Maltrattamenti e lesioni alla moglie: il tradimento non attenua il reato

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maltrattamenti

Il reato abituale quale quello di maltrattamenti in famiglia esclude in radice l’applicazione della circostanza attenuante della provocazione o dello stato d’ira

La vicenda

La Corte di appello di Roma aveva confermato la sentenza di condanna pronunciata dal giudice di primo grado a carico dell’imputato, riconosciuto colpevole dei delitti di maltrattamenti e di lesioni aggravate ai danni della moglie.

L’uomo aveva presentato ricorso per Cassazione tramite il proprio difensore di fiducia. In particolare, il ricorrente aveva lamentato la mancata valutazione dell’attendibilità della vittima, che sarebbe stata animata da astio e da sentimenti di vendetta.

D’altro canto, ad avviso della difesa, gli episodi valutati si erano verificati a distanza di tempo e non era comunque emersa né una condotta abituale né una condizione di soggezione della persona offesa, a fronte del protrarsi del rapporto di coniugio.

Ma il Supremo Collegio (Sesta Sezione Penale, sentenza n. 13562/2020) ha rigettato il ricorso perché infondato. 

I maltrattamenti e le lesioni

La Corte di merito aveva, infatti, considerato le dichiarazioni della persona offesa, che, pressata dalle minacce del ricorrente, aveva sempre omesso di denunciare i fatti, addebitando i suoi accessi al Pronto soccorso ad eventi accidentali, sino all’ultimo grave episodio di maltrattamenti.

I giudici dell’appello avevano, inoltre, considerato le certificazioni mediche riguardanti non solo tale ultimo episodio ma anche episodi occorsi nel 2009 e nel 2013, le dichiarazioni dei genitori della vittima, ritenute attendibili, che avevano fatto riferimento alle ricorrenti liti intercorse tra la figlia e il marito e la consulenza psicologica del settembre 2014 dalla quale erano emersi il dolore e la paura della donna, a fronte delle aggressioni e delle minacce subite.

Sulla scorta di tali elementi dunque la Corte d’appello aveva ritenuto che fosse ravvisabile quella serie abituale di condotte che consente di configurare il delitto di maltrattamenti, assistito anche dal relativo coefficiente psicologico, che non ha un contenuto programmatico, ma si risolve nella coscienza e volontà di persistere nell’attività delittuosa, già posta in essere in precedenza (Sez. 6, n. 15146 del 19/3/2014).

L’attenuante della provocazione

I giudici di merito avevano, inoltre, ritenuto indubbio che l’ultimo episodio di lesioni, risalente al mese di settembre del 2014, si fosse verificato subito dopo che l’imputato, attraverso l’esame del cellulare della moglie, aveva scoperto una relazione sentimentale intrattenuta dalla donna con un altro uomo; ciononostante avevano escluso l’applicazione della circostanza attenuante di cui all’art. 62 comma primo, n. 2 c.p., in quanto quell’episodio, in tutta la sua gravità, rappresentava solo l’ultimo segmento di una condotta complessivamente maltrattante, posta in essere da lungo tempo.

La giurisprudenza di legittimità, in proposito, ha più volte affermato che l’attenuante della provocazione postula il fatto ingiusto altrui, lo stato d’ira e un nesso di causalità psicologica tra fatto e reazione, che deve essere peraltro escluso ove ricorra una relazione di mera occasionalità, quale attestata dalla sproporzione tra fatto provocante e reazione provocata (Sez. 1, n. 3334 del 17/10/1979).

Tale attenuante non può comunque reputarsi compatibile con un reato a condotta abituale, quale quello di maltrattamenti, connotato da comportamenti antigiuridici di analoga natura, reiterati nel tempo (Sez. 6, n. 12307 del 27/10/2000).

Orbene, nel caso in esame la Corte d’appello aveva inteso inquadrare anche l’ultimo episodio nella serie abituale di condotte violente e vessatorie, cui il ricorrente aveva sottoposto la moglie.

La Corte di Cassazione ha condiviso la motivazione espressa nella impugnata sentenza in quanto conforme ai suesposti principi di diritto che impediscono di riconoscere l’attenuante con riferimento al reato abituale.

Per queste ragioni il ricorso è stato rigettato con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese di giudizio.

Avv. Sabrina Caporale

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