Il Tribunale di Udine (sent. n. 1502/2019) ha respinto la domanda avanzata nei confronti della S.r.l. GlaxoSmithKline Helthcare, volta ad ottenerne la condanna al risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale causato dalla produzione e messa in circolazione della pasta dentaria “Polident Imbattibile”, che avrebbe provocato alla vittima mieloneuropatia ipocupremica, da carenza di rame. La decisione è stata confermata dalla Corte di Trieste.
La vittima accusata di un uso abnorme della pasta dentaria
La vicenda arriva al vaglio della Corte di Cassazione ove la vittima deduce che la Corte d’appello avrebbe erroneamente ritenuto non difettosa la pasta dentaria e altrettanto erroneamente individuato la causa del danno occorsole esclusivamente nella sua condotta imprudente consistita nell’aver fatto un uso abnorme della pasta adesiva “accettando” il rischio delle conseguenze neurologiche cui era andata incontro, anziché rivolgersi al dentista.
Secondo la vittima, la produttrice avrebbe dovuto ritirare dal commercio la pasta dentaria nel 2006 o nel 2007, quando era stato pubblicato su una rivista specialistica, il Journal of Neurology, l’esito di uno studio sul tema che avvertiva del rischio neurologico provocato da un uso eccessivo di zinco, che aveva indotto la Glaxo SmithKline Healthcare a diramare un comunicato diretto ai neurologi, allertandoli sui rischi derivanti dall’intossicazione di zinco. La casa produttrice invece si è mossa solo nel 2010 quando già si erano verificati 416 casi avversi.
La doglianza è fondata (Corte di Cassazione, III civile, ordinanza 23 dicembre 2024, n. 33984).
In primo luogo la Cassazione esclude che l’attività di produzione di farmaci sia riconducibile alla disciplina della responsabilità per danni da prodotto difettoso.
La Corte di appello ha errato confermando il primo grado che aveva precisato come, in dipendenza della qualifica di presidio marcato CE, la parte adesiva era stata sottoposta ai controlli previsti dalla disciplina in materia, dopo avere osservato che l’appellante aveva riproposto la propria tesi difensiva, già disattesa dal Giudice di primo grado, senza un effettivo confronto con la più ampia argomentazione presente nella sentenza impugnata.
La società produttrice non aveva informato correttamente sugli effetti collaterali
È corretto quanto affermato dalla vittima, ovverosia che l’informazione che si traduca in una mera avvertenza circa il fatto che un determinato evento possa verificarsi non vale ad esonerare il produttore da responsabilità. “Conducente è solo la veicolazione di informazioni che, come osservato da attenta dottrina, contribuisca a prevenire un rischio evitabile o a soppesare adeguatamente quello che … non lascia altra scelta che accettarlo o rinunziare alle utilità del prodotto pericoloso. Un’avvertenza che non operi in un senso o nell’altro, ma si limiti a ricordare che le cose possono andare male e, su questa base, intenda isolare il produttore da responsabilità, val quanto una clausola di esclusione da responsabilità; e ne condivide le sorti”.
Due precedenti di legittimità risultano dirimenti: Cass. 18/11/2022, n. 34027 che, in tema di danni alla salute conseguenti alla vaccinazione contro la poliomielite, ha ritenuto che l’accertamento del nesso causale – da compiersi secondo la regola del “più probabile che non” ovvero della “evidenza del probabile”, come pure delineata dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea nella sentenza del 21 giugno 2017 in causa C-621/15 in tema di responsabilità da prodotto difettoso, in coerenza con il principio eurounitario della effettività della tutela giurisdizionale – implica la concorrente valutazione, da un lato, della (astratta) pericolosità del vaccino alla stregua delle leggi di copertura scientifica, e dall’altro, della sua effettiva sicurezza in relazione alla singola condotta causalmente efficiente alla produzione dell’evento, apprezzata sulla scorta delle circostanze del caso concreto per come emerse dall’istruzione probatoria condotta nel processo, secondo un modulo di accertamento costituente una costante degli indirizzi giurisprudenziali causalistici più recenti.
Il bugiardino non è sufficiente
Oltre a ciò, ad escludere la responsabilità del produttore di farmaci non sufficiente nemmeno la mera prova di aver fornito – tramite il foglietto illustrativo (c.d. “bugiardino”) – un’informazione che si sostanzi in una mera avvertenza generica circa la non sicurezza del prodotto, essendo necessaria un’avvertenza idonea a consentire al consumatore di acquisire non già una generica consapevolezza in ordine al possibile verificarsi dell’indicato pericolo in conseguenza dell’utilizzazione del prodotto bensì di effettuare una corretta valutazione.
Applicando tali principi, le informazioni contenute nel bugiardino della pasta adesiva non erano affatto tali da rendere edotta la vittima del rischio cui sarebbe andata incontro ove avesse ecceduto nell’uso del prodotto. È vero che il bugiardino raccomandava all’utilizzatore di rivolgersi al proprio odontoiatra al fine di verificare la protesi dentaria, la quale per avere bisogno di una quantità elevata di prodotto adesivo evidentemente presentava problemi di aderenza alle gengive, ma ciò non esonera il produttore.
La Corte di Appello non si è uniformata alla giurisprudenza che, anche prima che venisse specificamente disciplinata la responsabilità del produttore, riteneva che il danno subito da colui che si serve di una cosa può essere addebitato al produttore solo se questa è stata usata secondo la destinazione che il produttore poteva ragionevolmente prevedere e se il comportamento tenuto dall’utente era ragionevolmente prevedibile, a meno che l’utente non fosse stato posto in grado di rappresentarsi che taluni di quei modi di uso andavano in concreto evitati perché si sarebbe potuta determinare una situazione foriera di danno.
La pasta dentaria era un presidio medico potenzialmente pericoloso
La vittima non aveva fatto un uso atipico, ma neppure era stata avvertita del tipo di conseguenze cui sarebbe andata incontro se avesse usato in maniera eccessiva il prodotto, pur essendo detto comportamento ragionevolmente prevedibile: ciò esclude che il danno non fosse prevedibile, ai sensi dell’art. 117, lett. b), cod. cons., da parte del produttore.
La produttrice aveva messo in commercio fino al 2010 un presidio medico potenzialmente pericoloso, detta attività era da ricondurre alla disciplina di cui all’art. 2050 cod. civ., sicché il produttore avrebbe dovuto dimostrare di avere informato i consumatori finali del rischio cui andavano incontro utilizzando la pasta adesiva, così da consentire loro di farne un uso consapevole e responsabile.
Per le suddette ragioni la decisione impugnata viene cassata con rinvio.
Avv. Emanuela Foligno