È sempre più frequente che medici aprano lo studio accanto a farmacie, nelle Asl e in municipio. E’ allerta per il rischio di perdere l’autonomia lavorativa.

I media stanno registrando la tendenza dei medici di abbandonare il proprio studio per lavorare trasferirsi in altri locali messi a disposizione da ex ospedali e anche municipi. Tre i casi segnalati accomunati dal fatto che lo studio non segue il medico. Sono peraltro le Asl e i Comuni a mettere a disposizione le strutture. I Medici di Medicina generale (MMg) si sono resi disponibili a collaborare con le Asl per trasferirsi nell’ex ospedale di Trani in Puglia riconvertito a centro polifunzionale. A Envie in Piemonte invece il medico del paese va in pensione e il Comune accoglie il sostituto nel primo piano del municipio. In un quartiere di Cesena infine, a Torre del Moro, sono state raccolte 300 firme per avere il medico di famiglia. Ancora non si sa dove in quale struttura sarà collocato.

Il responsabile comunicazione Fimmg nazionale Fiorenzo Corti dichiara che “La nostra attività è cambiata. La quota di libera professione è minore di un tempo, mentre ci si chiede maggiore integrazione nel quadro dell’assistenza offerta dal settore pubblico. Il classico studio in affitto o di proprietà, magari single, fin qui era il luogo ideale per una medicina d’attesa; il nuovo modello della medicina d’iniziativa, atto ad affrontare le cronicità, chiede modalità diverse, che comunque l’organizzazione tra colleghi può offrire. Per di più, un po’ ovunque, vedo molti locali sfitti, non sembrerebbe un salasso economico aprire uno studio, e comunque difficilmente i prezzi si alzeranno visto che i Mmg scarseggiano per l’insufficiente ricambio generazionale. Ci sono dunque le premesse – prosegue Corti – per affermare che se un collega sceglie di andare a lavorare in farmacia o in municipio o nell’ospedale riconvertito anziché aprirsi lo studio è per convenienza economica”.

La nota di Corti prosegue sostenendo che chi sceglie i locali Asl ne conosce le conseguenze. “E’ interesse di Asl e comuni – dice – mantenere certi servizi, e delle Asl offrire lo studio gratis nella casa della salute, passando l’infermiere e propri mezzi di produzione. Magari però la stessa Asl chiederà al medico di evitare di fare libera professione, e qui torniamo al discorso di prima, quanto incide la libera professione oggi nell’attività di un medico di famiglia”.

Corti prende però anche in considerazione la collaborazione fra privati, come nel caso della farmacia e sostiene quindi che “Accade talora che farmacisti offrano propri locali al medico a condizioni convenienti, per potenziare i propri servizi. Avere un medico di famiglia a fianco consente di sviluppare attività diagnostiche in negozio: il medico copre una parte di un servizio sempre più richiesto, e le farmacie più evolute capiscono che, tra l’altro in tempi difficili per il servizio sanitario nazionale, sarebbe limitativo il solo distribuire farmaci”.

Fiorenzo Corti prosegue argomento che l’abbandono del proprio studio da parte del medico avviene anche per un’altra ragione. “Un tempo – spiega – il nuovo medico subentrava nei locali e per gli assistiti di chi si pensionava, si è parlato di compravendite di assistiti. Oggi non è più così. Negli anni Duemila in alcune regioni è stato alzato il rapporto ottimale da 1000 a 1200-1300 scelte anche grazie alla spinta Fimmg. Di conseguenza al pensionarsi di un medico anziché aprirsi una nuova carenza con il subentro di un nuovo collega ne venivano redistribuiti gli assistiti tra i colleghi dello stesso ambito fino al raggiungimento delle 1500 scelte di massimale. Con la redistribuzione delle scelte di fatto ci sono più probabilità che lo studio del massimalista resti sfitto. La convenzione inoltre non prevede che resistano medici con pochissime scelte. In anni più recenti è arrivata, e c’è, l’onda lunga di chi arriva da 20-25 anni in prima linea come medico di guardia, ad ore. Questo medico oggi o apre lo studio ex novo, o si indirizza verso case della salute ed altre soluzioni analoghe messe a disposizione da altri, o va in gruppo con i colleghi, scelta che credo potrebbe premiarne l’autonomia”.

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