È configurabile il reato di diffamazione e non l’illecito civile di ingiuria, qualora tra i partecipanti alla chat di gruppo in cui vengono formulate le espressioni offensive vi sia anche la persona offesa

La vicenda

Il Tribunale per i minorenni di Bari aveva dichiarato non luogo a procedere nei confronti di un ragazzo, indagato per il delitto di diffamazione di cui all’art. 595 cod. pen., trattandosi di persona non imputabile perché minore degli anni quattrodici al momento del fatto.

Da quanto emerso dagli atti di indagine non era stato possibile prosciogliere l’imputato come richiesto dalla difesa, atteso che il tenore dei messaggi a questi riferibili, versati nella “chat di un ‘gruppo whatsapp’ cui egli partecipava, non potevano dirsi ‘ictu oculi’ privi di valenza offensiva per la reputazione della persona offesa, anch’essa minorenne.

Contro la citata sentenza il difensore del ragazzo ha proposto ricorso per cassazione denunciando la violazione delle legge penale, in relazione all’art. 595 cod. pen., sostenendo che la situazione di scambio comunicativo che viene in rilievo in una ‘chat’ di ‘whatsapp’ non integra il delitto di diffamazione, ma piuttosto l’illecito civile di ingiuria.

Il reato di diffamazione

La Corte di Cassazione ha più volte affermato che l’eventualità che tra i fruitori del messaggio vi sia anche la persona nei cui confronti vengono formulate le espressioni offensive non può indurre a ritenere integrato l’illecito di ingiuria (magari, a suo tempo, sub specie del delitto di ingiuria aggravata ai sensi dell’art. 594, comma 4, cod.pen.), piuttosto che il delitto di diffamazione, posto che, sebbene il mezzo di trasmissione/comunicazione adoperato (‘e-mail’ o ‘internet) consenta, in astratto, (anche) al soggetto vilipeso di percepire direttamente l’offesa, il fatto che il messaggio sia diretto ad una cerchia di fruitori – i quali, peraltro, potrebbero venirne a conoscenza in tempi diversi -, fa si che l’addebito lesivo si collochi in una dimensione ben più ampia di quella interpersonale tra offensore ed offeso (Sez. 5, n. 44980 del 16/10/2012, P; Sez. 5, n. 4741 del 17/11/2000): di qui l’offesa alla reputazione della persona ricompresa nella cerchia dei destinatari del messaggio.

Nel caso oggetto d’esame dallo stesso tenore dei messaggi offensivi era stato possibile sostenere che la minore parte lesa del reato fosse estranea allo specifico contesto comunicativo nel quale erano coinvolti i soli minori indagati dialoganti tra loro. Per queste ragioni il motivo non è stato accolto e confermata la pronuncia di merito (Cassazione, Sezione Quinta Penale, sentenza n. 7804/2019).

La redazione giuridica

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