La Malattia di Lyme è una delle principali patologie trasmesse dal morso della zecca e può costituire un rischio serio per la nostra salute

Non tutti la conoscono, ma la Malattia di Lyme è un’infezione piuttosto pericolosa, causata dal batterio Borrelia burgdorferi, che si trova comunemente in animali come topi e cervi.
Le zecche Ixodes, però, possono infettarsi con i batteri quando mordono un animale infetto, per poi trasmetterlo a un essere umano che può così contrarre la Malattia di Lyme.
Per evitare il contagio, cosa fare quando si viene morsi da una zecca?

Prima di tutto, è fondamentale rimuovere l’animale il prima possibile e nel modo corretto.

La zecca va infatti tirata via dolcemente con una pinzetta, senza schiacciarne il corpo e senza toccarla a mani nude. Se la bocca dell’animale resta attaccata al punto in cui ci ha morso, va rimossa con un ago sterile.
Per quanto riguarda il trattamento antibiotico, invece, è opportuno attendere.  Questa infezione su base batterica, come ha ricordato uno studio pubblicato lo scorso anno su Nature, è sempre più diffusa in Europa a causa dei cambiamenti climatici globali, e in Italia è molto presente soprattutto nel Nord-est.
La malattia di Lyme – ha dichiarato il dottor Giovanni Rezza, direttore del Dipartimento di Malattie Infettive parassitarie e immunomediate dell’istituto Superiore di Sanità – non è comunque l’unica malattia trasmessa dalle zecche. La zecca del bosco, per esempio, la stessa che trasmette la malattia di Lyme, in alcune zone è in grado di trasmettere anche l’encefalite da zecca (una malattia virale), mentre la zecca del cane, soprattutto nell’Italia meridionale e insulare, può trasmettere la Rickettsiosi, anche conosciuta come febbre bottonosa del Mediterraneo. Anche in questo caso la sintomatologia è simil influenzale e in un basso numero di casi, la malattia è letale nelle persone con precarie condizioni di salute”.
Rezza ha poi sottolineato come, al momento “non esiste ancora in Europa, purtroppo, un vero e proprio sistema di sorveglianza della malattia di Lyme, per cui le dimensioni del fenomeno sono al momento difficili da quantizzare”.

Ma qual è la sintomatologia legata alla Malattia di Lyme?

Se la zecca che morde è portatrice del batterio Borrelia, in circa un 5% di casi vi è la possibilità di ammalarsi di tale malattia. Quando la zecca punge (in maniera indolore in un 70% di casi), resta attaccata alla cute per poter succhiare il sangue e le occorrono 12 ore per digerire il sangue umano e riversare i prodotti della digestione – e quindi anche la Borrelia – nel circolo ematico dell’ospite.
Per tale ragione il rischio contaminazione è nullo se si stacca la zecca dalla cute prima delle 12 ore dal momento della puntura e massima se non si stacca entro le 36 ore. Fatto quello, sarebbe importante monitorare il paziente per almeno 30-40 giorni.

Inutili gli esami di laboratorio: nelle 4-6 settimane successive alla puntura, la ricerca nel sangue degli anticorpi antiborellia risulterà negativa in ogni caso.

“Esami più sofisticati, di tipo molecolare, non sono praticati di routine e non sono probabilmente utili nel periodo asintomatico”, ha dichiarato il dottor Rezza.
Se nei 30-40 giorni successivi alla puntura si nota lo sviluppo del cosiddetto eritema migrante (una lesione cutanea arrossata di forma anulare, più chiara al centro, con un diametro che può raggiungere anche i 10-50 cm e comparire, migrando, anche su altre parti del corpo) insieme a febbre superiore a 38°, mal di testa, astenia, è indispensabile iniziare subito il trattamento antibiotico con somministrazione o di doxiciclina 100 mg due volte al giorno o di amoxicillina 500 mg 3 volte al dì per 10-21 giorni.

E quando invece la diagnosi non è immediata, che rischi si corrono?

In questo caso, la risoluzione della sintomatologia diventa davvero difficile. Studi recenti hanno tentato di capire se un trattamento antibiotico sul lungo termine possa migliorare le condizioni di pazienti la cui diagnosi intempestiva ha provocato dei danni. A loro, è stata somministrata per bocca un ciclo di terapia di 12 settimane di doxiciclina, claritromicina e idrossiclorochina o placebo e tutti, in precedenza, avevano ricevuto ceftriaxone per via endovenosa.
Dai risultati di questo studio sembrerebbe che in caso di sintomi persistenti legati alla malattia di Lyme, un trattamento antibiotico sul lungo termine non donerebbe effetti benefici aggiuntivi sulla qualità della vita, rispetto a quanto si può ottenere con un trattamento antibiotico a breve termine.
Da qui l’importanza, fondamentale, di una diagnosi tempestiva.
 
 
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