Le agevolazioni tributarie per l’acquisto della prima casa sussistono laddove l’altro immobile posseduto dal proprietario non sia concretamente idoneo, per dimensioni e caratteristiche complessive, a sopperire ai bisogni abitativi suoi e della famiglia

“Ai fini della fruizione delle agevolazioni tributarie per l’acquisto della cosiddetta prima casa, ai sensi dell’art. 1, comma 2, del D.L. 23 gennaio 1993, n. 16, convertito in legge 24 marzo 1993, n. 75, il requisito della non possidenza di altro fabbricato idoneo ad abitazione, previsto con formulazione analoga a quella dell’art. 16 del D.L. 22 maggio 1993, n. 155, sussiste quando l’acquirente possieda un alloggio che non sia concretamente idoneo, per dimensioni e caratteristiche complessive, a sopperire ai bisogni abitativi suoi e della famiglia”. E’ quanto prevede l’art. 1 del D.L. n. 16/1993, richiamato dalla giurisprudenza di legittimità e confermato dalla Cassazione con l’ordinanza n. 13531/2020.

La Suprema Corte si è pronunciata sul ricorso di una donna che si era vista respingere il ricorso avverso gli avvisi di liquidazione, emessi dall’Agenzia delle Entrate, relativi al recupero di imposte connesse alla revoca del beneficio fiscale prima casa. Detto recupero era avvenuto in seguito all’accertamento della asserita non veridicità della dichiarazione resa dalla contribuente, in sede di stipula dell’atto di compravendita di un immobile, di non possedere altre abitazioni nel Comune, mentre, invece era risultata proprietaria di una abitazione ad uso residenza di 50 mq., asseritamente utilizzata come studio professionale.

La Commissione Tributaria Regionale, confermando la decisione della Commissione Tributaria Provinciale, aveva ritenuto accertata la non veridicità del contenuto della dichiarazione, con conseguente decadenza dai benefici richiesti.

Nel rivolgersi ai Giudici del Palazzaccio, la ricorrente deduceva che l’altro immobile posseduto e adibito a studio professionale non era da ritenersi “idoneo all’uso abitativo”, come previsto dalla norma agevolativa in esame e come comprovato da una perizia di parte depositata in atti. La donna, quindi, evidenziava l’error in judicando, compiuto dalla CTR che, se avesse valorizzato il requisito della impossidenza di altra casa “di abitazione”, non avrebbe considerato mendace la dichiarazione resa in sede di rogito.

Il Supremo Collegio ha ritenuto di aderire alle argomentazioni proposte, accogliendo il ricorso in quanto fondato. Secondo gli Ermellini si può affermare “che l’inidoneità dell’alloggio già posseduto debba essere valutata dal punto di vista soggettivo del compratore in relazione alle esigenze abitative del suo nucleo familiare”.

Nel caso in esame, il giudice di secondo grado aveva completamente omesso ogni valutazione sulla tipologia di detta abitazione e sulla sua concreta idoneità abitativa, in relazione alle esigenze del nucleo familiare della ricorrente, limitandosi esclusivamente ad evidenziare, in relazione alla disposizione agevolativa, la non veridicità del contenuto della dichiarazione e la conseguente decadenza dai benefici richiesti.

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