Confermata la responsabilità del conducente di una vettura accusato di aver provocato la morte di una donna trasportata sulla sua auto nonostante il mancato utilizzo delle cinture da parte di quest’ultima
Il conducente è tenuto a controllare, prima di iniziare o proseguire la marcia, che questa avvenga in conformità delle normali regole di prudenza e di sicurezza, esigendo che il passeggero indossi la cintura di sicurezza fino a rifiutarne, in caso di sua renitenza, il trasporto o ad omettere l’intrapresa della marcia. Lo ha chiarito la Cassazione con la sentenza n. 9760/2021 pronunciandosi sul ricorso di un uomo condannato in sede di merito per il reato di omicidio stradale di cui all’art. 589-bis cod. pen.
L’automobilista, nelo specifico, era accusato di avere cagionato, alla guida della propria autovettura ed in stato di ebbrezza alcolica nonché di alterazione psicofisica derivante dal pregresso uso di cocaina, la morte di una donna trasportata sul sedile anteriore destro della propria vettura.
Nel rivolgersi alla Suprema Corte l’imputato contestava alla Corte territoriale di avere trascurato di considerare come concausa dell’evento morte la circostanza che la vittima non indossasse la cintura di sicurezza, con conseguente erronea applicazione dei criteri di cui all’art. 133, comma 1, cod. pen. in punto di determinazione della pena.
Gli Ermellini, tuttavia, hanno ritenuto inammissibile il motivo di doglianza. Il Collegio distrettuale, infatti, aveva puntualmente richiamato le plurime violazioni di regole cautelari e specifiche, pacificamente verificatisi e non contestate, commesse dall’imputato, eziologicamente decisive nel determinismo causale del sinistro e dell’evento letale (guida in stato di ebbrezza e di alterazione da sostanze stupefacenti, velocità elevata).
Inoltre, aveva sottolineato la responsabilità del conducente per il mancato utilizzo delle cinture di sicurezza da parte della trasportata.
Quindi, con una motivazione puntuale e priva di incongruenze o illogicità, la sentenza impugnata aveva riconosciuto nella quantificazione della pena la determinante rilevanza causale, rispetto al sinistro mortale, del comportamento colposo dell’imputato, nonostante fosse stata pure riconosciuta la sussistenza di una condotta omissiva imprudente della passeggera – sottrattasi all’utilizzo delle cinture di sicurezza – tale da giustificare l’applicazione dell’attenuante prevista dal settimo comma dell’art. 589 bis, cod. pen., che prevede una diminuzione di pena nel caso in cui l’evento non sia esclusiva conseguenza dell’azione o dell’omissione del colpevole.
Tale previsione normativa – hanno chiarito dal Palazzaccio – “è nel solco delineato dall’art. 41 cod. pen. e colloca esattamente il fattore esterno considerato, l’omesso utilizzo delle cinture di sicurezza da parte della vittima, sul piano della gravità della condotta e fuori dall’ambito della responsabilità”. La norma, in altri termini, “per quanto attiene al comportamento della persona offesa, fa riferimento a quelle condotte esse stesse colpose, oppure anomale rispetto all’ordinario svolgersi degli eventi, che possono quindi correttamente refluire sul grado di colpevolezza dell’agente ma non escludere o interrompere il nesso di causa”.
La redazione giuridica
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