“Il pregiudizio da perdita del rapporto parentale rappresenta un peculiare aspetto del danno non patrimoniale in quanto riassume in sé i caratteri del danno esistenziale, in quanto afferente alla sfera dinamico-relazionale del soggetto interessato, più quelli propri del danno morale, inteso come sofferenza intima del superstite: ne consegue che il riconoscimento di un importo per danno esistenziale ulteriore, rispetto a quello liquidato per il danno da alterazione del precedente assetto relazione della vita, si risolverebbe in un’inammissibile duplicazione risarcitoria e che, considerata su base presuntiva ex art. 2727 c.c. l’intensità del rapporto tra la vittima del sinistro e l’attore, deve essere riconosciuto in favore di quest’ultimo il credito risarcitorio quale danno da perdita del rapporto parentale, calcolato sulla base delle tabelle del tribunale di Milano del 2021” (Tribunale di Cuneo, Sentenza n. 770/2021, del 30-09-2021)

La decisione a commento ripropone, sulla scia della Corte di Cassazione, il principio che il danno parentale copre il danno esistenziale.

Difatti, è ormai pacifico che l’art. 2059 c.c. comprende la sofferenza interiore e la lesione relazionale: è, conseguentemente, illegittima la liquidazione di somme ulteriori rispetto al pregiudizio per alterazione del sistema di vita.

Come noto, il danno esistenziale può essere definito come lo sconvolgimento foriero di «scelte di vita diverse», in altre parole, lo sconvolgimento dell’esistenza obiettivamente accertabile in ragione dell’alterazione del modo di rapportarsi con gli altri nell’ambito della vita comune di relazione, sia all’interno che all’esterno del nucleo familiare, che, pur senza degenerare in patologie accertabili dal punto di vista Medico-legale (danno biologico), si rifletta in un’alterazione della sua personalità tale da comportare, o indurlo, a scelte di vita diverse ad assumere essenziale rilievo ai fini della configurabilità e ristorabilità di siffatto profilo del danno non patrimoniale.

Ebbene, non spetta il danno esistenziale se al congiunto della vittima viene risarcito il pregiudizio da perdita del rapporto parentale.

Il danno parentale rappresenta un peculiare aspetto del pregiudizio ex art. 2059 c.c., nel senso che riassume in sé i caratteri della lesione alla sfera dinamico-relazionale dell’interessato e la sofferenza intima del superstite.

Per tale ragione è una duplicazione inammissibile liquidare un importo a titolo di danno esistenziale ulteriore rispetto a quanto riconosciuto per l’alterazione del precedente sistema di vita.

In sostanza, il Tribunale di Cuneo accoglie la domanda dell’attrice che ottiene un risarcimento del danno patrimoniale di euro 318.000,00, di cui euro 168.000,00 a titolo di danno parentale, per la morte del padre a causa di un sinistro provocato da due cani.

I due cani, lasciati liberi, travolgevano l’anziano che accusava la frattura del femore da cui non si riprendeva, decedendo quattro mesi dopo.

La CTU espletata ha ricondotto il decesso all’aggressione dei cani, e ha riconosciuto postumi permanenti nella misura del 35% e un’invalidità temporanea totale di 45 giorni.

Il tutto liquidato, a titolo jure hereditario alla figlia, per euro 140.000,00.

L’intensità del rapporto affettivo col genitore si presume ex art. 2727 c.c. e l’importo liquidabile è quello delle Tabelle milanesi.

Il danno parentale, sottolinea il Tribunale, comprende la sofferenza intima, dunque il dialogo con sé stessi, e la reazione esterna, cioè la modifica imposta alle abitudini di vita: lo stravolgimento dell’esistenza per la perdita del familiare, insomma, risulta già considerata nel ristoro, il che esclude la liquidazione di un’ulteriore somma per la lesione alla sfera dinamico-relazionale.

Riguardo la liquidazione del danno da perdita del rapporto parentale, si rammenta la pronuncia della Suprema Corte (Cass. civ., sez. III, sent. 18 marzo 2021, n. 7770), ove si legge “……. nella liquidazione equitativa del danno da perdita del rapporto parentale diversamente da quanto statuito per il pregiudizio arrecato all’integrità psico-fisica le tabelle predisposte dal Tribunale di Milano non costituiscono concretizzazione paritaria dell’equità su tutto il territorio nazionale; tuttavia, qualora il giudice scelga di applicare i predetti parametri tabellari, la personalizzazione del risarcimento non può discostarsi dalla misura minima ivi prevista senza dar conto nella motivazione di una specifica situazione, diversa da quelle già considerate come fattori determinanti la divergenza tra il minimo e il massimo, che giustifichi la decurtazione”.

Negli ultimi approdi giurisprudenziali anche a Sezioni Unite (Cass. SS.UU. civ. n. 15350 del 2015) è stato sottolineato che alla vittima può essere risarcita la perdita di un bene avente natura non patrimoniale nella misura in cui la stessa sia ancora in vita.

In altre parole il diritto alla reintegrazione della perdita subita presuppone la capacità giuridica, ossia è riconoscibile soltanto in favore di un soggetto esistente.

Sull’argomento, giova rammentare anche la nota pronuncia (Cass. Civ., 28989 del 11/11/2019), secondo cui il risarcimento al congiunto del danno da perdita del rapporto parentale esclude che possa venire risarcito anche un danno esistenziale.

In tale pronunzia la Corte ha evidenziato che il danno da perdita del rapporto parentale comprende anche quello esistenziale e ne costituisce una componente intrinseca e precisa quali sono le poste di danno di cui il danneggiato può chiedere (anche cumulativamente) il risarcimento; la perdita della vita, è un bene giuridico autonomo rispetto alla salute, fruibile solo in natura dal titolare e insuscettibile di essere reintegrato per equivalente, non trasmissibile agli eredi.

Ed ha ribadito il principio di diritto (Cass. Sez. Un., 26972/2008; Cass. 25351/2015, 15491/2014; 21716/2013) secondo cui: “determina duplicazione di risarcimento la congiunta attribuzione del danno morale, nella sua rinnovata configurazione, e del danno da perdita del rapporto parentale, poiché la sofferenza patita nel momento in cui la perdita è percepita e quella che accompagna l’esistenza del soggetto che l’ha subita altro non sono che componenti del complesso pregiudizio, che va integralmente ed unitariamente ristorato”.

Avv. Emanuela Foligno

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