Una riflessione alla sentenza della Corte di Appello di Lecce n° 45/2016 : niente risarcimento al pedone che conosce la strada

Tale riflessione nasce dalla lettura della sentenza della Corte di Appello di Lecce n° 45/2016 che se da un lato, e in parte, percorre un costante indirizzo giurisprudenziale, dall’altro lascia perplesso lo scrivente in quanto rifletto sul seguente fatto: “Ma non esiste per il Comune l’obbligo a manutenere adeguatamente le strade? Non esiste per il cittadino che paga le tasse (e quante ahimè!) il diritto ad avere le strade senza buche e senza dissesti vari?”.

Ma perché si pagano le tasse, per mantenere i politici o per una migliore qualità di vita di TUTTI I CITTADINI?
E’ pensabile che un cittadino debba camminare a testa bassa per controllare l’esistenza di dissesti (anche se minimo ma efficiente a creare pericolo) che potrebbero procurargli un danno alla salute? Ma che qualità di vita è questa?
Il legislatore ci pensa ai danni alla colonna cervicale in soggetti che camminano a testa bassa (e non solo!)?

Dunque la giurisprudenza sostiene la tesi che se NON esiste insidia e trabocchetto non esiste la responsabilità, e se il pedone non è attento (ossia diligente e prudente) è punito per questa disattenzione. Ma se da un lato è condivisibile la necessità della diligenza del pedone (ma non in maniera eccessiva), è anche vero che una strada “insidiosa” non deve dapprima esistere (in quanto andrebbe chiusa) e dopo impedire al cittadino di rivolgere lo sguardo al cielo per ammirarne la bellezza!

Insomma viviamo in una specie di paese dove:
– si possono creare dissesti, ma non si ha l’obbligo di sistemarli;
– dove gli amministratori dilapidano in vario modo i denari pubblici e non restituiscono gli stipendi presi se creano danni;
– se la gente vive in una strada dissestata non può farsi male perché non viene risarcita.

Io riflettendo su tale “inferno” mi sento “bruciato” gravemente, e mi sento di condividere il pensiero del simpatico e colto giurista Gennaro Francione il quale sostiene che è il cittadino che deve fare le leggi…!

In breve riepilogo le motivazioni della corte di Appello che scaricano la responsabilità sul ragazzo “disattento”:

Chi s’infortuna a causa della caduta in una buca non ha diritto al risarcimento se:

– quella strada la conosce bene poiché la percorre spesso;
– se il tratto di strada al momento dell’incidente si presenta illuminato,
– se lo stesso adolescente ammette di essere spesso distratto;
– se nel referto medico compilato dopo la caduta non ne viene indicata la causa.

Il giudice di Appello dunque ha confermano la pronuncia di primo grado ricordando che circa la responsabilità per danni causati dalle cose in custodia, ex art. 2051 c.c., “l’attore che agisce ha l’onere di provare l’esistenza del rapporto eziologico tra la cosa e l’evento lesivo, mentre il custode convenuto, per liberarsi dalla sua responsabilità, deve provare l’esistenza di un fattore estraneo alla sua sfera soggettiva, idoneo a interrompere quel nesso causale”.

La conseguenza? Appello rigettato con condanna del ragazzo anche alle spese di lite.

Insomma “cornuto e mazziato”!

Carmelo Galipò

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