I dati del Ministero della Salute, secondo il Sindacato, smentiscono il nesso tra l’attività intramoenia e il problema delle liste di attesa

Una chiara e pubblica smentita delle demagogiche argomentazioni contro i medici e l’esercizio dell’intramoenia. Così il Sindacato dei Medici, CIMO, sui dati della relazione sulla libera professione del Ministero della Salute. Dal documento emergere, infatti, che nonostante la diminuzione delle prestazioni in intramoenia, aumentano i guadagni delle aziende ospedaliere sulle stesse attività. Mentre le liste di attesa continuano ad essere lunghissime.

La Relazione evidenzia – sottolinea CIMO – che negli ultimi 5 anni il numero di medici che esercitano la libera professione si è ridotto del 12,8%. Così come diminuisce del 18,4% il guadagno per il professionista nelle attività di libera professione. In particolare, “al netto di tasse e balzelli alle strutture ospedaliere, un medico riceve il 30% di quanto paga il paziente”.  Al contempo, però, sono aumentati del 35% i ricavi da libera professione a favore delle aziende sanitarie. Maggiori ricavi che, secondo il Sindacato, “avrebbero dovuto essere destinati alla riduzione delle liste di attesa e di cui invece non si conosce la destinazione”.

Lo scenario, quindi, sarebbe ben diverso da quello prefigurato da chi vuole abolire del tutto l’istituto della libera professione a favore della sanità privata.

In particolare, per CIMO, non è possibile non rilevare che ci troviamo di fronte a una incontrovertibile dicotomia. Quella tra riduzione del numero di medici e guadagni dei professionisti, da una parte, e incremento sempre costante degli incassi a favore delle aziende, dall’altra. “Una combinazione perfetta per risultare un ‘affare’ per queste ultime”.

Il sindacato si chiede a questo punto: “se tra il 2011 e il 2016 il saldo attivo per le aziende sanitarie è stato di 1.297.649 euro, come è stato utilizzato? Per ridurre, come previsto, i tempi di attesa, per migliorare gli aspetti organizzativi e di accoglienza, per ammodernare le tecnologie dedicate esclusivamente alla libera professione? E dove sarebbero i risultati?”

“Sono questi gli aspetti che la relazione al Parlamento dovrebbe analizzare – afferma il Presidente Nazionale di CIMO, Guido Quici –. Si tratta di elementi che necessitano di assoluta trasparenza di fronte agli operatori sanitari e ai cittadini”.

“I dati – continua Quici – dimostrano che la libera professione ha una valenza decisamente marginale per molte regioni. Certo, è facile individuare una categoria professionale da attaccare e perseguire la strada della demagogia per evitare di dire ai cittadini che non si è più in grado o non si vuole più assicurare adeguati livelli di assistenza. Preparandosi magari a far pagare alla sanità pubblica il costo di futuri interventi a copertura dei conti pubblici, oggi dirottati su altre politiche sociali poco sostenibili ma più remunerative a livello elettorale”.

 

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