Lo scorso 28 ottobre il Senato ha dato il via libera all’approvazione del disegno di legge concernente l’ipotesi autonoma del reato di omicidio stradale e lesioni personali conseguenti ad incidente stradale. Ecco cosa cambia.
L’omicidio stradale, figura fino a poco tempo fa, oggetto di solo dibattito politico ed istituzionale è diventato realtà. Distaccandosi dall’ipotesi tradizionale di omicidio volontario e/o colposo, come previsto e disciplinato, rispettivamente dagli art 575 e 589 del codice penale, viene a configurarsi quale fattispecie incriminatrice autonoma con annesso trattamento sanzionatorio, per tutte quelle ipotesi di omicidio commesso a seguito di violazione delle norme sulla circolazione stradale da conducenti in stato di ebbrezza o sotto l’effetto di sostanze stupefacenti.
Nella specie, si prevede che chi compie un omicidio stradale colposo, violando il codice della strada continua ad essere punito con la pena detentiva che va dai due ai sette anni di reclusione. Qualora, invece, l’omicidio venga commesso sotto l’effetto di alterazione per utilizzo di sostanze stupefacenti e/o alcoliche, gli anni di reclusione aumentano: da cinque a dieci anni se il tasso alcolemico risulta superiore a 0,8 grammi per litro o se emergono condotte di guida particolarmente pericolosa, come ad esempio la guida contromano, sorpassi o inversioni pericolose, eccesso di velocità, etc.
La pena sale invece da otto a dodici anni se il tasso di alcool accertato nel sangue del conducente, supera la soglia dei 1,5 grammi/litro. La pena aumenta ulteriormente se chi provoca il decesso guidava senza patente, con la partente revocata o sospesa, oppure senza copertura assicurativa. Nell’ipotesi eventuale di una condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti, la patente di guida sarà automaticamente revocata. Si potrà riprendere la patente solo dopo un periodo di 15 anni che salgono a 30 se il conducente è stato accusato di omissione di soccorso.
La proposta di legge così approvata sanziona anche l’ipotesi in cui al sinistro provocato da conducente ubriaco o sotto l’effetto di sostanze stupefacenti o, comunque, in violazione delle norme del codice della strada, seguano uno o più feriti. In particolare, è prevista a carico del conducente che abbia violato il codice della strada, la pena della reclusione da tre mesi a un anno per lesioni gravi e da uno a tre anni per lesioni gravissime. Se il reato è stato commesso sotto l’effetto di stupefacenti o dopo aver assunto delle sostanze alcoliche, la pena detentiva aumenta da tre a cinque anni e da quattro a sette, rispettivamente per lesioni gravi e per lesioni gravissime.
Se il tasso di alcol nel sangue rimane sotto la soglia dei 0,8 grammi per litro, o se l’incidente è causato da una condotta valutata molto pericolosa, la pena detentiva varia da un anno e sei mesi a tre anni per lesioni gravi, e da due a quattro anni per quelle giudicate gravissime. Se si fugge senza prestare soccorso dopo l’incidente e si provocano lesioni gravi o gravissime, la condanna può aumentare fino a due terzi e non può essere inferiore a tre anni di reclusione. Nel caso di condanna o patteggiamento per lesioni, la patente di guida viene ritirata. Se ne potrà richiedere una nuova, trascorsi 5 anni dall’accaduto.
L’introduzione della fattispecie normativa appena delineata, è certamente frutto della domanda sempre più pressante da parte della società civile alla tutela della vita umana nell’ambito della circolazione stradale. I dati che negli ultimi anni si sono registrati, fotografano una realtà – quella degli incidenti mortali sulle strade – davvero allarmante; ciò ha alimentato il dibattito sociale sulla necessità di inasprire le pene e di sanzionare specificatamente gli autori di simili reati. Dibattito che è stato talmente acuto da divenire oggetto di iniziative parlamentari.
«L’excursus storico-normativo dei reati stradali, dimostra, tuttavia, come- in verità – simili fattispecie siano state più volte oggetto di riflessione a livello di diritto sostanziale, ma anche processuale. Ogni intervento, però, lungi dal recare un’integrale ricostruzione dell’impianto normativo, si era limitato ad aggiungere singoli commi che, nel prevedere eccezioni, aggiunte, “modifiche alle modifiche che modificano le modifiche” precedenti, non tenevano conto del contesto all’interno del quale erano chiamati ad operare». (Piccioni in www.rivistagiuridica.aci.it). Certamente sul piano sociologico, l’intento di reprimere con maggiore severità condotte criminose stradali, trova sostegno sulla base delle disastrose statistiche infortunistiche registratesi negli ultimi anni.
Si trattava, perciò, di capire, se il trattamento sanzionatorio penale vigente, peraltro inasprito da diversi interventi legislativi anche piuttosto recenti, fosse tale da giustificare la proliferazione di altre fattispecie penali. (CENDON, Trattato breve dei nuovi danni, Impresa, Mercato, Società, Vol. II, Cedam, 2014). Prima della proposta di legge quest’oggi in commento, per la morte causata nel sinistro stradale, si faceva luogo all’ipotesi dell’omicidio colposo punito dall’art. 589 c.p. Fattispecie aggravata nel caso di conducente alla guida, in stato di ebbrezza alcolica oppure sotto l’effetto di sostanze stupefacenti o psicotrope. In questo caso la pena era aumentata da tre a dieci anni di reclusione, rispetto alla pena edittale originaria (da sei mesi a cinque anni di reclusione). In talune ipotesi particolarmente gravi, però, la giurisprudenza, aveva provveduto ad inquadrare la fattispecie sotto la rubrica dell’omicidio volontario (art.575 c.p.), ritenendo di dover individuare nel caso concreto, l’elemento psicologico del dolo eventuale,figura al limite tra il dolo e la colpa, di cui si dirà in seguito. Ebbene, la nuova previsione di omicidio stradale, apre a numerosi spunti di riflessione.
Prima tra tutte, l’aver provveduto a configurare, sotto il nome di “omicidio stradale”, una autonoma fattispecie di reato che includa automaticamente al suo interno, all’interno di un’ottica di volizione dell’evento, tutte le ipotesi in cui a procurare il fatto, sia stato un conducente in stato di alterazione da alcol (sopra una certa soglia) e/o droga. Non si tratterebbe più, in altre parole, di indagare il profilo dell’aspetto psicologico dell’autore del reato, se esso doloso o colposo, ma applicare uno specifico trattamento sanzionatorio contenuto nella previsione normativa de qua. Grande soddisfazione si è detta provenire da tutte le forze politiche ed istituzionali, per l’obiettivo perseguito con successo.
L’approdo normativo odierno – come accennato – è figlio di una storia di ripetuti interventi, tesi a soddisfare l’esigenza sociale rispetto al fenomeno sempre più crescente degli incidenti stradali mortali, e che ha indotto negli anni, il legislatore e le istituzioni governative susseguitesi ad integrare, a più riprese, la legislazione vigente in materia, inasprendo il trattamento sanzionatorio tanto del codice penale quanto quello del codice della strada, creando tuttavia, un quadro sempre più complesso e frastagliato.
Particolarmente emblematico è il c.d. “pacchetto sicurezza”, varato con la legge 24/7/2008, n. 125 che integrava l’art. 589 c.p.(Omicidio colposo), introducendo un aggravante (molto) speciale nel caso in cui la morte, nell’ambito della circolazione stradale, fosse stata procurata da un conducente in stato di ebbrezza alcolica, con tasso alcolemico superiore ad 1,5 grammi per litro, oppure da conducente sotto l’effetto di sostanze stupefacenti o psicotrope. L’aumento di pena previsto andava da tre a dieci anni. Tale nuova previsione aggravante assorbiva quella prevista in via generale dal secondo comma dell’art. 589 c.p. nel caso di connessione tra la morte e la violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale. Per l’applicazione dell’aumento di pena, si richiedeva, in ogni caso, la prova che lo stato di ebbrezza o di alterazione da droghe, avesse avuto una incidenza causale nella verificazione del sinistro.
Nel corso degli anni, la stessa domanda di tutela e prevenzione rispetto al fenomeno dei sinistri stradali mortali proveniente dalla comunità civile, ha portato anche la giurisprudenza a pronunciarsi in materia, addivenendo ad un approccio sempre più severo nella valutazione dell’elemento psicologico, nell’ipotesi di morte conseguita ad incidente stradale. Nella specie, la tendenza è stata quella di configurare siffatti episodi entro la più ampia previsione dell’omicidio doloso, seppure nella forma del dolo eventuale.
La giurisprudenza di legittimità (Cass. n. 10411/2011) individua il fondamento del dolo indiretto o eventuale, nella rappresentazione e nella accettazione, da parte dell’agente, della concreta possibilità di realizzazione dell’evento accessorio allo scopo perseguito in via primaria. Il soggetto pone in essere un’azione accettando il rischio del verificarsi dell’evento che, nella rappresentazione psichica, non è direttamente voluto ma appare plausibile. In altri termini, l’agente pur non avendo avuto di mira quel determinato accadimento, ha tuttavia, agito anche a costo che questo si realizzasse, sicché lo stesso non può non considerarsi riferibile alla determinazione volitiva (Sez. Un., 12/10/1993, n. 748; Sez. Un., 15/12/1992, Sez. Un., 14/2/1996, n. 3571; Sez. I, 12/11/1997, n. 6358; Sez. I, 11/2/1998, n. 8052; Sez. I, 20/11/1998, n. 13544; Sez. V, 17/1/2005, n. 6168; Sez. VI, 26/10/2006, n. 1367; Sez. I, 24/5/2007-, n. 27620; Sez. I, 29/1/2008, n. 12954).
Si parla, al contrario, di colpa cosciente aggravata dall’aver agito nonostante la previsione dell’evento (art. 61, n. 3 c.p.) qualora l’agente nel porre in essere la condotta nonostante la rappresentazione dell’evento, ne eslude la possibilità di realizzazione dello stesso, non volento né accettanto la possibilità che esso si verifichi, nella convizione o nella ragionevole speranza di poterlo evitare per abilità personale o per intevento di altri fattori.
La distinzione si manifesta e si esaurisce essenzialmente sul piano della volizione dell’evento che, nel primo caso è accettato psicologicamente dal soggetto, nel senso che egli avrebbe agito anche se avesse avuto la certezza del suo verificasi, nel secondo caso, è escluso, intendendo cioè che l’agente, laddove avesse avuto la certezza del verificarsi dell’evento, si sarebbe astenuto dalla condotta.
Accanto a questo orientamento, deve tuttavia, segnalarsi anche l’opposto indirizzo giurisprudenziale, che suggeriva prudenza nell’adottare innovazioni troppo spinte in linea con una tendenza espansiva del dolo eventuale alle ipotesi citate di incidente mortale (vale la pena ricordare Cass. n. 20465/2013 e anche Cass., n. 13083/2010).
Questa discrepanza di posizioni, unita al crescente dato statistico dei morti sulle strade, ha portato alla previsione del disegno di legge sull’omicidio stradale. Previsione che trova quest’oggi, l’approvazione, dapprima della Camera e poi del Senato, con l’auspicio che il lavoro sulla prevenzione e l’educazione alla sicurezza stradale diventi un impegno costante.
Avv. Sabrina Caporale