La donna era morta di tumore al fegato nel 2013 all’età di 71 anni. Nel 1977 aveva contratto l’epatite C dopo una trasfusione di sangue infetto

La Corte d’appello di Milano ha riconosciuto un risarcimento pari a circa 170 mila euro a ciascuno dei due figli di una donna della provincia di Pavia, morta di tumore al fegato nel 2013, 36 anni dopo aver contratto l’epatite C a causa di una trasfusione di sangue infetto.

In primo grado – come riporta il Giorno –  il Tribunale aveva disposto in favore dei due eredi una somma pari a 50.000 euro, attribuendo la responsabilità unicamente al Ministero della Salute.

La Corte territoriale, ha invece considerato tale cifra “molto al di sotto dei minimi tabellari”. D’altro canto, nel computo del risarcimento, i giudici di secondo grado hanno ritenuto di negare anche il massimo previsto dalla legge, valutando la capacità dei figli di affrontare il dolore con maggiore forza, a paragone di soggetti più giovani, “potendo contare l’uno sull’altra”.

In appello, inoltre, è stata riconosciuta  la responsabilità della gestione liquidatoria dell’ex Ussl 79 di Voghera, per l’ospedale. Per la Corte – come riferisce il Giorno – la responsabilità della struttura sanitaria nei confronti del paziente ha infatti valore contrattuale e “può conseguire sia all’inadempimento delle obbligazioni direttamente a suo carico sia all’inadempimento delle prestazioni medico sanitarie svolte dal personale”.

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