Il Tribunale di sorveglianza aveva logicamente fatto riferimento alla necessità di procedere a una valutazione graduale dei benefici penitenziari allo scopo di verificare la serietà del percorso di risocializzazione dell’imputato, finito a giudizio per maltrattamenti alla nonna

Con la sentenza n. 18881/2020 la Cassazione si è pronunciata sul ricorso presentato da un uomo contro l’ordinanza con cui il Tribunale di sorveglianza rigettava la sua richiesta volta ad ottenere l’affidamento in prova al servizio sociale, concedendo invece la detenzione domiciliare in relazione a due condanne per maltrattamenti e lesioni in danno della nonna convivente.

Nel rivolgersi alla Suprema Corte il ricorrente denunciava il vizio della motivazione con riguardo al travisamento della relazione di visita medico legale della Asl. In particolare, eccepiva la contraddittorietà del provvedimento impugnato, che faceva leva sulla necessità di limitare i suoi movimenti quando egli, in realtà, a causa della grave disabilità che lo affliggeva, non era in grado di muoversi autonomamente.

Era inoltre illogica, secondo l’imputato, l’affermazione secondo la quale sarebbe stato necessario verificare il suo comportamento mediante la detenzione domiciliare, in quanto egli presentava condizioni di salute incompatibili con la detenzione in carcere e pertanto non rischiava affatto di essere ristretto in un penitenziario. Infine, evidenziava l’illogicità della decisione perché la detenzione domiciliare frustrava le sue occasioni di lavoro, essendo egli un artista di fama, impedendogli di muoversi.

I Giudici Ermellini , tuttavia, hanno ritenuto di non aderire alle doglianze proposte in quanto infondate.

In base alla giurisprudenza di legittimità, infatti, “ai fini della concessione dell’affidamento in prova al servizio sociale, pur non potendosi prescindere, dalla natura e dalla gravità dei reati per cui è stata irrogata la pena in espiazione, quale punto di partenza dell’analisi della personalità del soggetto, è tuttavia necessaria la valutazione della condotta successivamente serbata dal condannato, essendo indispensabile l’esame anche dei comportamenti attuali del medesimo, attesa l’esigenza di accertare non solo l’assenza di indicazioni negative, ma anche la presenza di elementi positivi che consentano un giudizio prognostico di buon esito della prova e di prevenzione del pericolo di recidiva”.

Nel caso in esame, il Tribunale di sorveglianza aveva logicamente fatto riferimento alla necessità di procedere a una valutazione graduale dei benefici penitenziari allo scopo di verificare la serietà del percorso di risocializzazione, che risultava indiziariamente rappresentato dalla dichiarazione del condannato di avere compreso il disvalore dei propri comportamenti e dall’avvio, dopo un lungo periodo di chiusura rispetto alle proprie responsabilità, di un percorso di trattamento psicologico e farmacologico volto a contenere le manifestazioni di violenza reiteratamente dirette verso l’anziana nonna.

Risultavano poi infondate le censure relative alla necessità di monitorare, per mezzo della detenzione domiciliare, il comportamento del condannato poiché, come affermato nel ricorso, egli stesso aveva espressamente richiesto l’affidamento ex art. 47 ord. pen. al fine di potersi muovere liberamente, seppur accompagnato dal proprio curatore artistico, in tutto il territorio nazionale, risultando così concreto il pericolo, in tale ottica logicamente valutato dal Tribunale di sorveglianza, del possibile ripetersi degli episodi di violenza che avevamo portato alla sua condanna.

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