Respinto il ricorso dell’ascendente paterno di un minore malato contro il versamento a favore del nipote di un assegno di mantenimento di 130 euro a fronte delle difficoltà economiche della madre

“L’obbligo di mantenimento dei figli minori ex art. 148 c.c. spetta primariamente e integralmente ai loro genitori sicché, se uno dei due non possa o non voglia adempiere al proprio dovere, l’altro, nel preminente interesse dei figli, deve far fronte per intero alle loro esigenze con tutte le sue sostanze patrimoniali e sfruttando tutta la propria capacità di lavoro, salva la possibilità di convenire in giudizio l’inadempiente per ottenere un contributo proporzionale alle condizioni economiche globali di costui. L’obbligo degli ascendenti di fornire ai genitori i mezzi necessari affinché possano adempiere i loro doveri nei confronti dei figli – che investe contemporaneamente tutti gli ascendenti di pari grado di entrambi i genitori – è, infatti, subordinato e, quindi, sussidiario rispetto a quello, primario, dei genitori, non essendo, appunto, consentito rivolgersi agli ascendenti sol perché uno dei due genitori non dia il proprio contributo, ove l’altro genitore sia in grado di mantenere la prole”. E’ l’orientamento giurisprudenziale condiviso dalla Cassazione nell’ordinanza n. 14951/2020, con la quale gli Ermellini si sono pronunciati sul ricorso presentato da un nonno, ascendente paterno di un minore, condannato, in sede di merito, a pagare un assegno di 130 euro mensili quale contributo al mantenimento del nipote da versarsi alla madre.

L’uomo aveva impugnato la decisione davanti alla Suprema Corte eccependo che il giudice territoriale avesse posto a suo carico il pagamento di un assegno quale contributo al mantenimento del nipote, sebbene la madre non avesse mai dimostrato lo stato di bisogno e tantomeno l’incapacità di provvedere da sola ai bisogni primari del figlio considerato che lavorava stabilmente e conviveva con il figlio presso i suoi genitori.

I Giudici del Palazzaccio, tuttavia, hanno ritenuto di non aderire al motivo di doglianza respingendo il ricorso in quanto infondato.

Nel caso in esame, infatti, la sentenza di appello, che aveva confermato sul punto la decisione di primo grado, era conforme alla giurisprudenza sopra riportata: la situazione economica della madre, che guadagnava circa 1.100 euro mensili, era stata ritenuta insufficiente a far fronte alle esigenze del minore, perché malato e bisognoso di terapie riabilitative, e ciò pur tenendo conto del contributo economico dei nonni materni, con i quali la donna abitava. La Corte ha dato conto, inoltre, che la madre aveva documentato l’impossibilità di riscuotere il mantenimento da parte del padre, che non aveva mai versato alcun assegno in favore del figlio.

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