Non è ammesso nel nostro ordinamento il riconoscimento di un minore concepito mediante il ricorso a tecniche di procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo da parte di una donna legata in unione civile con quella che lo ha partorito, ma che non ha alcun legame biologico con il bambino

Il mancato riconoscimento del minore

La ricorrente aveva proposto ricorso al Tribunale di Pistoia per sentir dichiarare l’illegittimità del rifiuto opposto dall’ufficiale di stato civile alla ricezione della dichiarazione di riconoscimento del proprio figlio. Il minore era stato concepito dalla ricorrente mediante ricorso alla procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo, effettuata all’estero senza alcun apporto biologico della convivente, la quale aveva tuttavia prestato il proprio consenso all’intervento.

Al termine del giudizio di primo grado, il Tribunale di Pistoia accoglieva la domanda, dichiarando illegittimo il rifiuto dell’ufficiale di stato civile e disponendo la rettificazione dell’atto di nascita del minore, mediante sostituzione di quello esistente e la formazione di un nuovo atto di contenuto analogo, ma con l’indicazione di entrambe le ricorrenti in qualità di madri e l’attribuzione al minore dei relativi cognomi.

La Corte d’appello confermava la decisione, che veniva successivamente impugnata con ricorso per Cassazione dal Ministero dell’Interno e dall’Ufficio territoriale del Governo – Prefettura di Pistoia.

Il giudizio di legittimità

Ebbene, la Corte di Cassazione (Prima Sezione Civile, sentenza n. 8029/2020) ha accolto il ricorso affermando che “il riconoscimento di un minore concepito mediante il ricorso a tecniche di procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo da parte di una donna legata in unione civile con quella che lo ha partorito, ma non avente alcun legame biologico con il minore, si pone in contrasto con l’art. 4, comma terzo, della legge n. 40 del 2004 e con l’esclusione del ricorso alle predette tecniche da parte di coppie omosessuali, non essendo consentita, al di fuori dei casi previsti dalla legge, la realizzazione di forme di genitorialità svincolate da un rapporto biologico, con i medesimi strumenti giuridici previsti per il minore nato nel matrimonio o riconosciuto”.

Tale conclusione – ha aggiunto il Supremo Collegio –“non si pone in contrasto con i precedenti giurisprudenziali che hanno riconosciuto l’efficacia nel nostro ordinamento dell’atto di nascita formato all’estero dal quale risulti che il nato, concepito mediante il ricorso a tecniche di procreazione medicalmente assistita, sia figlio di due persone dello stesso sesso, ancorché una di esse non abbia alcun rapporto biologico con il minore (Cass. Prima Sezione n. 14878/2017; n. 19599/2016): indipendentemente dalla considerazione che in uno dei due casi esaminati nelle predette pronunce entrambe le donne indicate come genitrici potevano vantare un rapporto biologico con il minore, avendo l’una fornito l’ovulo per la fecondazione e l’altra provveduto alla gestazione, è sufficiente rilevare che il riconoscimento dell’atto straniero non fa venir meno l’estraneità dello stesso all’ordinamento italiano, il quale si limita a consentire la produzione dei relativi effetti, così come previsti e regolati dall’ordinamento di provenienza, nei limiti in cui la relativa disciplina risulti compatibile con l’ordine pubblico.”

L’importanza dei principi costituzionali …

Tale compatibilità, come è noto, deve essere valutata alla stregua dei principi fondamentali della Costituzione e di quelli consacrati nelle fonti internazionali e sovranazionali, nonché nel modo in cui detti principi si sono incarnati nella disciplina ordinaria dei singoli istituti e dell’interpretazione dominante nella giurisprudenza costituzionale e ordinaria.

Non esiste perciò alcuna contraddizione tra il riconoscimento del rapporto di filiazione risultante dall’atto di nascita formato all’estero e la esclusione di quello derivante dal riconoscimento effettuato in Italia, la cui efficacia deve essere valutata alla stregua della disciplina vigente nel nostro ordinamento. Tale disparità di trattamento non comporta la violazione di alcun precetto costituzionale, costituendo il naturale portato della differenza tra la normativa italiana e quella vigente in altri Paesi.

La decisione

In definitiva, “l’esclusione dell’ammissibilità del riconoscimento consente di ritenere legittimo il rifiuto opposto dall’ufficiale di stato civile alla ricezione della dichiarazione di riconoscimento del minore come figlio naturale delle due donne, o comunque come figlio naturale della donna che si è limitata a prestare il proprio consenso alla fecondazione eterologa, trovando tale provvedimento giustificazione nel disposto dell’art. 42 del d.P.R. n. 396/2000 che, subordinando il riconoscimento alla dimostrazione dell’insussistenza di motivi ostativi legalmente previsti, consente di escluderne l’operatività nella ipotesi in cui, come nella specie, la costituzione del rapporto di filiazione trovi ostacolo nella disciplina legale della procreazione medicalmente assistita”.

Per queste ragioni, il decreto impugnato è stato cassato.

Avv. Sabrina Caporale

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