Il lavoro sul melanoma di un team di scienziati in Belgio sarà pubblicato su Nature: e ora si apre la strada a nuovi strumenti di diagnosi e a nuovi trattamenti
È stato scoperto un importante legame tra melanoma maligno e il gene SAMMSON dal quale sembrerebbe dipendere in maniera stretta la crescita di forme aggressive di questo tumore della pelle. Merito del lavoro di un gruppo di scienziati operante in Belgio (di cui fanno parte anche molti italiani) che ha studiato il contributo che i geni “non codificanti” danno nello sviluppo di nuovi tumori: la ricerca si inserisce nell’ambito degli studi relativi a quelle parti consistenti di DNA fino ad ora considerate “di scarto” e invece implicati in una serie di processi biologici e patologie.
Grazie a questa scoperta potrebbero aver aperto la strada non solo a nuovi strumenti di diagnosi, ma anche a nuovi trattamenti nella malattia.
“Il nostro studio – spiega Pieter Mestdagh dell’Università di Gent – ha dimostrato che il gene SAMMSON è espresso in maniera specifica nel melanoma umano e risulta duplicato o amplificato nel 10% dei casi. Non è possibile ritrovarlo nei melanociti normali, né in altre cellule adulte normali. Questo ci ha indotto a ritenere che il gene SAMMSON potrebbe giocare un ruolo di primo piano nell’eziologia del melanoma.”
Questo gene è stato identificato come lncRNA specifico del melanoma ed è espresso in oltre il 90% dei melanomi maligni umani e viene attivato dal melanoma-specific transcription factor SOX10. Si è poi potuto appurare che le cellule di melanoma presentano una vera e propria ‘dipendenza’ dall’espressione di questo gene: gli esperimenti hanno permesso di osservare che, riducendone la presenza, nelle colture di melanoma, le cellule tumorali muoiono rapidamente e in maniera massiccia, a prescindere dal tipo di melanoma.
“Sia gli studi in vitro che quelli preclinici sugli animali da esperimento – afferma Jean-Christophe Marine del VIB (l’Istituto Fiammingo di Biotecnologie)- hanno dimostrato che bloccando il SAMMSON per mezzo di molecole antisenso mirate, si riesce a ridurre la crescita del melanoma in maniera drastica. Un altro dato molto importante emerso dalla nostra ricerca è che il SAMMSON viene reclutato dai mitocondri, gli organelli che producono energia per la cellula. Promuovendo la degradazione del SAMMSON, le molecole antisenso distruggono l’attività mitocondriale, vitale per il tumore e la sua crescita ne risulta così compromessa. Insomma la ‘dipendenza’ da SAMMSON è un punto di vulnerabilità del tumore che possiamo colpire attraverso una terapia a target, senza danneggiare le cellule normali del paziente”.