diligenza1Scrive un lettore, chiedendo un parere riguardo alle cure dentali alle quali si sta sottoponendo presso una clinica low cost: “…come posso fare pressione perché vengano effettuati degli interventi con diligenza e con materiali di qualità in quanto di due ricostruzioni, una (già trattata 2 volte) continua a far male e una si è rotta con parte del dente. Mi risulta che i contratti con prestazione siano legati a buona opera  (o qualcosa del genere).”
L’articolo 1176 del Codice Civile, al secondo comma, specifica con chiarezza che un professionista, nell’adempimento di una obbligazione inerente l’esercizio dell’attività professionale, deve agire con la diligenza commisurata alla natura della attività esercitata.
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Questo, ovviamente, vale anche per l’odontoiatra!

Ciò che si instaura con il paziente è un “contratto di cura”, una obbligazione per la quale, a fronte del pagamento di un corrispettivo, il curante deve fornire una prestazione eseguita con prudenza, perizia e diligenza, secondo le regole dell’arte della disciplina al momento in cui la terapia viene attuata.

Si tratta di una obbligazione “di mezzi” salvo che il professionista stesso, nell’informativa data al paziente prima delle cure, non vincoli il proprio operato al raggiungimento di un risultato condiviso. Vi sono prestazioni il cui risultato sembra coincidere con l’essenza della prestazione stessa, non fosse altro considerando la cronologia tra momento della esecuzione della cura e possibile fallimento della stessa.
Il caso che pone il lettore è abbastanza semplice: si sta sottoponendo, a quanto sembra, a cure conservative, per le quali mezzi e risultati, in tempi così ristretti quali quelli da lui appalesati, devono trovare corrispondenza.
Una otturazione o una ricostruzione dentale non devono vedere fallimento a distanza di pochi giorni o settimane dalla loro esecuzione. Una otturazione non si deve “staccare” e una ricostruzione non si deve fratturare a così breve distanza dalla sua realizzazione.
Certe sentenze di un recente passato hanno considerato che “trattamenti eseguiti di routine”, quali ad esempio quelli di conservativa, possano essere considerati “trattamenti di facile esecuzione”.
Ciò non sempre è vero ma, di sicuro, il fallimento di più prestazioni a così breve distanza di tempo dalla loro realizzazione pone dei quesiti.
I quesiti sono esattamente quelli che si pone il lettore:

  • Gli interventi sono stati eseguiti con diligenza?
  • I materiali usati sono di buona qualità?

A questi possiamo aggiungere:

  • La perizia con cui sono state eseguite le cure era sufficiente?

Non intendo rispondere direttamente a tali domande perché, dal momento che ogni caso deve essere valutato con prudenza e accuratezza e, soprattutto, con riferimento al caso di specie, con tutte le sfaccettature che lo contraddistinguono, ogni valutazione sarebbe azzardata.
Apprezzabile è l’atteggiamento del lettore, che non si pone in conflitto con il curante ma che, a fronte di ripetute rotture o presenza di dolore, vorrebbe richiamarlo a condotta più attenta e, giustificando intrinsecamente il suo operato, si pone l’interrogativo sulla qualità dei materiali utilizzati.
La più comune critica che viene rivolta “genericamente” all’operato dei centri low cost è che, le prestazioni devono essere eseguite spesso in tempi ristretti e questo non giova alla riuscita dell’intervento stesso.
L’insoddisfazione di alcuni pazienti che si curano in centri di questo tipo può essere ascritta, però, ad altro fattore, di grande rilevanza. La mancanza, spesso, del tempo necessario alla opportuna descrizione delle cure e delle possibili complicanze o dei semplici fastidi derivanti dalle cure stesse, ancorché ben eseguite, porta il paziente a contrarietà anche soltanto verso piccoli problemi risolvibili.
Qual è la soluzione del caso presentato dal lettore?
Auspicabilmente il curante dovrebbe riuscire, con una esauriente informativa sul caso specifico, e con i provvedimenti atti a risolvere le problematiche in essere, a portare a termine il trattamento secondo le regole dell’arte.
Diversamente, o per esempio, venendo meno la fiducia del paziente, occorre valutare:

  • se vi sia soltanto l’inadempimento
  • o se vi sia anche la presenza di danni biologici in relazione alle cure considerate

Nel primo caso la soluzione è strettamente legata alle figure del curante e del paziente in quanto la restituzione del corrispettivo per inadempimento è in capo al professionista ed ogni altra soluzione transattiva dipende direttamente da loro.
Nel secondo caso entra in gioco la copertura assicurativa per responsabilità civile professionale dell’odontoiatra atta a manlevarlo dai danni causati al paziente.
Come possiamo notare, l’atteggiamento del lettore è ancora assolutamente disponibile e la soluzione di ogni problematica esistente o l’inasprimento di un rapporto, saranno legati, non soltanto alla migliore diligenza auspicata ma (oltre alla miglior perizia terapeutica), al dialogo che verrà intrapreso e, quindi, all’efficacia della comunicazione che si instaurerà fra le due figure del paziente e del curante.
Per una buona comunicazione, però, oltre alla disponibilità di carattere e alle doti personali, è necessario l’investimento di tempo che, non sempre, le logiche imprenditoriali consentono e che, al contrario, non deve essere considerato “tempo perso” ma il miglior investimento verso il nostro paziente.
La Carta di Firenze, all’articolo 5, recita: “Il tempo dedicato all’informazione, alla comunicazione e alla relazione è tempo di cura.”

Marco Brady Bucci

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