Chirurgo e casa di cura condannati in solido al risarcimento del danno in assenza di prova circa l’inesistenza di colpa o di nesso causale tra prestazione e danno alla paziente

Due mesi e un mese di reclusione, con sospensione della pena. Questa la sentenza emessa lo scorso dicembre dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere nei confronti di due medici, un chirurgo e il suo aiuto, protagonisti, nel 2008, di una clamorosa ‘svista’ in sala operatoria’: lo scambio del ginocchio sano con quello che avrebbe dovuto essere oggetto dell’intervento.
La vicenda si è consumata in una clinica del Casertano, dove una paziente di 42 anni si era ricoverata per sottoporsi ad artroscopia chirurgica in regime di day surgery al fine di asportare il menisco cartilagineo interno del ginocchio sinistro. La donna soffriva di forti dolori che la tormentavano durante la deambulazione e non si placavano neppure a riposo. Di qui la decisione, dopo una serie di consulti, di tentare la soluzione chirurgica del problema. Ma una volta finita sotto ai ferri, le era stato operato in ginocchio sbagliato, il destro.
Alla sentenza penale si è affiancata, inoltre, la decisione del giudice civile. Il Tribunale di Napoli, infatti, ha condannato il chirurgo al risarcimento del danno, in solido con la struttura sanitaria, oltre che al pagamento delle spese legali. “Durante l’intervento – si legge nella sentenza – la signora (..) non si rese conto e, d’altronde non avrebbe potuto farlo, dell’errore che stava compiendo il chirurgo, operando un ginocchio in luogo dell’altro, in quanto dopo l’anestesia spinale (locale, ndr) non aveva più alcuna sensibilità ad entrambe le gambe”.
La sedazione, in base a quanto annotato in cartella clinica, avvenne “in anestesia locale, subaracnoidea in paziente ansioso”. La donna, infatti, particolarmente impressionabile, non guardò il monitor su cui si vedeva l’intervento per timore della vista del sangue. Solo una volta riportata in stanza di degenza e finiti gli effetti dell’anestesia si rese conto dello scambio. L’intervento era stato eseguito sul menisco mediale del ginocchio destro (perfettamente sano), anziché del ginocchio sinistro, effettivamente lesionato e traumatizzato.
La sentenza del Tribunale partenopeo ha chiarito che, anche se il chirurgo ortopedico non era dipendente della clinica ma ne utilizzava solo i servizi alberghieri e le strutture operatorie, la responsabilità della struttura nei confronti della paziente ha comunque natura contrattuale. L’inadempimento della prestazione medico-professionale, infatti, è svolta direttamente dal sanitario, quale suo ausiliario necessario “e ciò anche in assenza di un rapporto di lavoro subordinato, comunque sussistendo un collegamento tra la prestazione da costui effettuata e la sua organizzazione aziendale”.
Pertanto se da un  lato spetta al paziente la dimostrazione dell’aggravamento della situazione patologica derivante dall’errore del medico, dall’altro è a carico del medico o della Casa di cura l’onere di provare sia il grado di difficoltà della prestazione sia l’inesistenza di colpa o di nesso causale tra prestazione e danno alla paziente. Nel caso in esame, l’assenza di tale prova ha fatto evidentemente ricadere la responsabilità sul medico.
 
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