Solamente il comportamento imprudente del lavoratore, che sia stato posto in essere del tutto autonomamente e in un ambito estraneo alle mansioni affidategli, esonera da responsabilità il datore di lavoro destinatario delle norme antinfortunistiche

Il datore di lavoro, destinatario delle norme antinfortunistiche, è esonerato da responsabilità solo quando il comportamento del dipendente sia abnorme, dovendo definirsi tale il comportamento imprudente del lavoratore che sia stato posto in essere del tutto autonomamente e in un ambito estraneo alle mansioni affidategli – e, pertanto, al di fuori di ogni prevedibilità per il datore di lavoro – o rientri nelle mansioni che gli sono proprie ma sia consistito in qualcosa di radicalmente ed ontologicamente lontano dalle ipotizzabili e, quindi, prevedibili, imprudenti scelte del lavoratore nella esecuzione del lavoro. Non integra il “comportamento abnorme” idoneo a escludere il nesso di causalità tra la condotta omissiva del datore di lavoro e l’evento lesivo o mortale patito dal lavoratore il compimento da parte di quest’ultimo di un’operazione che, seppure inutile e imprudente, non risulta eccentrica rispetto alle mansioni a lui specificamente assegnate nell’ambito del ciclo produttivo.

E’ l’orientamento giurisprudenziale a cui si è attenuta la Cassazione nella sentenza n. 35057/2020 nel respingere il ricorso proposto da un datore di lavoro condannato in sede di merito alla pena di 8 mesi di reclusione per il reato di cui all’art. 590 cod.pen. in danno di un dipendente. L’imputato, nello specifico, era accusato di aver cagionato al lavoratore lesioni gravi, da cui era derivata la perdita della funzione della deambulazione, nel corso di operazioni di movimentazione di un quadro elettrico del peso di 800 Kg, agganciato al braccio del merlo del mezzo da lui condotto ed appoggiato, non più in trazione, su un solaio, con colpa consistita nella mancata adozione di adeguate misure di sicurezza idonee e nella violazione dell’art. 71, comma 3, d.lgs. n. 81 del 2008 in data 12 ottobre 2012.

Nel rivolgersi alla Suprema Corte il ricorrente deduceva, tra gli altri motivi, l’erronea applicazione della legge in relazione agli artt. 41, comma 2, cod.pen. e 43 cod.pen., non essendo stata valutata né l’abnormità né l’eccentricità della condotta della persona offesa, tale- a suo avviso –  da configurare causa interruttiva del nesso di causalità.

I Giudici Ermellini, tuttavia, hanno ritenuto la doglianza infondata.

Nella sentenza impugnata, infatti, si precisava che “nel comportamento della persona offesa non si ravvisa alcun profilo di abnormità, posto che lo stesso era stato designato a stare in quel luogo per quella specifica manovra, in condizioni di rischio, senza precauzione alcuna e senza una minima programmazione atta a ridurre i pericoli nella singolare manovra”.

La Corte di appello, quindi, aveva evidenziato che la condotta del lavoratore fosse stata posta in essere nell’ambito delle sue mansioni e che non si era discostata da comportamenti possibili e, quindi, prevedibili, seppure imprudenti. A fronte di tale motivazione, il ricorrente si era limitato ad asserire che la vittima, in modo inspiegabile, si era interposta tra il bordo dell’apertura della soletta ed il quadro, mentre avrebbe potuto spostarsi e evitare l’impatto.

La Cassazione ha ricordato, infine, che, in tema di infortuni sul lavoro, qualora l’evento sia riconducibile alla violazione di una molteplicità di disposizioni in materia di prevenzione e sicurezza del lavoro, il comportamento del lavoratore che abbia disapplicato elementari norme di sicurezza non può considerarsi eccentrico o esorbitante dall’area di rischio propria del titolare della posizione di garanzia in quanto l’inesistenza di qualsiasi forma di tutela determina un ampliamento della stessa sfera di rischio fino a ricomprendervi atti il cui prodursi dipende dall’inerzia del datore di lavoro.

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