L’eventualità del rifiuto dell’intervento non basta a giustificare il risarcimento per omesso consenso informato, lo ha precisato la Suprema Corte di Cassazione nella sentenza n. 17322/2020.
Nel 2001 una donna veniva sottoposta a un intervento di cardiochirurgia con cui venivano sostituite le valvole cardiache naturali con protesi valvolari meccaniche, che successivamente avevano di mostrato di avere difetti di funzionamento.
Il medico autore dell’intervento era stato mandato assolto nel processo penale perché il fatto non sussisteva. Non poteva, infatti, essere riconosciuta in capo allo stesso nessun tipo di responsabilità, neppure di natura colposa. Le valvole utilizzate per la paziente deceduta avevano superato tutti i test previsti per accertarne il corretto e sicuro funzionamento. Anche i controlli previsti sui pazienti impiantati erano stati eseguiti secondo i protocolli in uso e da protocollo non erano necessari ulteriori controlli. I difetti delle valvole potevano essere accertati solamente in seguito all’apertura e allo smontaggio delle valvole, da una analisi di routine nessun vizio era rilevabile.
Nel giudicare il ricorso proposto dai congiunti della defunta, la Suprema Corte ha esaminato la questione dell’omesso consenso informato che pure era stata sollevata da parte ricorrente.
“Il consenso informato – chiariscono gli Ermellini – non poteva essere esteso al tipo di valvola da impiantare, il sanitario avrebbe dovuto dire che le valvole TT erano certificate CE previa verifica da parte di un organismo tedesco altamente qualificato e che avevano superato i test e non si era manifestato alcun inconveniente, sicché difficilmente il paziente avrebbe desistito dal prestare il consenso alla loro utilizzazione.
Tale statuizione è stata impugnata con il rilievo che se le informazioni fossero state date, il paziente avrebbe potuto valutare in modo consapevole sul se assentire la pratica medica o eventualmente rivolgersi ad altra struttura……..L’eventualità non è idonea ad integrare il requisito richiesto del rifiuto che si sarebbe frapposto all’intervento una volta in possesso dell’informazione omessa, rifiuto che sarebbe stato onere del paziente non solo allegare ma anche provare (con ogni mezzo come afferma la giurisprudenza e dunque anche il notorio, le massime di esperienza e le presunzioni)”.
La Corte di Cassazione quindi procedeva a rigettare il ricorso proposto e a compensare le spese processuali.
Avv. Claudia Poscia
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