Se le lesioni derivano dallo svolgimento dei compiti, per il principio di eguaglianza, anche la malattia professionale deve essere tutelata come un infortunio, a prescindere dal ruolo militare o civile

“Ai fini del giudizio sull’ordinarietà, o meno, del rischio corso dai soggetti considerati nello svolgimento delle loro attività istituzionali – e, nello specifico, in relazione all’esposizione all’azione di sostanze nocive come le fibre di amianto – la valutazione giudiziale dovrà assumere, all’occorrenza, anche una prospettiva diacronica: deve, in altri termini, essere formulata anche ora per allora, con riferimento cioè alle maggiori conoscenze oggi disponibili ed ai più elevati standard protettivi oggi assicurati agli appartenenti alla stessa categoria di lavoratori”, in tali termini si è espressa la Suprema Corte (Cass. Civ., Sez. Lav., Ordinanza n. 823/2021 del 19 gennaio 2021).

Gli eredi del lavoratore deceduto rivendicavano gli indennizzi di legge assumendo che il lavoratore decedeva per tumore polmonare riconducibile a esposizione all’amianto presente nelle navi militari a bordo delle quali aveva svolto mansioni in qualità di dipendente civile del Ministero della Difesa.

La Corte d’Appello di Genova rigettava il gravame, pur accertando che la malattia denunciata era collegata a causa lavorativa, sosteneva che, per potersi integrare la fattispecie relativa alle vittime del dovere fosse necessaria la condizione della particolarità delle condizioni ambientali, o operative, in cui il soggetto prestava l’attività e che la nozione di missione non poteva assimilarsi all’espletamento delle normali mansioni.

La vicenda approda in Cassazione ove viene contestata l’interpretazione svolta del concetto di “missione di qualunque natura” della L. 266/2005, che invece andrebbe interpretato nel senso di ogni scenario possibile in cui il dipendente si sia trovato ad operare ivi comprese le particolari condizioni ambientali e/o operative.

Nello specifico, le condizioni ambientali e operative, secondo i ricorrenti, andrebbero verificate valutando l’attività di servizio con i parametri attuali e non quelli del tempo.

Inoltre, viene lamentato che la sentenza impugnata erroneamente ha ritenuto applicabile la disciplina solo al personale militare e non a quello civile.

Gli Ermellini ritengono il ricorso fondato.

La L. 266/2005 non comprende solo singoli eventi lesivi di tipo traumatico (infortuni), in quanto si riferisce ad “infermità permanentemente invalidanti o alle quali consegua il decesso”.

La formula della legge è ampia e deve ricomprendere anche la malattia professionale: “sarebbe del tutto irrazionale, e in violazione del principio di eguaglianza, ammettere che un trattamento sfavorevole sia riservato ai lavoratori che abbiano contratto malattie professionali rispetto a quelli che abbiano subito un infortunio, in presenza delle altre condizioni valevoli a ricondurre entrambi gli eventi allo svolgimento dei compiti di istituto”.

Pertanto, il concetto di “particolari condizioni ambientali od operative” può verificarsi anche nell’ipotesi, da accertarsi volta, per volta, in concreto, dell’esposizione di amianto a bordo di navi militari.

Ne deriva che “vittime del dovere” sono anche i lavoratori civili/militari affetti da malattie professionali che sono da ricomprendersi a tutto gli effetti alle vittime di cui all’art. 1, comma 564, L.266/2005.

Relativamente al concetto di “missione di qualunque natura” indicato dalla legge gli Ermellini osservano che lo stesso “deve essere considerato in relazione allo svolgimento dei compiti istituzionali, mentre quello di “particolari condizioni ambientali od operative” deve essere considerato alla luce del rispetto di tutte le regole dettate dall’ordinamento in relazione alla tutela della salute dei lavoratori; nella prospettiva assistenziale solidaristica che viene in rilievo, ai fini del giudizio sull’ordinarietà o meno del rischio corso dai soggetti considerati nello svolgimento delle loro attività istituzionali – e, nello specifico, in relazione all’esposizione all’azione di sostanze nocive come le fibre di amianto – la valutazione giudiziale dovrà assumere, all’occorrenza, anche una prospettiva diacronica: deve, in altri termini, essere formulata anche ora per allora, con riferimento cioè alle maggiori conoscenze oggi disponibili ed ai più elevati standard protettivi oggi assicurati agli appartenenti alla stessa categoria di lavoratori.”

La valutazione ora per allora si rende necessaria per evitare diseguaglianze.

Difatti, si pensi al paradosso per cui ai lavoratori che si siano ammalati per aver operato in condizioni di maggior rischio non venga corrisposto nessun indennizzo quando, per ipotesi, il modello di svolgimento dell’attività lavorativa allora praticato, pur in sé lecito, ma pericoloso, non fosse tale da scongiurare il rischio di insorgenza di una determinata malattia professionale.

Sulla scorta di tali motivazioni la Suprema Corte accoglie il ricorso.

Avv. Emanuela Foligno

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