Il Consigliere Regionale della Basilicata fa il punto sulla situazione delle estrazioni petrolifere e dei rischi per la salute dei lucani in una intervista a «Responsabile Civile»

Esiste un nesso tra le attività estrattive sul territorio lucano e l’aumento dell’incidenza del numero di tumori registrata dall’Ufficio statistica dell’ISS? La questione è oggetto d’indagine da parte della magistratura che ha acquisito le cartelle cliniche, ma già secondo i medici la correlazione tra le patologie riscontrate e l’esposizione a inquinanti ambientali potrebbe essere plausibile.

A livello politico, il Movimento 5 Stelle è stato tra i pochi, se non il solo, a sollevare la questione sanitaria in Regione, rimanendo spesso inascoltato. Lo spiega a «Responsabile Civile» il Consigliere Regionale Gianni Perrino che osserva: «In questi due anni e tre mesi che siamo in Consiglio, come Movimento 5 Stelle abbiamo provato ad accendere i riflettori, però la politica ha sempre cercato di sviare e non abbiamo mai avuto risposte soddisfacenti. L’impressione che abbiamo avuto noi, e che hanno anche molti cittadini, è che si stia facendo di tutto o comunque si sia fatto di tutto per cercare di minimizzare la situazione».

«Abbiamo presentato diverse interrogazioni e mozioni con le quali abbiamo cercato di sollevare il problema, ma molte volte la maggioranza ha fatto orecchie da mercante, ha fatto cadere il numero legale quando si dovevano votare delle mozioni, le risposte sono state quasi sempre incomplete. Noi cercheremo di capirne di più, ma non è semplice, anche perché qui non sembra esserci una mobilitazione anche da parte dei parenti delle vittime o degli stessi soggetti che hanno questo tipo di problema».

A differenza della Terra dei Fuochi, dove, invece, ci fu una incredibile mobilitazione anche dal basso, sebbene in un momento in cui la situazione era già ormai fuori controllo.
In Basilicata, invece, «si è riusciti a far trascorrere gli anni senza prendere in considerazione quelli che erano solo dei campanelli di allarme e noi ci auguriamo che si faccia chiarezza al più presto e si riesca ad arrivare a una conclusione e a capire se l’attività estrattiva ha causato determinate situazioni in ambito sanitario e ambientale. Noi, ovviamente, non crediamo che ci sia molto da stare tranquilli, soprattutto dopo quello che è venuto fuori anche con le intercettazioni».

Già, perché inevitabilmente l’attualità politica e giudiziaria è entrata a gamba tesa.
La Basilicata, per altro, è la regione in cui l’affluenza al referendum di domenica è stata più alta (ma comunque non sufficiente a raggiungere il Quorum): «In Basilicata, avendo nel petrolio quella che si credeva fosse una benedizione e poi si è rivelata una maledizione, abbiamo i nervi scoperti e molti cittadini sono sensibili alla tematica delle estrazioni e quindi anche delle Trivelle».

Come spiega ancora Perrino, d’altra parte, non è interessata solo la Val D’Agri, «perché la filiera della produzione petrolifera riguarda anche zone del metapontino. La Val Basenzo è anche Sito d’Interesse Nazionale per quel che riguarda la necessità di eseguire delle bonifiche visto che lì c’era uno dei più grandi siti legati alla produzione chimica che ha già comportato una serie di problemi; in quella stessa zona c’è anche Tecnoparco, un’azienda partecipata dalla Regione che è diventata da qualche anno il terminale dove venivano smaltiti i reflui petroliferi e, a quanto pare, non proprio a regola d’arte. Proprio lì è iniziata tutta una serie di problemi anche legati ai miasmi».
Insomma continua Perrino, «le avvisaglie di una problematica c’erano tutte», senza contare che «l’Arpab, l’Agenzia Regionale per la Protezione dell’ Ambiente della Basilicata, a detta anche del nuovo direttore Iannicelli, è da anni ormai che non esegue tutta una serie di controlli obbligatori».

La situazione è molto preoccupante, dunque, ma si è cercato sempre di minimizzare fino a che le cose sono andate troppo oltre: «Spero che questa sia la volta buona che la Magistratura faccia luce e si prendano le dovute contromisure» si augura Perrino. «Se la politica fosse stata quantomeno in grado di riformarsi un attimo e di cercare di risolvere i problemi forse non saremmo arrivati a questo punto e si sarebbe riusciti più gradualmente a intervenire».

Perrino tra l’altro sottolinea come anche il problema occupazionale determinato dall’interruzione delle attività estrattive possa essere risolto riformando la politica locale, anche perché, spiega «i posti di lavoro creati dall’indotto petrolifero non sono poi tutto questo ben di dio che vogliono far credere per cui ci vuole la volontà politica di dire basta a un certo modello che poi viene utilizzato esclusivamente per accontentare interessi di parte che, poi, nulla hanno a che vedere con quelli che sono gli interessi della popolazione».

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