatti” decisivi per il giudizio.

La Suprema Corte, tuttavia, ha ritenuto inammissibili i motivi del ricorso.

Gli Ermellini hanno osservato come il codice di procedura civile, all’art. 360 primo comma, introduce un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo.

Ricorrendo tale fattispecie, l’impugnante deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua ” decisività”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie.

Le censure, nella specie, mancavano di evidenziare un “fatto storico” e decisivo, il cui esame era stato omesso, poiché non può ricondursi, di per sé, alla nozione di “fatto storico” la “consulenza tecnica d’ufficio” in quanto tale.

Il “fatto storico” di cui al menzionato articolo è accadimento fenomenico esterno alla dinamica propria del processo, ossia a quella sequela di atti ed attività disciplinate dal codice di rito che, dunque, viene a caratterizzare diversa natura e portata del “fatto processuale”, il quale segna il differente ambito del vizio deducibile, in sede di legittimità ai sensi dell’art 360 c.p.c..

La consulenza – specificano dal Palazzaccio – “costituisce l’elemento istruttorio da cui è possibile trarre il “fatto storico”, rilevato e/o accertato dal consulente, il cui esame il giudice del merito abbia omesso e che la parte è tenuta ad indicare sufficientemente”. Nel caso in esame, la società ricorrente non aveva evidenziato quale “fatto storico” decisivo avesse omesso di esaminare la Corte territoriale; da li la decisione di respingere il ricorso.

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