Confermata in Cassazione la decisione di respingere la domanda risarcitoria avanzata da un’automobilista che lamentava la mancata installazione di guard rail nel tratto stradale in cui si era verificato il sinistro

Con l’ordinanza n. 41408/2021, la Cassazione si è pronunciata sul ricorso di una donna che si era vista respingere, in sede di merito, la domanda avanzata ne confronti dell’ANAS S.p.A. per ottenere il risarcimento dei danni subiti in occasione di un incidente stradale. L’automobilista si rivolgeva alla Suprema Corte deducendo che la corte di appello avrebbe omesso di prendere in esame il fatto, decisivo ai fini del giudizio, costituito dall’esistenza di un canale naturale di deflusso delle acque meteoriche posizionato in posizione parallela a ridosso del lato destro della carreggiata della strada dove era avvenuto l’incidente che, rendendo la stessa strada particolarmente pericolosa, avrebbe imposto l’adozione di più adeguate misure di salvaguardia degli utenti; in particolare, contestava la mancata installazione di un guard rail. L’errata ricostruzione della fattispecie concreta, a causa dell’omesso esame di tale elemento di fatto, avrebbe determinato altresì un vizio di sussunzione e, quindi una violazione o falsa applicazione delle disposizioni di legge in tema di responsabilità da cose in custodia

Gli Ermellini, tuttavia, hanno ritenuto di non aderire alle argomentazioni proposte, respingendo il ricorso.

Per i Giudici del Palazzaccio, infatti, la corte di appello aveva preso espressamente in considerazione il “fatto storico rilevante in causa” e cioè la dinamica del sinistro e le sue cause, nonché la situazione dedotta di intrinseca pericolosità della strada ove esso aveva avuto luogo, oltre alla condotta della danneggiata; aveva in proposito valutato gli elementi istruttori disponibili e, in particolare aveva, tra l’altro, preso specificamente in esame proprio le condizioni oggettive del tratto di strada in cui aveva avuto luogo l’incidente, negando che potesse sussistere, in ragione della sua pretesa particolare pericolosità, un obbligo dell’ANAS di installarvi un guard rail; era infine giunta alla conclusione che il sinistro si era verificato per colpa esclusiva della stessa attrice.

Anche le censure di violazione di norme di diritto formulate risultavano a loro volta manifestamente infondate. La decisione impugnata, in diritto, risultava pienamente conforme ai principi in materia di responsabilità da cose in custodia costantemente affermati dalla Cassazione, secondo i quali:

a) il criterio di imputazione della responsabilità fondato sul rapporto di custodia di cui all’art. 2051 c.c. opera in termini rigorosamente oggettivi;

b) il danneggiato ha il solo onere di provare il nesso di causa tra la cosa in custodia (a prescindere dalla sua pericolosità o dalle sue caratteristiche intrinseche) ed il danno, mentre al custode spetta l’onere della prova liberatoria del caso fortuito, inteso come fattore che, in base ai principi della regolarità o adeguatezza causale, esclude il nesso eziologico tra cosa e danno, ed è comprensivo del fatto del terzo e della condotta incauta della vittima;

c) la deduzione di omissioni, violazione di obblighi di legge, di regole tecniche o di criteri di comune prudenza da parte del custode rileva ai fini della sola fattispecie dell’art. 2043 c.c., salvo che la deduzione non sia diretta soltanto a dimostrare lo stato della cosa e la sua capacità di recare danno, e a sostenere allegazione e prova del rapporto causale tra quella e l’evento dannoso.

La redazione giuridica

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