Protesi alla spalla destra e infezione nosocomiale (Tribunale Alessandria, Sentenza n. 639/2022 pubbl. il 13/07/2022 RG n. 856/2018).

Protesi alla spalla destra e infezione nosocomiale è quanto viene contestato dal paziente.

In particolare, il paziente,  deduce che l’infezione era stata scoperta a inizio agosto presso un altro nosocomio in Genova a cui si era rivolto dopo l’intervento di posizionamento protesi alla spalla,  per i forti dolori e dismorfismo dei lembi della ferita chirurgica; a settembre era stato sottoposto ad un secondo intervento di rimozione della protesi e bonifica dall’infezione; a dicembre infine aveva dovuto subire un terzo intervento per reimpianto protesico, dopodiché si era avviato alla guarigione.

Sottopostosi a visita medico-legale il Consulente evidenziava che, a causa della complicanza settica, oltre a dover subire altri ricoveri, cure e interventi e conseguenti periodi di invalidità temporanea, il paziente aveva riportato un’alterazione dell’architettura dell’articolazione della spalla per lesioni capsulari, legamentose e anche parzialmente nervose, oltre alla perdita vera e propria di sostanza muscolare con conseguente invalidità permanente dovuta in parte a quanto dallo stesso sofferto a seguito dell’infezione nosocomiale.

La domanda è fondata.

La CTU ha accertato che già nel primo giorno successivo all’intervento di protesi alla spalla destra il paziente riportava febbre che, invece di risolversi, il giorno seguente aumentava; vi fu anche abbondante drenaggio dalla ferita chirurgica; nonostante ciò il giorno successivo 26 giugno 2015 veniva dimesso con prognosi di giorni trenta e prescrizione di antibiotico per via orale e uso di tutore. Evidentemente la prescrizione di terapia antibiotica era indicativa quanto meno, di un sospetto di infezione, della ferita. Nel corso delle due successive visite di fisiatriche del 9 e 30 luglio successivi a seguito delle quali si programmava riabilitazione, non si hanno elementi sullo stato della ferita chirurgica, tuttavia erano già certamente presenti i segni di un’infezione tanto vero che la fisioterapista segnala spalla gonfia . A ciò si aggiunge che ai primi di luglio il paziente aveva di nuovo avuto la febbre.  Se i sanitari che ebbero in cura il paziente nell’immediato post operatorio avessero adeguatamente valutato tutti tali sintomi ciò avrebbe molto probabilmente consentito di impostare tutte quelle misure volte alla risoluzione dell’ infezione e al salvataggio della protesi impiantata, come debridment, raccolta di materiale per eseguire un esame colturale, e il contestuale inizio di terapia antibiotica per via endovenosa.”

Sull’origine dell’infezione i Consulenti non hanno avuto alcun dubbio che si sia trattato di infezione che il paziente riportò durante l’intervento chirurgico di protesi alla spalla, vista la rapida evoluzione dell’infezione già nelle prime settimane dopo l’intervento, e i sintomi.

L’Ospedale convenuto ha prodotto documentazione coerente e corretta da cui si evince un approccio  volto alla massima prevenzione possibile delle infezioni ospedaliere, ma è nota l’inefficacia di tali protocolli ad evitare realmente le infezioni, a causa del mancato rispetto degli stessi e delle raccomandazioni i vi contenute.

Di questo non vi è oggettiva tracciabilità documentale nel caso specifico, ma si può affermare che la condizione eziopatogenica di infezione, come accertata nel caso in esame, è proprio legata a condizioni di mancato rispetto dell’asepsi in circostanza operatoria: ne è seguito inquinamento del campo operatorio, per contatto da ricercarsi nel passaggio di inquinante batterico da cute del paziente non disinfettata in modo corretto e congruo, oppure per passaggio da operatore a paziente, oppure da materiale che, ancorché correttamente sterilizzato, sia stato a sua volta inquinato per contatto.

Tuttavia, i CTU  hanno anche evidenziato un’innegabile imprudenza ed imperizia proprio in capo all’ortopedico che pur di fronte a sintomi abbastanza eloquenti, e in ogni caso nell’evidente sospetto di un’infezione tanto da prescrivere comunque un antibiotico per via orale, dimise il paziente senza programmare alcun controllo della situazione nei giorni successivi ( prescrisse solo visite fisiatriche a fini riabilitativi).

Pertanto, la responsabilità viene ripartita tra entrambi i soggetti responsabili nella misura del 50% ciascuno. Infatti se non si fosse verificata l’infezione l’intervento di protesi alla spalla destra sarebbe pienamente riuscito, ma allo stesso modo si sarebbe potuto evitare l’espianto e il reimpianto della protesi se l’infezione fosse stata tempestivamente trattata.

Il Tribunale liquida al paziente l’importo complessivo di euro 11.576,47.

Avv. Emanuela Foligno

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