Quota del TFR alla ex moglie e revoca dell’assegno divorzile nel primo grado di giudizio (Cass. civ., sez. I, ord., 8 agosto 2022, n. 24403).
Quota del TFR dell’ex marito e valutazione delle condizioni patrimoniali di entrambi gli ex coniugi, compresa la autosufficienza.
“Alla base dell’assegnazione della quota del TFR dell’ex coniuge si rinvengono sia profili assistenziali, evidenziati dal fatto che la disposizione presuppone la spettanza dell’assegno divorzile, ma anche compensativi, legati all’importanza data dallo svolgimento del rapporto di lavoro durante la vita matrimoniale”: in tal senso.
Il Tribunale condannava l’uomo a pagare in favore dell’ex moglie un sostanzioso importo quale quota di TFR a quest’ultima spettante – revocando però l’assegno divorzile posto a suo carico dalla sentenza che aveva dichiarato la cessazione degli effetti civili del matrimonio.
Successivamente, la Corte di Appello accogliendo l’appello proposto dalla moglie contro la decisione, condannava l’ex marito a versare un maggior importo computando le ulteriori somme percepite da quest’ultimo in corso di causa, sempre a titolo di TFR, ripristinando l’obbligo dell’appellato di corresponsione dell’assegno divorzile.
La vicenda approda in Cassazione.
Con il primo motivo di ricorso, l’uomo deduce l’omesso esame di fatti decisivi per il giudizio sulla revoca dell’assegno divorzile riguardanti il miglioramento della situazione economica dell’ex moglie, in virtù del decesso della madre con lei convivente e il verosimile aumento del suo patrimonio derivante dall’eredità, oltre che la maggiorazione del reddito da pensione dalla medesima percepito nonché il peggioramento della situazione economica propria, in ragione dell’aggravamento delle condizioni di salute della propria seconda moglie e del conseguente carattere di stabilità le spese mediche da affrontare per sottoporsi ai necessari controlli, nonché della riduzione dei redditi della stessa, come risultante dalle relative dichiarazioni allegate nel fascicolo del primo grado.
Per quanto qui di interesse, il primo motivo di ricorso viene considerato dalla Suprema Corte meritevole di rigetto nella parte in cui lamenta il mancato esame di fatti decisivi riguardanti il dedotto miglioramento delle condizioni economiche dell’intimata, mentre risulta fondato nella parte in cui censura l’omesso esame di fatti rilevanti per la valutazione delle condizioni economiche del ricorrente.
Infatti, la morte della madre dell’ex moglie è stata presa in considerazione dai Giudici d’Appello, ma a tale evento non era stata data rilevanza perché non vi era prova della titolarità in capo a quest’ultima di beni immobili suscettibili di essere trasmessi alla figlia per successione.
Anche con riferimento all’ammontare della pensione percepita vi era una sostanziale equivalenza rispetto a quanto accertato in sede di divorzio, aggiungendo che il lieve aumento costituiva un mero adeguamento dell’assegno pensionistico.
Per tale ragione, la censura si palesa finalizzata a una valutazione in fatto diversa da quella operata dal giudice, cui il ricorrente avrebbe voluto contrapporre la propria.
Per quanto riguarda, invece, il peggioramento delle condizioni economiche del ricorrente per la riduzione dei redditi percepiti dall’attuale moglie, il Giudice d’appello riteneva la circostanza non supportata da documentazione contabile o fiscale.
Invero, la documentazione contabile veniva allegata nel giudizio di primo grado e si configura determinante in quanto rappresentativa del significativo calo delle entrate della seconda moglie che imponeva assistenza materiale, con conseguente incidenza sulla statuizione relativa all’assegno divorzile in favore dell’ex coniuge.
Quindi, con riferimento a questo punto, la decisione viene cassata e la causa rinviata alla Corte di Appello in diversa composizione.
Infine, infondata la censura inerente la revoca dell’assegno divorzile per non aver rilevato la Corte di appello che l’ex moglie è del tutto autosufficiente economicamente.
Gli Ermellini ribadiscono che “condizione per l’ottenimento della quota del TFR dell’ex coniuge è che il richiedente sia titolare di un assegno divorzile, o abbia presentato domanda di divorzio (seguita dalla relativa pronuncia e dall’attribuzione dell’assegno divorzile), al momento in cui l’ex coniuge maturi il diritto alla corresponsione di tale trattamento.”
Sebbene il TFR venga percepito quando il vincolo matrimoniale è ormai sciolto, ma deriva dall’accantonamento di somme operato nel corso del rapporto di lavoro e, per il tempo in cui il menzionato rapporto si è svolto durante la convivenza matrimoniale, l’ex coniuge del lavoratore – che abbia ottenuto il riconoscimento del diritto all’assegno divorzile ha il diritto di godere pro -quota del TFR.
La ratio della norma, è quella di attuare una partecipazione, seppure posticipata, alle fortune economiche costruite insieme dai coniugi finché il matrimonio è durato.
Avv. Emanuela Foligno
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