La Corte d’Appello ricostruiva la dinamica del sinistro in cui perdeva la vita un motociclista tenendo in considerazione che le automobili tamponate dallo stesso erano ferme in corsia a causa di un precedente sinistro, peraltro debitamente segnalato (Cass. Civ., Sez. III, Ordinanza n. 38078 del 2 dicembre 2021)

La Corte territoriale, ritenendo tali circostanze incontroverse in fatto, ha ulteriormente valutato che l’incolonnamento delle automobili ferme in corsia per il precedente incidente, era ben visibile e ha ritenuto irrilevanti le violazioni alle disposizioni del Codice della Strada asseritamente addebitate dai ricorrenti ai conducenti delle auto tamponate.

In primo grado il Tribunale dichiarava improcedibile la domanda e gli eredi del motociclista proponevano gravame in appello che veniva parimenti rigettato.

La Suprema Corte ritiene il ricorso inammissibile.

Il Collegio di legittimità ritiene fondata l’eccezione, sollevata dalle Compagnie assicuratrici controricorrenti, in merito alla legittimazione attiva dei ricorrenti, per l’asserita qualità di eredi, non avendo gli stessi fornito prova alcuna.

Nello specifico, infatti, i ricorrenti non hanno prodotto la documentazione che avrebbero dovuto porre a fondamento della dedotta legittimazione ai sensi dell’art. 372 del codice di rito civile.

I congiunti lamentano, in merito alla dinamica del sinistro, che si trattava di tamponamento da tergo, rispetto al quale risulterebbe pacifica la giurisprudenza la quale “ ponendo a carico del conducente tamponante una presunzione de facto di inosservanza della distanza di sicurezza, escluderebbe l’operatività della presunzione di cui all’art. 2054 c.c., comma 2, a carico degli ulteriori conducenti dei mezzi in stato di quiete”.

Secondo i ricorrenti la giurisprudenza richiamata dal giudice territoriale si riferirebbe a fattispecie di scontro tra veicoli in movimento, e non alle ipotesi di un tamponamento di un veicolo che costituisca un ostacolo imprevisto e che, nel caso concreto, il sinistro si sarebbe verificato su strada a scorrimento veloce a causa dell’impatto tra il motoveicolo condotto dal deceduto e un’altra autovettura, ferma in fila da quasi un’ora, a causa di un precedente sinistro verificatosi, e che solo a seguito di tale urto il motoveicolo avrebbe, di conseguenza, urtato altre due auto.

Secondo la tesi dei congiunti, il sinistro sarebbe stato causato dall’imprevedibile ed anomalo incolonnamento non momentaneo, costituente ostacolo rispetto al normale andamento della circolazione stradale, e dette circostanze decisive, non sarebbero state esaminate dalla Corte territoriale, con l’effetto che la stessa avrebbe errato nel non ritenere responsabili, in via concorsuale, le parti appellate, non avendo i conducenti dei veicoli tamponati dimostrato di avere provato a rendere libero il transito, ovvero di avere provato a collocarsi sul margine destro della carreggiata, in parallelo all’asse di essa, come disposto dall’art. 161 del Codice della Strada, e neppure avrebbero stazionato le luci di segnalazione come previsto dall’art. 153, né avrebbero esposto il triangolo ex art. 162, stesso Codice, restando quindi inattivi e subendo gli eventi conseguenziali.

Ergo, ognuno dei conducenti coinvolti nel sinistro avrebbe –sempre secondo la tesi dei ricorrenti-, concorso ugualmente a produrre il danno subito dai singoli veicoli, e il giudice di merito non avrebbe neppure accertato le circostanze dell’incidente.

Gli Ermellini ritengono i motivi inammissibili poiché finalizzati a una rivalutazione nel merito.

Ad ogni modo, risulta che la Corte territoriale abbia correttamente ricostruito la dinamica del sinistro tenendo in considerazione che le auto tamponate dal motociclista erano ferme sulla corsia di marcia a causa di un precedente sinistro debitamente segnalato.

Inoltre i Giudici d’appello hanno correttamente valutato che l’andamento curvilineo della strada, e le condizioni di luce rendevano del tutto visibile la presenza di auto incolonnate sulla carreggiata.

Infine, la Suprema Corte rileva l’inammissibilità ex art. 348-ter, ultimo comma, c.p.c., delle censure motivazionali proposte.

Difatti, nell’ipotesi di cosiddetta doppia conforme, prevista dal V comma, nei confronti dei giudizi d’appello introdotti con ricorso depositato tramite citazione, di cui sia stata richiesta la notificazione a seguito del settembre 2012, il ricorrente in Cassazione per evitare l’inammissibilità del motivo di cui all’art. 360, n. 5, c.p.c., ha l’onere di indicare le ragioni di fatto poste a base della decisione di primo grado, come anche della sentenza di rigetto dell’appello, fornendo prova che le stesse sono, tra di loro, differenti.

Conclusivamente la Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento, in solido, delle spese del giudizio di legittimità.

Avv. Emanuela Foligno

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