La Corte di Cassazione fa il punto sulla liquidazione dei compensi per gli avvocati specificando che i criteri da seguire sono quelli del D.M. n. 55/2014

La Corte di Cassazione, seconda sezione civile, nell’ordinanza n. 21487/2018 ha fornito degli importanti chiarimenti in merito alla liquidazione dei compensi per gli avvocati.

Per gli Ermellini, nel regolare le spese di causa, quindi nella liquidazione dei compensi agli avvocati, il giudice deve attenersi ai criteri dettati dal d.m. n. 55/2014 che prevale sul D.M. n. 140/2012 nel rispetto del principio di specialità.

La vicenda

Nel caso di specie, dinanzi alla Cassazione si era contestata la decisione della Corte d’Appello per aver, in violazione del d.m. n. 55/2014, liquidato il rimborso spese agli avvocati al di sotto del minimo legale, relativamente alla fase di rinvio.

La Corte, non condividendo l’opposta opinione sul punto, ha ritenuto che il citato decreto del Ministero della Giustizia n. 55/2014, nella parte in cui determina un limite minimo ai compensi tabellarmente previsti (art. 4) possa considerarsi derogativo del decreto n. 140, emesso dallo stesso Ministero il 20/7/2012.

Quest’ultimo, al suo art. 1, comma 7, dispone quanto segue.

“In nessun caso – si legge – le soglie numeriche indicate, anche a mezzo di percentuale, sia nei minimi che nei massimi, per la liquidazione del compenso, nel presente decreto e nelle tabelle allegate, sono vincolanti per la liquidazione stessa”.

A questo proposito, gli Ermellini ricordano che il d.m. n. 140 è stato emanato allo scopo di favorire la liberalizzazione della concorrenza e del mercato, adempiendo alle indicazioni della UE. A questo proposito, sono stati rimossi i limiti massimi e minimi, così da lasciare le parti contraenti libere di pattuire il compenso per l’incarico professionale.

Per contro, il giudice resta tenuto a effettuare la liquidazione giudiziale nel rispetto dei parametri previsti dal d.m. n. 55.

Quest’ultimo non prevale sul d.m. n. 140 per ragioni di mera successione temporale, bensì nel rispetto del principio di specialità.

Non è il d.m. n. 140 a prevalere, infatti, ma il d.m. n. 55, il quale detta i criteri ai quali il giudice si deve attenere nel regolare le spese di causa (cfr., Cass. n. 1018/2018).

Nel caso di specie, inoltre, l’intervento del giudice aveva riguardato il caso in cui fra le parti non fosse stato preventivamente stabilito il compenso o fosse successivamente insorto conflitto.

Alla luce del fatto che la liquidazione effettuata dalla Corte locale per la fase di rinvio si pone al di sotto dei limiti imposti dal d.m. n. 55, tenuto conto del valore della causa e pur applicata la riduzione massima, occorre procedere a una riliquidazione.

La decisione riguardante la liquidazione dei compensi degli avvocati ha raccolto il plauso del Consiglio Nazionale Forense.

A tal proposito, il presidente, Avv. Andrea Mascherin ha dichiarato quanto segue.

“La Cassazione ribadisce il divieto di deroga ai limiti minimi previsti (ora in modo ancor esplicito) dai parametri, considerati norma speciale. Assieme alle prime delibere delle Regioni per l’applicazione dell’equo compenso, si inizia a ricostruire la tutela del compenso decoroso e quindi equo”.

Mascherin ha poi sottolineato come l’ordinanza abbia consolidato l’orientamento giurisprudenziale che sancisce l’illegittimità dei compensi ove tali da violare il decoro professionale, affermato già nel 2015 e nel 2016 dalla Corte di Giustizia Europea (sentenza 8/12/2016), dalla Cassazione (sentenza n. 25804/2015, ordinanza n. 24492/2016) e dalla Giustizia Amministrativa (sentenza TAR Sicilia n. 3057/2016, 334/2017 e TAR Lombardia n. 902/2017).

 

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