Entrambi i Giudici di merito condannano il medico di Pronto Soccorso per il reato di lesioni colpose in danno del paziente minorenne. La Cassazione conferma la responsabilità della dottoressa ma ritiene la pena inflitta all’imputata illegale, essendo superiore al massimo edittale per il reato commesso (Cassazione penale, sez. IV, 13/12/2023, dep. 01/02/2024, n.4326).
La vicenda
Il 7 giugno 2023 la Corte d’Appello di Napoli ha confermato la sentenza del Tribunale di Torre Annunziata, che ha condannato la dottoressa del Pronto Soccorso alla pena di un anno di reclusione per il reato di lesioni colpose in danno del paziente minorenne.
Alla imputata era contestato di avere, per colpa generica, cagionato lesioni personali al minore, recatosi in Pronto Soccorso per torsione del testicolo, consistite nella necrosi del testicolo sinistro.
I Giudici di merito, nelle due sentenze di condanna conformi, ritenevano dimostrata la penale responsabilità dell’imputata, individuando nella condotta della stessa, profili di colpa riconducibili a negligenza e imperizia, avendo ella omesso di effettuare i dovuti accertamenti strumentali (ecocolordoppler ed ecografia), che avrebbero consentito di pervenire ad una diagnosi precisa di torsione del testicolo e a un intervento risolutivo evitando la necrosi del testicolo.
L’intervento della Cassazione
Avverso la sentenza di secondo grado hanno proposto ricorso per cassazione l’imputata ed il responsabile civile ASL NA 3 Sud.
Secondo la tesi difensiva dei soccombenti, i passaggi motivazionali lacunosi e incoerenti della decisione di Appello riguarderebbero la individuazione dei sintomi presenti nel minore all’atto dell’ingresso al P.S. e la circostanza che un esame strumentale avrebbe rilevato la presenza della patologia, scongiurando l’indebolimento dell’organo. Sarebbe, inoltre, stato travisato il contenuto della deposizione della madre del minore circa i sintomi accusati dal bambino. I Consulenti tecnici nominati dal P.M. hanno chiarito che la torsione del funicolo spermatico si manifesta con la comparsa di dolore scrotale e tumefazione della parte, con perdita della vitalità dell’organo in maniera rapida ed improvvisa. Tutto ciò non si è manifestato all’atto della visita in P.S. I sintomi che hanno permesso di appurare effettiva torsione del testicolo sono comparsi all’improvviso, allorquando i genitori decisero il ricovero del minore presso altra struttura, a distanza di 50 ore dalla visita in P.S.
E ancora, sempre secondo la tesi difensiva, la Corte di Appello si sarebbe limitata, in maniera frettolosa e superficiale, ad escludere la responsabilità dei genitori del minore nella gestione del caso. Avrebbe del tutto trascurato di considerare il contenuto delle dichiarazioni del Consulente della difesa, il quale ha evidenziato come i genitori avessero rifiutato il ricovero del figlio, circostanza sfuggita ai consulenti nominati dal P.M., i quali, peraltro, non avrebbero visionato, nell’espletamento dell’incarico, il verbale di P.S.
I motivi di doglianza proposti dalla dottoressa imputata sono infondati, ad eccezione di quello riguardante il trattamento sanzionatorio.
Le motivazioni della Cassazione
La Corte di merito ha condiviso le conclusioni a cui erano pervenuti i Consulenti medici nominati dal P.M., i quali avevano sostenuto come la dottoressa fosse incorsa in un errore diagnostico, consistito nella mancata tempestiva individuazione della torsione del testicolo, pur in presenza di una sintomatologia che avrebbe dovuto orientare verso la suddetta patologia e che imponeva comunque immediati approfondimenti. La diagnosi precisa e tempestiva, che avrebbe potuto essere effettuata attraverso un esame strumentale praticabile nella stessa struttura ospedaliera (ecocolordoppler), avrebbe consentito di intervenire immediatamente, scongiurando la conseguenza irreversibile della necrosi del testicolo.
Il certificato rilasciato dalla dottoressa del P.S., nel quale era riportata la diagnosi di una “sospetta orchite”, con prescrizione di antibiotico, veniva accompagnato dal suggerimento rivolto alla madre del minore di effettuare una ecografia. Tale circostanza rivelerebbe, alla stregua di quanto logicamente argomentato in sentenza, come la dottoressa avesse nutrito dubbi sulla correttezza della diagnosi posta all’esito della visita.
I Giudici di secondo grado hanno anche evidenziato che la sintomatologia presente nel minore (dolore localizzato e difficoltà di deambulazione) avrebbe dovuto orientare verso una diagnosi differenziale, imponendo gli approfondimenti del caso in modo da evitare la necrosi del testicolo. In tal senso depongono i pareri medici acquisiti dai Consulenti esaminati nel giudizio, richiamati in sentenza.
I Consulenti nominati dal P.M. hanno chiarito come “la torsione del funicolo spermatico, in caso di dolore testicolare, rappresenti l’evento più frequente, facilmente riscontrabile con esami non invasivi come l’ecocolordoppler o l’ecografia. La patologia, al cospetto di sintomi come quelli presenti nel minore, andava immediatamente investigata per essere confermata o esclusa, stante la veloce evoluzione verso forme irreparabili (la torsione del funicolo spermatico è probabilmente quella di più frequente riscontro alla quale bisognerebbe inizialmente pensare)”.
A non dissimili conclusioni erano anche pervenuti i testi addotti dalla difesa, pediatri esperti, i quali avevano dichiarato che “il dolore testicolare può essere sintomo rapportabile a varie patologie, dall’orchite alla torsione del funicolo spermatico, e che, sebbene i segni clinici non fossero inequivocabili, sarebbe stato comunque necessario praticare esami diagnostici per approfondire”.
Alla luce di ciò, anche laddove volesse accedersi alla prospettazione difensiva, in base alla quale, al momento della visita, non erano insorti nel piccolo paziente i sintomi tipici della torsione del testicolo (gonfiore ed iperemia), vi fossero comunque significative manifestazioni, quali dolore e difficoltà a camminare, che, secondo quanto espressamente chiarito dagli esperti, avrebbero dovuto indurre la dottoressa a svolgere immediati esami strumentali idonei a consentire la corretta diagnosi.
Risulta quindi correttamente applicato il principio consolidato nella giurisprudenza secondo cui “è responsabile, per imperizia e negligenza, il medico che, nell’accertamento della malattia, ometta approfondimenti necessari, in presenza di sintomatologia idonea a porre una diagnosi differenziale, e rimanga arroccato su una diagnosi inesatta, benché posta in forte dubbio dalla sintomatologia, dalla anamnesi e dalle altre notizie comunque pervenutegli, omettendo così di porre in essere la terapia più profittevole per la salute del paziente”.
Il trattamento sanzionatorio è illegale
Pacifica, pertanto, la responsabilità della dottoressa, la S.C. passa al vaglio il trattamento sanzionatorio irrogato. La contestazione e l’affermazione di responsabilità che è conseguita all’esito del giudizio ha avuto ad oggetto l’indebolimento permanente di un organo, nella specie dell’organo riproduttivo, da intendersi lesione grave sulla base del disposto di cui agli artt. 590, comma 2 e 583, comma 1, n. 2), c.p. Il reato è punto con la pena alternativa della reclusione da uno a sei mesi o della multa da 123 a 619 euro.
La pena inflitta all’imputata (anni uno di reclusione) è illegale, essendo superiore al massimo edittale.
Pertanto, limitatamente al trattamento sanzionatorio la sentenza viene annullata e rinviata alla Corte di Napoli.
Avv. Emanuela Foligno