Pubblico impiego: l’assenza per malattia può essere giustificata e comunicata soltanto nelle forme, inderogabili, previste dalla legge; ma è legittimo il licenziamento se il datore di lavoro non riceve il certificato medico per causa non imputabile al lavoratore?

La vicenda

L’esponente dichiarava di aver lavorato alle dipendenze del MIUR, in qualità di assistente tecnico a partire dal 1° settembre 2005 e che il 10 gennaio del 2018 gli veniva comunicato il licenziamento.

Durante il periodo di ferie estive e precisamente il giorno prima del suo ultimo giorno di congedo, accusò una colica renale acuta. Rivoltosi al proprio medico curante, ottenne una prognosi di giorni sette di riposo a letto e cure. Tuttavia, per problemi attinenti alla comunicazione telematica, il certificato medico non pervenne all’Istituto.

L’odierno ricorrente venne però a conoscenza di tale circostanza soltanto una settimana dopo, essendo avvertito telefonicamente dal responsabile dell’ufficio personale della scuola. Chieste giustificazioni al proprio medico, il ricorrente apprese che effettivamente questi non aveva inoltrato il certificato per problemi attinenti alla trasmissione telematica. L’indomani, il predetto, munito di copia cartacea del suddetto certificato, recandosi presso l’Istituto scolastico, cercò di consegnarne copia al Dirigente scolastico, ma il responsabile dell’ufficio personale, rifiutò di ricevere il documento. Soltanto alcuni giorni dopo riuscì infine ad incontrare il Dirigente per rappresentargli l’accaduto.

Senonché, successivamente, il dipendente veniva licenziato con preavviso, ai sensi dell’art. 55 quater, co. 1 lett. b del d. lgs. 165/2001.

Senza dubbio era stato violato l’obbligo di giustificare e comunicare alla scuola la propria assenza per malattia con conseguente fondatezza della sussistenza dei fatti addebitati quali condotte disciplinarmente rilevanti.

La Corte di Cassazione ha infatti avuto modo di precisare che ai sensi dell’art. 55 quater, lett. b), del d.lgs. n. 165 del 2001, l’assenza per malattia è priva di rilievo disciplinare non se è solo “esistente od è (anche) comunicata ma quando è “giustificata” nelle forme, inderogabili, previste dall’art. 55 septies, comma 1, sicché solo se sia stata attestata da certificazione medica rilasciata da una struttura sanitaria pubblica o da un medico convenzionato con il Servizio Sanitario Nazionale (Cass. 17335/2016).

Il licenziamento disciplinare e la normativa sul pubblico impiego

L’ art. 55 quater c. 1 D. Lgs.161 del 2001 richiamato nella motivazione del licenziamento disciplinare dispone che, “ferma la disciplina in tema di licenziamento per giusta causa o per giustificato motivo e salve ulteriori ipotesi previste dal contratto collettivo, si applica comunque la sanzione del licenziamento disciplinare nei seguenti casi:… lett. b) assenza priva di valida giustificazione per un numero di giorni, anche non continuativi, superiore a tre nell’arco di un biennio o comunque per più di sette giorni nel corso degli ultimi dieci anni ovvero mancata ripresa del servizio, in caso di assenza ingiustificata, entro il termine fissato dall’amministrazione”.

Il successivo art. 55 septies disciplina i “controlli sulle assenze'” del pubblico dipendente e prescrive che “1. Nell’ipotesi di assenza per malattia protratta per un periodo superiore a dieci giorni, e, in ogni caso, dopo il secondo evento di malattia nell’anno solare l’assenza viene giustificata esclusivamente mediante certificazione medica rilasciata da una struttura sanitaria pubblica o da un medico convenzionato con il Servizio sanitario nazionale. 2. In tutti i casi di assenza per malattia la certificazione medica é inviata per via telematica, direttamente dal medico o dalla struttura sanitaria che la rilascia, all’Istituto nazionale della previdenza sociale, secondo le modalità stabilite per la trasmissione telematica dei certificati medici nel settore privato dalla normativa vigente, e in particolare dal decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri previsto dall’articolo 50, comma 5-bis, del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 36, introdotto dall’articolo 1, comma 810, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e dal predetto Istituto é immediatamente resa disponibile con le medesime modalità, all’amministrazione interessata (…). Il medico o la struttura sanitaria invia telematicamente la medesima certificazione all’indirizzo di posta elettronica personale del lavoratore qualora il medesimo ne faccia espressa richiesta fornendo un valido indirizzo.

In altre parole, sulla scorta del dato testuale è agevole comprendere che l’assenza è ingiustificata quando non è “giustificata” nelle forme inderogabili prescritte dalla legge.

Tanto premesso, però, il Tribunale di Siracusa (Sezione Lavoro, sentenza n. 1277/2019) ha accolto il ricorso del dipendente ritenendo fondata la censura relativa alla sproporzione della sanzione irrogata.

La regola della proporzionalità tra fatto e sanzione si rinviene per l’illecito disciplinare nell’art. 2106 c.c. richiamato dall’art. 55 co. 2 d.lgs 165/01 (“Ferma la disciplina in materia di responsabilità civile, amministrativa, penale e contabile, ai rapporti di lavoro di cui al comma 1 si applica l’articolo 2106 del codice civile”).

In applicazione di tale principio il Giudice, e ancor prima l’Amministrazione, sono chiamati a valutare da un lato la gravità dei fatti addebitati al lavoratore in relazione alla portata oggettiva e soggettiva, alle circostanze nelle quali sono stati commessi e all’intensità dell’elemento intenzionale, dall’altro la proporzionalità tra tali fatti e la sanzione inflitta, stabilendo se la lesione dell’elemento fiduciario su cui si basa la collaborazione del prestatore di lavoro sia in concreto tale da giustificare o meno la massima sanzione disciplinare.

Il principio di proporzionalità tra fatto contestato e sanzione

Ebbene tale valutazione residua in capo al Giudice, nonostante l’art. 55 quater d.lgs. 165/01 abbia introdotto una tipizzazione di fatti illeciti per i quali è prevista l’applicazione del licenziamento, poiché, come evidenziato dalla giurisprudenza di legittimità (Cass. 1351/2016; 18326/2016) non può ritenersi l’automaticità della sanzione espulsiva.

Nel caso in esame, tenuto conto delle risultanze dell’attività istruttoria, la sanzione espulsiva è stata ritenuta non proporzionata rispetto al fatto contestato.

Ed infatti era emerso che la mancata trasmissione del certificato medico telematico fosse imputabile esclusivamente al medico, per il quale la norma di legge prevede anche la grave sanzione della decadenza dalla convenzione.

La decisione

E’ vero quanto sostenuto dall’Amministrazione scolastica, ovvero che il dipendente ha anche un autonomo obbligo di comunicare l’assenza e di vigilare sul rispetto dell’obbligo di trasmissione telematica da parte del medico curante (tanto che la norma prevede che ove il dipendente ne faccia espressa richiesta il medico inoltri la comunicazione anche al suo indirizzo pec.), tuttavia sotto il profilo dell’elemento soggettivo non poteva non rilevarsi la mancanza di intenzionalità dell’illecito: ed infatti non appena aveva ricevuto la notizia della mancata trasmissione telematica del certificato il lavoratore si era recato a scuola, esibendo il certificato medico in formato cartaceo, e aveva chiesto di essere ricevuto dal Dirigente Scolastico per chiarire immediatamente la propria posizione, ma non vi era riuscito a causa degli impegni professionali di quest’ultimo negli scrutini degli esami di riparazione.

Per tutte queste ragioni, nonostante la condotta addebitata al ricorrente integrasse chiaramente gli estremi dell’art. 55 quater come fattispecie di illecito disciplinare punibile con il licenziamento, le circostanze del caso concreto hanno portato il giudice siciliano ad escludere l’esistenza di una gravità tale da legittimare la massima sanzione espulsiva.

In definitiva il ricorso è stato accolto e il licenziamento  annullato, con reintegra del dipendente nel posto di lavoro precedentemente occupato.

La redazione giuridica

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