La funzione di solidarietà dell’assegno divorzile

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Il Tribunale di Latina ha rigettato la domanda di corresponsione di assegno divorzile in favore della moglie e ha determinato in 1.000 euro la misura dell’assegno di mantenimento della figlia, ripartendo le spese straordinarie al 50% tra i genitori.

La Corte di Appello di Roma ha rigettato l’appello della ex moglie ritenendo non sussistenti i presupposti per la concessione dell’assegno divorzile, né quanto alla componente assistenziale, né quanto alla componente compensativo-retributiva. La donna, infatti, non ha provato né di avere subito un pregiudizio dipendente dalle scelte assunte durante la vita matrimoniale, né di avere contribuito alla crescita del patrimonio comune, essendo l’apporto patrimoniale dell’ex coniuge di natura iure hereditatis, così rigettando le ulteriori richieste istruttorie.

La questione finisce al vaglio della Suprema Corte dove la donna lamenta, in sintesi, la mancata adozione di indagini patrimoniali in capo al marito onde comprendere la effettiva consistenza reddituale e patrimoniale. Deduce, inoltre, la donna di avere provato il suo stato di disoccupazione e l’impossibilità di procurarsi strumenti di sostentamento, dovute anche al fatto che si era dovuta occupare della famiglia. Censura, pertanto, la decisione nella parte in cui ha ritenuto insussistenti i presupposti in relazione alla componente assistenziale dell’assegno divorzile.

Le due censure sono fondata e vengono accolte.

L’assegno divorzile ha una funzione sia compensativo-perequativa

Ricorda la Suprema Corte che l’assegno divorzile, stante la sua funzione di attuazione del principio di solidarietà a tutela del coniuge debole, assolve una funzione sia compensativo-perequativa della perdita di chances reddituali del coniuge, sia puramente assistenziale (Cass., n. 4328/2024).

Questo significa che il Giudice di merito deve valutare la mancanza di mezzi adeguati a soddisfare le normali esigenze di una vita autonoma e dignitosa e la diligenza spesa per procurarseli in concreto e all’attualità, tenendo conto delle condizioni personali e di salute del coniuge richiedente (in tal senso viene richiamata Cass., n. 13420/2023).

L’accertamento, quindi, deve essere finalizzato a scandagliare se vi sia, oppure no, inadeguatezza dei mezzi dell’ex coniuge istante, nonché l’impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive, elementi che risultano, pertanto, necessari sia per stabilire l’esistenza dei presupposti nell’an dell’assegno, sia per la quantificazione dello stesso, dovendosi procedere a una valutazione comparativa delle condizioni economico-patrimoniali delle parti, tenendo conto del contributo fornito dal richiedente alla conduzione della vita familiare ed alla formazione del patrimonio comune, nonché di quello personale di ciascuno degli ex coniugi, in relazione alla durata del matrimonio ed all’età dell’avente diritto.

La Corte di Roma, pur avendo accertato che la donna fosse priva di occupazione, non ha tratto la conseguenza della mancanza – ai fini della componente assistenziale dell’assegno di divorzio – di adeguati mezzi di sostentamento, concentrandosi sulla assenza di prova di aver subito un sacrificio personale di natura reddituale causato dalle comuni scelte di vita familiare, che attiene invece alla componente compensativa dell’assegno. La sentenza va, pertanto, cassata con rinvio, affinché il giudice del rinvio effettui un nuovo esame dei presupposti per la concessione dell’assegno divorzile quanto alla sua componente assistenziale.

Il ricorso viene pertanto accolto in relazione (Corte di Cassazione, I civile, ordinanza 27 gennaio 2025, n. 1889).

Avv. Emanuela Foligno

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