Poco bonus, troppo malus

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La Corte di Cassazione, con recente sentenza n. 18603 del 2016, è intervenuta sulla vexata quaestio relativa all’aumento del premio assicurativo a detrimento del soggetto – assicurato per la responsabilità civile automobilistica verso terzi – resosi responsabile di un incidente.

Come è noto, in ossequio al cosiddetto bonus-malus, le compagnie assicurative applicano un aumento di default del premio (previsto dal contratto) agli assicurati incorsi in disavventure alla guida del proprio veicolo. Ciò rientra perfettamente nella logica di un settore fondato, anche e soprattutto, su considerazioni e previsioni di carattere statistico-attuariale. Altrimenti detto, il verificarsi di un sinistro colposo è destinato a incidere negativamente sulla valutazione di rischio in capo al contraente tutelato. L’evento avverso gioca insomma a sfavore – macchiandone la fedina di circolazione, per così dire – di chi abbia stipulato una polizza deputata a manlevarlo dai risarcimenti dei danni (patrimoniali e non) patiti dalle di lui vittime. Fin qui, nulla di nuovo né di strano.

Tuttavia, nel mondo delle polizze di RCA, è invalsa la prassi frequente (invero, poco commendevole) delle compagnie di infliggere aumenti indiscriminati di premio a carico degli assicurati rimasti coinvolti in sinistri stradali. E ciò a prescindere da una concreta e puntuale verifica della responsabilità effettiva dei medesimi nella causazione dell’occorso lesivo.

Nel caso trattato dagli ermellini, con la pronuncia in commento, la conducente (nonché assicurata) di un mezzo si era vista aumentare il premio di polizza in virtù di un’acritica somministrazione del ‘comandamento’ bonus-malus. Senza, peraltro, che la compagnia avesse previamente approfondito le contestazioni dell’avversa ricostruzione del fatto nonché gli elementi di prova portati, a propria discolpa, dalla cliente.

Il giudizio di appello della vicenda processuale che vedeva contrapposta l’assicurazione alla propria assistita si era concluso con una sentenza di condanna dell’automobilista basata su un assunto in alcun modo condivisibile: la medesima non aveva fornito alla Corte la prova della propria assenza di responsabilità nella determinazione dell’incidente.

Ebbene, la Cassazione ha giustamente capovolto la pronuncia di secondo grado accogliendo le doglianze della parte appellante. In particolare, i giudici hanno rettamente fatto uso dei criteri di ripartizione dell’onere della prova in materia contrattuale, affermando un postulato idoneo ad assumere una valenza orientativa per tutti i casi consimili: di fronte alla contestazione di inesatto adempimento imputata dal soggetto assicurato alla propria compagnia – per avere quest’ultima indebitamente risarcito un presunto danneggiato ignorando le contestazioni (per di più, supportate da prove) mosse dal contraente debole – è l’assicurazione a dover dimostrare di aver posto a fondamento della propria decisione elementi istruttori idonei a giustificarla. In caso contrario, l’aumento di premio è illegittimo.
Auguriamoci che tale importante arresto della Cassazione valga a porre definitivamente un freno a una consuetudine troppo disinvoltamente seguita nel mercato assicurativo: quella di accollare aumenti gravosi quanto indebiti (sotto forma di inasprimento generalizzato e automatico dei costi delle polizze) a danno degli utenti di veicoli i quali abbiamo, a ragione, confutato le pretese risarcitorie altrui.

Avv. Francesco Carraro
(foro di Padova)

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