Perde l’affidamento condiviso del figlio, il padre che si sottrae all’obbligo di corrispondere quanto dovuto per il suo mantenimento

Omesso mantenimento e regime di affidamento

L’affidamento esclusivo deve essere disposto ogniqualvolta l’interesse del minore possa essere pregiudicato da un affidamento condiviso, ad esempio, nel caso in cui un genitore sia indifferente nei confronti del figlio, non contribuisca al mantenimento del figlio, manifesti un disagio esistenziale incidente sulla relazione affettiva, ecc.

In merito, la Corte di Cassazione ha affermato che “La regola dell’affidamento condiviso dei figli ad entrambi i genitori … è derogabile solo ove la sua applicazione risulti “pregiudizievole per l’interesse del minore”, come nel caso in cui il genitore non affidatario si sia reso totalmente inadempiente all’obbligo di corrispondere l’assegno di mantenimento in favore dei figli minori ed abbia esercitato in modo discontinuo il suo diritto di visita, in quanto tali comportamenti sono sintomatici della sua inidoneità ad affrontare quelle maggiori responsabilità che l’affido condiviso comporta anche a carico del genitore con il quale il figlio non coabiti stabilmente” (Cass. n. 26587/2009).

La vicenda

Nel caso di specie, i profili di incapacità genitoriale paterna erano stati ravvisati sia nella ferma volontà di quest’ultimo di interrompere ogni comunicazione con la madre del minore, sia nel fatto di aver adottato comportamenti riconducibili nella fattispecie della violenza economica.

Era emerso infatti, che subito dopo la pronuncia della separazione coniugale il padre si fosse sottratto dall’obbligo di corrispondere quanto dovuto per il mantenimento del figlio, giungendo per lunghi periodi a non erogare alcun contributo, neppure in forma ridotta. E, dopo l’iscrizione di ipoteca da parte dell’ex coniuge sul suo unico immobile di proprietà, questi aveva provveduto ad alienarlo ai genitori (asserendo di non essere in grado di pagare la rata del mutuo), senza tuttavia ricevere alcun corrispettivo.

Per tali fatti l’uomo era stato condannato alla pena di 10 mesi di reclusione e 800 euro di multa, oltre al risarcimento del danno nei confronti dell’ex moglie e del figlio.

La sentenza penale – ha osservato il Tribunale di Roma – “pur se non definitiva, è coerente con quanto accertato nel processo civile per l’affidamento del figlio”, ove era emerso che quest’ultimo non avesse correttamente adempiuto agli obblighi di mantenimento su di esso gravanti.

La violenza domestica

Ai sensi dell’art. 3 comma 1, lettera b) della “Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la volenza nei confronti delle donne e la violenza domestica”, ratificata dall’Italia con la legge n. 77/2013 (in vigore bell’agosto del 2014), rientra nella definizione di violenza domestica ogni atto di violenza economica che si verifica all’interno della famiglia o del nucleo familiare tra attuali o precedenti coniugi o partner.

Per il giudice capitolino, la condotta del padre che si era sottratto per lunghi periodi all’obbligo di corrispondere quanto dovuto per il mantenimento del figlio, non erogando importi se non irrisori e avendo posto in essere condotte finalizzate a spogliarsi dell’unico bene immobile del quale era proprietario, trasferendolo ai genitori, era qualificabile come violenza domestica e come tale considerata ai fini della determinazione del regime di affidamento.

L’affido esclusivo alla madre

A differenza del padre, la madre del minore era risultata pienamente capace di accudire il figlio e di garantirgli una crescita sana ed equilibrata. Ella peraltro, non aveva mai impedito i rapporti padre-figlio, nonostante la condotta inadempiente del primo rispetto agli obblighi di mantenimento.

Per tutte queste ragioni l’adito Tribunale di Roma (Prima Sezione Civile, sentenza n. 22638/2019) ha disposto l’affidamento esclusivo del piccolo alla madre, disponendo il suo collocamento presso l’abitazione materna.

Avv. Sabrina Caporale

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