Obbligo vaccinale del personale sanitario. La ragione dell’obbligo per il personale sanitario consiste nella prevalenza accordata alla tutela della salute pubblica e degli utenti della sanità pubblica e privata (Cons. Stato, sez. III, ord., 4 febbraio 2022, n. 583).

Obbligo vaccinale del personale sanitario. Il Consiglio di Stato ha ribadito che le misure inerenti il contrasto alla pandemia non sono sproporzionate né discriminatorie, né lesive dei diritti fondamentali dei destinatari e che «il diritto all’autodeterminazione di quanti abbiano deciso di non vaccinarsi è da ritenersi recessivo rispetto alla tutela di beni supremi quale è la salute pubblica, specie in considerazione del fatto che il provvedimento di sospensione, ove adottato, non ha funzione sanzionatoria e non pregiudica in alcun modo il rapporto di lavoro».

La legge impositiva di un trattamento sanitario, quindi compreso l’obbligo vaccinale, non è incompatibile con l’art. 32 Cost.

In altri termini, riprendendo le pronunzie della Corte Costituzionale, se l’obbligo vaccinale è diretto non solo a migliorare, o a preservare, lo stato di salute di chi vi è assoggettato, ma anche a preservare lo stato di salute degli altri; se si prevede che esso non incida negativamente sullo stato di salute di colui che è obbligato, salvo che per quelle sole conseguenze che appaiano normali e, pertanto, tollerabili; e se, nell’ipotesi di danno ulteriore, sia prevista comunque la corresponsione di una equa indennità in favore del danneggiato, e ciò a prescindere dalla parallela tutela risarcitoria.  (Corte Cost. n. 258/1994, n. 307/1990, n. 5/2018).

La vicenda approda all’esame del Consiglio di Stato per la riforma dell’Ordinanza cautelare del TAR per il Veneto (Sezione Terza) n. 00552/2021, resa tra le parti, concernente atto di accertamento dell’adempimento di obbligo vaccinale.

Preliminarmente il Supremo organo evidenzia che, in tema di obbligo vaccinale per il personale sanitario, i rilievi di parte appellante non sono idonei a superare la necessità di operare il bilanciamento di interessi tra la salute pubblica e la libertà di autodeterminazione del singolo.

Nel bilanciamento tra detti interessi, tutti costituzionalmente rilevanti e legati a diritti fondamentali, deve ritenersi assolutamente prevalente la tutela della salute pubblica e, in particolare, degli utenti della sanità pubblica e privata e ciò sotto un profilo di solidarietà sociale nei confronti “delle categorie più fragili e dei soggetti più vulnerabili che sono bisognosi di cura ed assistenza, spesso urgenti, e proprio per questo sono di frequente o di continuo a contatto con il personale sanitario o sociosanitario nei luoghi di cura e assistenza.

Ed ancora, l’obbligo vaccinale per il personale sanitario è giustificato non solo dal principio di solidarietà verso i soggetti più fragili, cardine del sistema costituzionale (art. 2 Cost.), ma anche dalla relazione di cura e di fiducia che si instaura tra paziente e personale sanitario, relazione che prevede la sicurezza delle cure, impedendo che, paradossalmente, chi deve curare e assistere divenga egli stesso veicolo di contagio e fonte di malattia.

Il consiglio, infine, ribadisce che il diritto all’autodeterminazione di quanti abbiano deciso di non vaccinarsi è da ritenersi recessivo rispetto alla tutela di beni supremi quale è la salute pubblica, specie in considerazione del fatto che il provvedimento di sospensione, ove adottato, non ha funzione sanzionatoria e non pregiudica in alcun modo il rapporto di lavoro.

Conclusivamente, il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza) respinge l’appello a spese compensate.

Avv. Emanuela Foligno

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